Denise, condannata l’ex pm che indagò sulla scomparsa. “Menzogne e depistaggi contro la giustizia”
C’è un caso di cronaca nera italiano che non ha pace: è quello della scomparsa di Denise Pipitone, la piccola scomparsa da Mazzara Del Vallo in Sicilia il 1° settembre 2004. A diciotto anni da quella scomparsa nulla si sa di Denise. La bambina, cercata in tutti questi anni da sua madre Piera Maggio, quel giorno giocava davanti a casa di sua nonna. Dopo quella mattina, il nulla. Buio.
Dopo anni di appelli, indagini (sbagliate) e ricerche, ieri è stata condannata un’ex pm che indagò sulla scomparsa della bambina: Maria Angioni. La donna è stata condannata a un anno di carcere (con pena sospesa) dal Tribunale di Marsala. Le accuse all’ex magistrato sono di false informazioni a pubblico ministero. Secondo l’accusa, infatti, la donna avrebbe favorito depistaggi e omissioni sull’intricata vicenda giudiziaria e investigativa sul sequestro di Pipitone.
“Angioni ha mostrato assoluto spregio della giustizia, ha ingannato il pubblico ministero e il giudice tutte le volte in cui ha preso la parola; ha presentato confusi documenti tanto sovrabbondanti quanto irrilevanti; ha mantenuto un comportamento ostinatamente calunnioso anche dopo la commissione del reato, infangando nei media la Polizia di Mazzara del Vallo”, ha dichiarato Roberto Piscitello, pubblico ministero.
L’accusa si è scagliata contro le tante informazioni e depistaggi rilasciati dall’ex pm nel corso delle sue tante ospitate televisive. “In ciascuna delle innumerevoli ospitate era proprio il magistrato a far assumere alla vicenda i connotati di un giallo, la cui mancata positiva soluzione riferiva essere dipesa da errori, depistaggi, da interessi particolari di questa o quella consorteria criminale soprattutto della infedeltà dell’organo di Polizia che aveva condotto quelle indagini”.
Per l’accusa, questi depistaggi furono messi in atto dall’Angioni per “tenere lontana da tutti l’idea che Denise Pipitone non sia stata trovata e i colpevoli assicurati alla giustizia per incapacità a lei attribuibili”.