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Due parole sulle Fracchie

Il bosco è da sempre l’aspetto di grande rilevanza paesistica del volto vegetazionale di San Marco, anche se l’attuale qualità forestale rispecchia solo in parte il quadro naturale originario: basterebbe menzionare il nucleo di faggi superstiti ora “monumentali” nel canale fresco e umido della Fajarama. Per la Difesa S. Matteo e la sua boscaglia, si ricorda la giurisdizione feudale secolare: la popolazione locale godeva di pascolo gratuito e diritto di raccolta della legna “morta” nel solo mese di agosto, mentre per i restanti mesi si fittava. Come tenuta è stata una delle zone più depredate dal taglio abusivo sia per la vicinanza al paese e sia per la presenza delle fagacee, piante il cui legno resistente era molto usato come combustibile e materiale da costruzione.
Da quest’area viene tuttora prelevato il legname con cui si realizzano le fracchie, manufatti devozionali e iconografici allo stesso tempo indissolubilmente legati alle tradizioni religiose del Venerdì Santo sammarchese, ora assimilabili a giganteschi coni lignei posti in orizzontale che fluiscono lungo le vie cittadine grazie a ruote di ferro e alla trazione umana.
Nel Medioevo le fracchie altro non erano che torce alimentate a olio o a cera. Così leggiamo negli Statuti comunali del 1490: “Ogni sera il vicario facci sonare el posciaio, el quale sonato, qualunque persona anderà per Terra senza lume, fracchia o segno di lume per infino alle venie della mattina, sia punito per ciascheduna volta in pena; et basti uno lume a sei persone et una fracchia a dieci”. È chiaro il riferimento a lampade e a fiaccole, queste ultime più efficaci delle prime da usarsi per la sicurezza durante i servizi di guardia. Con la nascita di nuove tradizioni, tali strumenti di illuminazione finiranno per segnare in modo spettacolare il percorso notturno chiesa Addolorata chiesa Collegiata nel corso delle processioni pasquali.
È da dire tuttavia, come ha ben documentato il nostro Gabriele Tardio che vi ha dedicato lunghi studi, che le fracchie non sono legate né alla devozione mariana dell’Addolorata né ai riti del Giovedì (ora Venerdì) Santo. Si ricorda, nel 1649, l’antica consuetudine di donare fracchie del peso di un chilo all’abate, chiaro esempio di sudditanza feudale. Fin qui il significato ordinario del termine fracchia. Per i risvolti più profondi legati al tema della fede, si deve aggiungere che nella liturgia cattolica il fuoco rappresenta la luce di Cristo che impedisce ai credenti di camminare nelle tenebre della morte, e allo stesso tempo è il segno della vita nuova in Cristo. A questo proposito, per i riti delle onoranze funebri era consuetudine a San Marco che il “provveditor de morti” badasse a sistemare “quattro torcette intorno al cadavere…” . Ecco, io penso che oltre all’utilità pratica il richiamo al fuoco, nel corso del Santo rito processionale, potrebbe essere legato alla Pasqua di Resurrezione del Signore.

Nella FOTO, panciotto e panama bianco, uno dei primi “colpevoli” del gigantismo delle fracchie. Costruiva le sue in una immensa rimessa posta in un vicolo cieco di Via della Vittoria accerchiato da una fiumana di uaglioli e da montagne di legna. Se lo poteva permettere in quanto, si direbbe oggi, imprenditore nell’attività del taglio raccolta e vendita di legname da ardere: Ciro Iannacone, mio nonno.

Romano Starace

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Redazione

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