“Quel treno del sud di emigrati sipontini”
“Quel treno del sud di emigrati sipontini”
Manfredonia – Quel treno del Sud, che parte che porta e va su, dai gente salite, salite più in fretta, mio padre diceva ch’era vagoni d’emigrati ,che partivano al Nord nella mente già insultati dalle lingue poi sputati, mentre nel rumore del loro mare,mare che da questo Golfo si allontanava.
Peccato che noi partivamo per la costrizione della disoccupazione, con i nostri sguardi di dispiacere, io li guardavo, poi mi abbassavo poi parlavo di una storia per far sorridere anche gli indisponenti,ma il rumore faceva un gran chiasso, io fumavo e poi cantavo, io fumavo e poi mi azzittivo.
Mezzogiorno – dal quel treno che passava accanto ad un campo di erba bagnata, ed eral il treno del Sud – che portava lassù, dai nuovi incivili salite, salite più in fretta mio padre sorrideva dalla rabbia taceva,con l’istinto un po’ bestiale con il senso naturale, delle cose che perdeva dalle parole. La civiltà l’avevamo noi al Sud, mentre loro al Nord ci ospitavano in quartieri ghettizzati con i bagni fuori casa alla distanza di metri centocinquanta.
Lungo treno del Sud che al tuo passare sento i fiori ed il mare , così continuiamo da eroi malmenati dal padrone insultati,che sbuffava: -Uffa che noia la sera che cade sulla nostra casa deserta, e rideva di pancia all’aria poi beveva.
di Claudio Castriotta