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C’era una volta (e c’è ancora) il Colosseo di Siponto

La storia di Siponto ha il profumo inebriante della rucola. E già, perché passeggiando tra scavi e rovine dell’area archeologica presso la Basilica di Siponto, la fragranza vi avvolge e, per forza di cose, in quel luogo così bucolico, rapiti da odori e tesori che vi si parano dinanzi ad ogni passo, non potete non trovarvi catapultati indietro di secoli. E se la giornata è particolarmente silenziosa e chiudendo gli occhi vi concentrate un po’, potete anche percepire grida entusiastiche ed urla strazianti provenire dall’area di fronte la basilica. Allarmanti allucinazioni dovute allo stress post estivo? Niente affatto. Piuttosto, fervida immaginazione alimentata dall’immensa storia di cui la nostra meravigliosa terra è piena.

“Poco al di là della SS 89” – mi spiega il presidente dell’Archeoclub di Siponto Aldo Caroleo – “esattamente dov’è ubicato il rudere dell’antica Masseria Garzia, che ne incorporò una parte, duemila anni fa svettava il colosseo di Manfredonia”. Se, dunque, finora avete pensato che il colosseo fosse unico, avevate indovinato per un buon 50 percento. L’anfiteatro Flavio, meglio conosciuto come ‘Colosseo’ per la sua eccezionale grandezza, è il simbolo di Roma. Ma di anfiteatri, ai tempi dell’impero romano, ne furono costruiti uno in ogni grande colonia come simbolo di potenza. Ed una grande ed importante colonia romana era appunto Siponto, dove un anfiteatro, il nostro colosseo, fu eretto quasi un secolo prima di quello che poi divenne famoso in tutto il mondo.

L’anfiteatro di Siponto venne costruito nel 27 a.C. e sull’arco d’ingresso, come racconta nel suo libro ‘Manfredonia, storie e personaggi’ lo scrittore ed appassionato di storia sipontina Antonio Universi, campeggiava questa lapide dedicatoria: “Ad Ottaviano Augusto, figlio di Cesare nell’anno del suo primo Impero. Per deliberazione del senato i decurioni posero”. Così come per gli altri anfiteatri, tra cui quello di Roma che venne costruito nel 72 d.C., quello di Siponto era un luogo di spettacolo e di schiavitù, di gioco e di dolore.

Aveva forma ovale, poiché così il pubblico godeva di una visibilità ottimale in qualunque posto sedesse. La grandezza, come ipotizzato dall’archeologa Marina Mazzei nel 1999, era di circa metri 70 x 50. Per avere un’idea più chiara delle dimensioni, possiamo prendere come paragone lo stadio comunale Miramare che misura metri 100 x 60 ed immaginare dunque l’anfiteatro di Siponto meno lungo e leggermente meno largo.

Nell’anfiteatro di Siponto i gladiatori, ossia i “combattenti” (che solitamente erano prigionieri di guerra) erano chiamati a combattere fino alla morte per il divertimento del pubblico. I vinti potevano anche aver salva la vita, ma ciò era a discrezione degli spettatori: pollice in su, vita; pollice verso, morte. Ad organizzare i giochi erano i politici dell’epoca che, come in una sorta di campagna elettorale, così si accaparravano voti divertendo il pubblico. Inoltre, spiega Universi: “i sipontini praticavano molto lo sport sotto forma di gioco o gara. Infatti, fuori dalle mura della città erano presenti i cerchi agonali: lo scopo di queste attività era unire l’utile al dilettevole e, cioè, mantenere i cittadini costantemente in forma per poter contare, all’occorrenza, su buoni soldati, buoni aurighi e così via”.

Dunque, ricapitolando, l’antica Siponto romana aveva un ‘colosseo’ e un cerchio agonale, ma anche, racconta Vincenzo Gennaro Valente nel suo libro ‘L’antica Siponto’: dodici curie (templi), un ‘Teatro della Repubblica Sipontina’, tre archi di trionfo (di cui uno dedicato a Giulio Cesare), un Palazzo delle scienze e delle arti, un palazzo vescovile, quattro basiliche (di cui un Gran Duomo), quattro chiese, quattro monasteri, un conservatorio per le fanciulle orfane, due ospedali (uno per i cittadini e l’altro per i forestieri), quattro ospizi, ville patrizie e moltissime case abitate da plebei.

Da tutto ciò è possibile dedurre quanto fosse grande ed importante Siponto. E se pensate che sia un peccato che oggi non esista più, vi consolo subito rivelandovi una realtà elettrizzante: la maggior parte degli edifici è ancora lì, nascosta sotto uno spesso strato di terra (e di indifferenza), in attesa di essere riportata alla luce e valorizzata. A cominciare dal ‘colosseo’.

E se nei prossimi giorni quando percorrete la SS 89 all’altezza della basilica di Siponto vi sembrerà che dei gladiatori vi attraversino la strada, beh, attenzione, quelle potrebbero essere allarmanti allucinazioni dovute allo stress post estivo.

Maria Teresa Valente

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Redazione

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