Quali sono i costi fissi per una partita iva?
Con il mondo del lavoro ad essere cambiato in maniera così profonda, moltissime persone hanno ricominciato ad auspicare per una professione autonoma o un’attività in proprio, con il mito del “posto fisso” a passare quasi in secondo piano rispetto alle tendenze degli anni scorsi. Ovviamente, quando ci si mette in proprio occorre affrontare numerose sfide, tra cui costi di carattere burocratico che interessano la regolazione dell’attività in sé.
Avere un’attività in proprio implica tanti onori ma anche tanti oneri. Se si lavora bene, infatti, si possono guadagnare cifre molto interessanti ma di contro lavorare in maniera autonoma comporta anche il sostenimento di vari costi fissi, primi fra tutti quelli necessari all’apertura della partita iva. Prima di intraprendere questa strada, dunque, è importante informarsi, magari attraverso siti specializzati nel settore fiscale come regime-forfettario.it, in modo da sapere quanto costa aprire una partita iva, quali sono gli adempimenti burocratici e a quanto ammontano le spese gestionali.
Quando parliamo di partita iva, ci riferiamo ad un codice di undici cifre in grado di identificare univocamente un’azienda o un libero professionista. Fino alla sua chiusura, i numeri resteranno invariati. Qualora si decidesse di chiuderla e di riaprirne una negli anni successivi, si riceveranno nuovi numeri. La partita iva permette agli esercenti di registrare la loro attività presso l’Agenzia delle Entrate, allo scopo di essere sempre identificabili sotto il codice in oggetto.
Costi della partita iva
Come già precedentemente accennato, aprire partita iva significa affrontare dei costi particolari che, nella fattispecie, si dividono in fissi e variabili. I primi, vengono divisi a loro volta in quelli di apertura e di mantenimento. Chiariamo, però, che l’apertura della partita iva in sé non preveda costi di alcun tipo. Il suo mantenimento, però, richiede la considerazione di spese relative al pagamento del commercialista, attorno ai 700 euro annui.
Per quel che concerne i costi variabili, invece, essi riguardano le tasse e i contributi previdenziali. Essi sono strettamente legati al regime fiscale a cui aderisce la partita iva, se ordinario o forfettario. Gli esercenti che operano in regime ordinario saranno tenuti a pagare l’IRPEF, con un’aliquota del 23%, mentre i liberi professionisti godono di una tassazione agevolata al 15%, abbassata al 5 per le nuove attività. I contributi previdenziali da versare all’INPS, invece, determineranno l’importo della pensione.
Obblighi dell’esercente con partita iva
Aprire una partita iva si rivela necessario per poter organizzare e portare avanti un’attività lavorativa autonoma, abituale, continua e professionale. Sia uno psicologo che il proprietario di un e-commerce, dunque, saranno sottoposti ai medesimi oneri in termini di stesura del codice. Sono previsti dei casi in cui la partita iva non occorre, riferendoci alle prestazioni svolte in via occasionale, senza continuità e in mancanza di una organizzazione stabile.
Si tratta di una pratica lavorativa molto diffusa, poiché in grado di avvicinare, soprattutto i più giovani, all’attività che intendono svolgere, pur potendo eseguire incarichi in maniera più saltuaria e avendo la possibilità di verificare sul campo l’effettivo funzionamento di un determinato business o, gli oneri a cui un lavoratore autonomo viene sottoposto.
Aprire una partita iva, comunque, non è difficile. Non bisognerà fare altro che compilare il modello AA9/7 e presentarlo presso l’Agenzia delle Entrate, in modi diversi. Chi intende inoltrare la domanda di persona, infatti, dovrà recarsi con un documento di riconoscimento valido presso l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, mentre le persone disposte ad inviare il documento telematicamente dovranno scaricare il programma apposito dal sito dell’ente sopracitato. Tra gli obblighi dell’esercente, infine, citiamo la comunicazione per l’apertura della partita iva che deve essere resa nota entro 30 giorni dall’inizio dell’attività.