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6 anni fa il tragico incidente tra Andria e Corato. In Italia ancora 650km di ferrovie non protette da sistemi automatici

Alle 11.05 di sei anni fa, il 12 luglio 2016, tra gli uliveti che separano Andria e Corato, si consumava una delle tragedie ferroviarie più gravi della storia italiana. In quella calda giornata estiva, infatti, morirono 23 persone: studenti, lavoratori, persone comuni che ogni giorno utilizzavano quel treno. Subito dopo le 11 avviene lo scontro tra due treni che viaggiavano in direzioni opposte, ma su un binario unico con blocco telefonico, a velocità comprese fra i 94 e 101 km7h. Uno dei due convogli andava in direzione sud-est, proveniente da Andria, l’altro, invece, viaggiava verso nord-ovest, proveniente da Corato, sulla tratta ferroviaria Bari-Barletta. 

L’impatto è vicino a una curva circondata da uliveti: è dei più feroci il disastro perché la visibilità è limitata ed è praticamente impossibile accorgersi dell’arrivo dell’altro treno. Nello schianto vengono coinvolte le prime due carrozze e la parte anteriore della terza di uno dei due mezzi, e la prima carrozza dell’altro. A bordo c’erano 84 persone: l’impatto causerà 23 morti e 51 feriti. 

A causare lo scontro fu una vecchia tecnologia e l’arretratezza dei sistemi di sicurezza della linea, ovviamente troppo esposti al rischio dell’errore umano. Il via libero dell’accesso di un treno al binario, infatti, veniva concesso dopo che il capostazione aveva sentito telefonicamente il collega della stazione successiva. Le indagini hanno individuato nei dirigenti di Ferrotramviaria la colpa di non aver adeguatamente valutato i rischi, violando una serie di norme sulla sicurezza. Nello specifico, infatti, i dirigenti non avrebbero programmato l’adeguamento tecnologico pur sapendo che quella linea a binario unico, che funzionava con il blocco telefonico, era obsoleta. 

Nonostante questo disastro in Italia, come scrive oggi Will Media, ci sono più di 650 km della nostra rete ferroviaria non ancora protetti da un potenziale errore umano. “In queste reti, 6km su 10 non sono ancora protetti da sistemi automatici. Dopo anni di incuria, il fondo complementare al PNRR ha stanziato 1,5 miliardi per l’ammodernamento e la messa in sicurezza di queste infrastrutture. Ora che i soldi ci sono, occorre che le amministrazioni regionali siano supportate da adeguate competenze per garantire che i lavori siano svolti in linea con la programmazione”. 

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