Parliamo Manfredoniano: “Pecuzze”
Pecuzze s.m. = Questuante, cercatore.
Era generalmente un frate laico che girava per masserie in cerca di cibarie per la sua comunità.
Si spostava con un carretto trainato da un mulo. La foto (tratta dal web) ritrae uno frate addirittura motorizzato, evidentemente di epoca relativamente più “moderna” rispetto ai miei ricordi.
Raccontava ai coltivatori storie garbate e/o divertenti, e riceveva in cambio frumento, vino, olio, mandorle, orzo, arance, limoni, cotogne, ecc., che accumulava in vari sacchi, in damigiane o in cassette che portava con sé.
Era conosciuto da tutti ed accolto con simpatia. Spesso era invitato a sedersi a tavola per pranzare assieme fattore e alla sua famiglia.
A sera ‘u pecuzze ritornava al convento, scaricava le vettovaglie e l’indomani ripartiva per un altro giro nelle campagne della Capitanata. Difatti il termine era conosciuto in tutta la Daunia.
Ecco la definizione e l’etimo riportato nel prezioso “Dizionario Dialettale Cerignolano” del dott.Luciano Antonellis:
«pecuzze2 s.m. (sp. bigoz, fr. bigot) Frate laico»
Il termine pecùzze finì per designare una persona rozza nell’abbigliamento e magari anche nei modi.
Come sinonimo si usavano le perifrasi mòneche cercatöre = monaco cercatore o ca vé facènne la cèrche = che va facendo la cerca, la questua.
Ora sia la figura del frate questuante, sia il termine stesso sono scomparsi dalla vita e dal linguaggio comune.
L’ho voluto ricordare perché era parte della nostra vita, ammirando soprattutto la solidarietà viva che esisteva in quei tempi difficili.
Ringrazio i lettori che mi hanno spiegato che il termine pecuzze è usato anche come soprannome col quale è conosciuta la famiglia Bottalico.