Manfredonia, da crocevia del Mediterraneo per Papi a porto senza passeggeri

Una vecchia cartolina di Manfredonia del 1932, con viaggiatori in procinto d’imbarcarsi, mi ha fatto pensare a quanto sia strano che una città in una posizione così strategica abbia perso col tempo la sua velleità di porto per arrivi e partenze di passeggeri.
Un destino veramente strano per Manfredonia con velleità turistiche e da sempre importante crocevia del Mediterraneo. Prima ancora che nascesse l’attuale città o l’antica Siponto, quando la storia si perde ancora nelle sfumature della leggenda, si narra che qui approdarono i Dauni, qui giunse Diomede e poi ancora i romani e nei secoli fu un approdo di fondamentale importanza per re, regine, principi, duchi, contesse, imperatori e papi.
Fino al secolo scorso era considerato il porto della Capitanata e non per modo di dire: da Foggia si giungeva nel golfo percorrendo canali navigabili, che col tempo iniziarono a perdere la loro portata prima nei mesi estivi, poi anche nei mesi invernali, fino a scomparire.
Del porto ‘passeggeri’ non era rimasto fino agli anni Duemila che uno scampolo, col collegamento con le Isole Tremiti, soppresso esattamente dieci anni fa.
Oggi Manfredonia nel suo porto ospita una flotta pescherecci che nell’ultimo decennio si è quasi dimezzata, mentre l’arrivo e la partenza dei passeggeri è solo un lontano ricordo, ravvivato negli ultimi tempi dall’approdo solitario di piccole e lussuose navi da crociera, mosche bianche in un territorio schiaffeggiato e penalizzato da scelte Bari-centriche.
Il porto industriale, che ormai cadente delinea l’orizzonte del Golfo, sembra stabilire un confine tra Manfredonia e il suo futuro. L’auspicio è che si possa andare oltre quell’orizzonte, perché in fondo siamo gente di mare e come cantavano Tozzi e Raf, viviamo “prigionieri” di questa città che amiamo e consapevoli delle sue potenzialità e forti del suo passato, vorremmo che finalmente spiccasse il volo.
“Quando ci fermiamo sulla riva,
lo sguardo all’orizzonte se ne va,
portandoci i pensieri alla deriva,
per quell’idea di troppa libertà”
Maria Teresa Valente