Storia

Manfredonia, il ricordo del babbo in guerra e gli stanzoni che contenevano circa 300 internati – 1943

QUANDO arrivò lui, il paese portava l’ombra del campo d’internamento senza cielo, Manfredonia dava di piscio e di vento, sopportava con fatica a digerire gli avanzi di piombo. Gli angeli sui pali elettrici della ferrovia guardavano il treno che andava lungo il binario sesto tronco sud,lento macinava il macchinoso motore,con vecchi vagoni messi uno in fila all’altro e serpeggiava di fronte all’alba della guerra.
Fermati di colpo i puzzolenti vagoni di colore rosso e marrone da una frenata strida da far sobbalzare il gruppo dei deportati contro i pezzi di metallo e legno degli scomparti.

Scesi a due, tre alla volta, era ottobre del 1940, con dei vestiti in maniera molto dimessa con grossi fagotti sulle spalle ,vennero trasportati nel centro del campo di concentramento del macello Comunale, conosciuto meglio come la zona del “Tratturo del Carmine” strada per Siponto. La struttura era fresca di costruzione appena nata come macello paesano.. ma intervenuti i fascisti su comando dei tedeschi col preciso ordine di appropriarsi della grande e spaziosa palazzina con cortile, già adibita a lager, con cucine, camerate, finestre con cancellate chiuse in modo particolare da dei lucchetti.

Il posto era pieno di ebrei e sloveni compresi gli italiani ,tra i prigionieri c’erano vari personaggi di spicco. Ma quello di cui ricordava e parlava papà era Sandro Pertini, il ligure partigiano nato a San Giovanni di Stella in provincia di Savona classe 1896, dal carattere caparbio, tenace e forte, poi in seguito pare venne trasferito alle Isole Tremiti. La durata di questo internamento durò fino al 1943. Ricorda il babbo che gli stanzoni contenevano circa 300 internati, in quel campo di dimensioni modeste rispetto ad altri campi più grandi e mostruosamente brutali. Quando chiusero quell’internamento dopo la guerra, il macello Comunale riprese la sua vera origine, ma le strutture rimasero uguali a come i tedeschi l’avevano trasformata.

Ancora oggi ha quell’aspetto d’internamento tedesco e di inquietudine dal salto dalla vita che viaggia nell’orripilante bruttura dell’essere uomo condannato da uomo senza alcuna forma di parvenza all’esistenza di essere umano, ma solo il libero e potente pensiero che lasciò il Pertini, uomo di grande speranza sempre pronto con i sui detti di coraggio a resistere a quella forma di apparente vita di  soppiatto.

di Claudio Castriotta

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Claudio Castriotta

Poeta, scrittore e cantautore - già collaboratore con riviste di Raffaele Nigro e del docente universitario Daniele Giancane. Il miglior piazzamento ad un premio letterario è avvenuto a Firenze con un libro dedicato ai più emarginati di Manfredonia: secondo posto alle spalle del grande scrittore cattolico Vittorio Messori. Il suo primo maestro è stato Vincenzo Di Lascia, il vincitore al premio Repaci di Viareggio del 1983. Come musicista si è esibito con il cantautore Marco Giacomozzi, vincitore al Premio Tenco, nelle zone della Liguria, esattamente in prov. di Savona ad Albissola Marina . Poi in seguito dopo varie esibizioni in Toscana con altri autori, interrompe i tour per motivi di salute.

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