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Articolo choc di Alain Elkan: “Sul treno per Foggia con i giovani lanzichenecchi”

Lo scrittore Alain Elkan ha pubblicato sull’edizione odierna del quotidiano Repubblica un pezzo molto discusso in queste ore sui social. Il titolo è già eloquente: “Sul treno per Foggia con i giovani lanzichenecchi”. Elkan, padre di John, editore del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, è uno scrittore e giornalista italiano. Da anni vive a Londra, ma la sua figura è stata legata dal 1975 al 1981 a Margherita Agnelli, figlia di Gianni Agnelli. Dalla loro unione sono nati tre figli: John, appunto, e Lapo e Ginevra. 

Elkan, ospite nello scorso weekend del Libro Possibile a Viste, ha raccontato la sua giornata in treno da Roma a Foggia con un gruppo di giovani che, incuranti della sua presenza, hanno mostrato allo scrittore una frattura generazionale incolmabile. 

“Qualche giorno fa, dovendo andare da Roma a Foggia, sono salito su una carrozza di prima classe di un treno Italo. Il mio posto assegnato era accanto al finestrino e vicino a me sedeva un ragazzo che avrà avuto 16 o 17 anni. T-shirt bianca con una scritta colorata, pantaloncini corti neri, scarpe da ginnastica di marca Nike, capelli biondi tagliati corti, uno zainetto verde. E l’iPhone con cuffia per ascoltare musica. Intorno a noi, nelle file dietro e in quelle davanti, sedevano altri ragazzi della stessa età, vestiti più o meno allo stesso modo: tutti con un iPhone in mano. Alcuni avevano in testa il classico cappello di tela con visiera da giocatore di baseball di colori diversi, prevalentemente neri, e avevano tutti o le braccia o le gambe o il collo con tatuaggi piuttosto grandi. Nessuno portava l’orologio. Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica. Stavo anche finendo di leggere il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust e in particolare il capitolo “Sodoma e Gomorra”. Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica. Mentre facevo quello, i ragazzi parlavano ad alta voce come fossero i padroni del vagone, assolutamente incuranti di chi stava attorno. Parlavano di calcio, di giocatori, di partite, di squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni”. 

Il pezzo, che continua con l’imbarazzo di Elkan nel vedere questi giovani disinteressati dalla sua presenza, è stato molto criticato per la sua prosa, per la storia e per la morale di fondo molto paternalistica. 

“Loro erano totalmente indifferenti a me, alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente, un altro mondo. Io mi sono domandato se era il caso di iniziare a parlare col mio vicino, ma non l’ho fatto. Lui era la maggioranza, uno nessuno centomila, io ero inesistente: qualcuno che usava carta e penna, che leggeva giornali in inglese e poi un libro in francese con la giacca e i pantaloni lunghi. Per loro chi era costui? Un signore con i capelli bianchi, una sorta di marziano che veniva da un altro mondo e che non li interessava. Pensavano ai fatti loro, parlavano forte, dicevano parolacce, si muovevano in continuazione, ma nessuno degli altri passeggeri diceva nulla. Avevano paura di quei ragazzi tatuati che venivano dal nord, lo si capiva dall’accento, o erano abituati a quel genere di comportamento? Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani “lanzichenecchi” senza nome. Per loro chi era costui? Un signore con i capelli bianchi, un marziano venuto da un altro mondo”. 

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