Fede e religione

Moscone: “Sono questi i sogni che permettono di rinascere dopo la tempesta e costruire un futuro per tutti più bello, sicuro e solidale”

Omelia-Messaggio per San Lorenzo Maiorano 2021

Cari fratelli e sorelle nella fede e amati concittadini,

ci troviamo ogni 7 febbraio a celebrare la solennità del nostro Pastore e Cittadino San Lorenzo Maiorano, a cui la Chiesa sipontina tutta e la Città di Manfredonia debbono i fondamenti dell’organizzazione ecclesiale e le basi della vita civile. San Lorenzo è testimone di tempi difficili ed incerti, tempi flagellati dalle invasioni barbariche e dalle scorribande delle orde di Odoacre e Totila. Lorenzo non ha derogato alla sua responsabilità, ha dato tutto sé stesso ed ha incoraggiato il suo popolo per far ripartire lo sviluppo della Chiesa e della Città dai flagelli che si stavano abbattendo, seminando paura e divisione tra la gente. L’autore anonimo della prima breve biografia, provando a raccontare il servizio episcopale del vescovo sipontino, richiama un versetto del libro dei Proverbi: «chi coltiva la sua terra si sazia di pane, chi insegna chimere si sazia di miserie» – Pr 28,19.

Questa frase mette in relazione il pane disceso dal Cielo con quello che viene dalla terra. “Coltivare la propria terra” deve per noi oggi voler dire prendersene cura con coraggio, come azione del cuore, ridare vita e forza all’identità originale e all’eredità culturale dell’antica Siponto e non solamente conservarne le vestigia. Guardando oggi, a distanza di secoli, al suo operato di allora possiamo non solo richiedere la sua sicura protezione (bisogno lecito e che palpita in ogni cuore), ma soprattutto possiamo trarne l’esempio, trasformarlo in eredità che diventa stimolo all’impegno e responsabilità per una vita civile sana ed una testimonianza di Chiesa limpida.

Quanto in questi mesi, ed è ormai quasi un anno, stiamo vivendo a motivo della pandemia da Covid-19 ci fa sentire partecipi dell’esperienza di quei tempi, e ci deve dare forza e slancio per uscire dalle paure e renderci tutti solidali nella comune battaglia. Guardando all’esempio del Maiorano non solo richiediamo la sua protezione, ma troviamo la certezza che la “tempesta” che stiamo attraversando sarà superata, se impariamo ad essere tutti coesi, tutti responsabili, tutti fratelli e sorelle tra noi!
Invito a leggere e prendere in considerazione l’ultima enciclica di Papa Francesco Fratelli Tutti: troveremo le motivazioni ed i sentimenti per superare le paure, assumere le responsabilità personali e collettive ed avviare percorsi di sicuro avvenire.
Ai paragrafi 32 e 33 Il Papa fa un’analisi precisa della situazione attuale, specie quando dice che “una tragedia globale come la pandemia del Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme” (n. 32).
Le tempeste della vita possono essere vissute, come scrive papa Francesco, come momenti che smascherano “la nostra vulnerabilità e lasciare scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli” (n.32). La pandemia ci ha fatto capire che l’egoismo e l’individualismo sono due malattie altrettanto gravi. Sono due forme di fallimento mascherate di falsa vittoria.
“Abbiamo puntato tutto e solo sullo sviluppo economico, illudendoci che potesse bastare solo la libertà di mercato a darci sicurezza. Ci siamo ubriacati dei progressi tecnologici e abbiamo anche cercato di ‘ridurre i costi umani’ per sentirci padroni e avere l’illusione di avere tutto sotto controllo”. E invece, dice il pontefice “il colpo duro e inaspettato di questa pandemia fuori controllo ha obbligato per forza a pensare agli esseri umani, a tutti, più che al beneficio di alcuni” (n. 33).
Ci siamo resi conto che le persone valgono molto di più delle cose. “Oggi possiamo riconoscere che ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura e solitudine; ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità. Abbiamo cercato il risultato rapido e sicuro e ci troviamo oppressi dall’impazienza e dall’ansia. Prigionieri della virtualità, abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà. Il dolore, l’incertezza, il timore e la consapevolezza dei propri limiti che la pandemia ha suscitato, fanno risuonare l’appello a ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza” (n.33).


Le parole del Papa trovano ulteriore luce se viste attraverso l’alleanza che in Cristo Gesù si rinnova tra Dio, l’uomo e il mondo. Sì, non ci salviamo da soli, l’uomo e il creato camminano insieme e tendono verso Cristo, l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo e collaborano all’espansione del mistero pasquale, un mistero di salvezza. In Cristo, che ha detto che l’avremmo potuto trovare negli affamati, assetati, poveri, ammalati, negli scartati ci rendiamo tutti strumenti della carità divina.
Camminiamo pertanto tutti insieme nella speranza che non solo è possibile, ma diventa doveroso riscoprire il senso della solidarietà come prima legge del vivere; diventa indispensabile il bisogno di farci prossimo come finalità costante di ogni relazione tanto privata che pubblica. Accantoniamo perciò tutte le varie forme di individualismo e quel cinismo la cui pratica come un virus ci sta contagiando. Siamo chiamati a essere tutti buoni samaritani, che si prendono cura gli uni degli altri, che non scartano, ma si chinano sui fratelli che soffrono. Adottare la logica del samaritano è l’unica forma che rende positivo e fecondo il tempo che viviamo e che dà futuro al significato della nostra esistenza. Mettiamo sempre al centro la persona, che ha valore in sé stessa, prima del ruolo o dell’attività che svolge, prima della condizione sociale o posizione che ricopre. Preoccupiamoci di mantenere i contatti diretti con chi soffre, di promuoverne la salute fisica, psicologica e spirituale di ognuno indipendentemente dalla posizione sociale ed economica che occupa. Per fare questo abbiamo bisogno di una Città coesa e di una Chiesa trasparente di Vangelo, diversamente tradiremmo tanto la Città che la Chiesa, perché accetteremmo la logica che “ciò che è vero quando conviene a un potente, cessa di esserlo quando non è nel suo interesse” (FT 25).

Se assumiamo questa logica, la logica evangelica del buon samaritano, che sgorga dalla comune fraternità umana e, per chi crede, dal segreto dell’amicizia secondo il Vangelo, allora la lotta al coronavirus diventa occasione per ottenere due risultati di cui sentiamo estremo bisogno ovunque e nel nostro territorio in modo particolare.
1° un risultato per la società civile: potremo rifondare le basi di una vita civile sana, capace di rinascere, di scommettere sul futuro, sapendolo patrimonio delle nuove generazioni; ridaremo significato alle grandi parole ed a espressioni come democrazia, libertà, giustizia e unità (FT 14).
2° un risultato per la Chiesa, che risponderà alla sua vocazione di aprirsi a scelte profetiche ed una testimonianza limpida di Vangelo. Una Chiesa che si presenta come casa con le porte aperte, perché è madre … che esce di casa, che esce dai suoi templi, dalle sue sacrestie, per accompagnare la vita, sostenere la speranza, essere segno di unità … per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione (FT 276).

Nel lontano V secolo, il vescovo Lorenzo, un orientale, tutto preso dalle premure del ministero pastorale, parlò al popolo del suo “sogno” di poter eliminare e sostituire le usanze pagane, ancora diffuse e praticate in quell’epoca, con la evangelizzazione del territorio garganico: e l’amato Gargano ha così dato per 1500 anni testimonianze concrete di santità e fedeltà a Cristo Signore. Anche noi oggi, sostenuti dal suo esempio e protezione, vogliamo continuare a sognare affinché “la Sposa di Cristo, la nostra Chiesa assuma volti multiformi che manifestino meglio l’inesauribile ricchezza della grazia. La predicazione deve incarnarsi, la spiritualità deve incarnarsi, le strutture della Chiesa devono incarnarsi” (QA 6).
Confortato dall’esempio di San Lorenzo non mi stanco di ripetere, tanto per la Città ed il territorio dell’Amato Gargano, come per la Chiesa l’appello più volte ribadito lungo quest’anno pastorale. Coordiniamoci e, seppur fragili, sentiamoci tutti importanti e necessari, e saremo nelle condizioni di rendere reali i quattro grandi sogni che stanno nei nostri cuori, di cui tutti ne abbiamo estremo ed urgente bisogno.
Sono questi i sogni che permettono di rinascere dopo la tempesta e costruire un futuro per tutti più bello, sicuro e solidale:

• Il sogno sociale: che ci fa lottare per i diritti partendo dai poveri e dagli ultimi, riconoscendo i feriti e gli scartati dal dramma aperto dalla pandemia;
• Il sogno culturale: che ci permette di difendere e esaltare la ricchezza culturale presente nella storia del nostro popolo e di orientarla perché sia radice sana di futuro … e non solo sguardo nostalgico a un passato che non può tornare;
• Il sogno ecologico: che ci abilita a custodire gelosamente l’irresistibile bellezza del territorio che ci accoglie e di difenderla dai continui attacchi e soprusi dei potenti di turno che ingannano con false promesse;
• Il sogno ecclesiale: che rende la nostra comunità cristiana capace di impegnarsi e incarnarsi da discepola missionaria e di generare persone che testimoniano coordinando giustizia e misericordia.

Se scommettiamo tutti sulle condizioni sopra accennate e se non avremo paura o vergogna a sognare insieme, di sicuro il nostro Pastore e “Primo cittadino”, San Lorenzo Maiorano, ci sarà di continuo conforto e stimolo per diventare tutti protagonisti del bene della nostra cara Città e dell’amato territorio, che vanta una grandissima storia, e della nostra Chiesa ricca da sempre di sicura santità.

+ p. Franco crs, vescovo

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