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Manfredonia, Angelo Riccardi sul palo di 30 metri: “Il trono del Barbagianni”

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Manfredonia, Angelo Riccardi sul palo di 30 metri: “Il trono del Barbagianni”

Si racconta che, in una notte di scirocco, nel Regno di Sipontia spuntò dal nulla un palo di trenta metri, così alto che toccava quasi la luna.
Nessuno sapeva chi l’avesse piantato lì: alcuni dicevano gli ingegneri del re, altri sussurravano fosse opera di maghi forestieri pagati a peso d’oro.

Ma solo un essere aveva il coraggio di salirci: il Barbagianni.

Il Barbagianni, che già da tempo osservava le vicende del Regno dall’alto dei tetti, decise che quel palo sarebbe stato il suo nuovo trono.

«Da qui vedrò tutto meglio» disse, «e capirò perché laggiù, tra i vicoli e la marina, tutti parlano e nessuno ascolta.»

E così cominciò la scalata.
Volo dopo volo, planata dopo planata, raggiunse la sommità del palo.
E lì, sospeso tra il cielo e il mare, scoprì una cosa sorprendente: più si alzava, più le voci del popolo si facevano chiare.

Dal basso gli uomini vedevano il palo come un inutile spreco.
Dall’alto, invece, il Barbagianni vedeva tutto:
– le strade allagate dopo ogni pioggia;
– le reti dei pescatori vuote mentre le barche straniere passavano al largo;
– le promesse sussurrate di giorno e dimenticate la sera;
– cantieri iniziati, mai finiti, sempre inaugurati.

Il Barbagianni capì che il palo non era un errore: era una lente.
Era nato per mostrare la verità dall’alto, a chi avesse il coraggio di salirci.

Il mattino seguente, il Barbagianni convocò tutti nella piazza del porto.
Gli abitanti si affollarono: pescatori, artigiani, studenti, perfino i notabili del Regno, che odiavano quell’uccello perché parlava troppo… e vedeva troppo.

Il Barbagianni spiegò ciò che aveva visto.
Parlò chiaro, come solo chi non deve compiacere nessuno sa fare.

«Non è l’altezza del palo il problema» disse, «ma la bassezza delle vostre ambizioni.
Voi vi lamentate del palo, ma non vedete ciò che il palo rivela.»

Il popolo rimase in silenzio.
I notabili si imbarazzarono.
Qualcuno propose di abbattere il palo.
Qualcun altro di farci sopra un palco per le feste.

Ma il Barbagianni, battendo le ali, li zittì tutti.

«Questo palo» proclamò «sarà il simbolo del nostro Regno.
Non della potenza, non del denaro, ma della visione.
Perché chi guarda solo a un metro da sé è destinato a inciampare.
Chi osa guardare dall’alto può cambiare destino.»

E così il palo di trenta metri diventò famoso in tutta la regione.
La gente ci passeggiava attorno come davanti a un monumento.
I bambini lo chiamavano “Il dito del cielo”.
Gli anziani dicevano che finalmente qualcuno, anche se con le piume, aveva spiegato loro cosa non funzionava davvero.

Ma non tutti erano contenti.
Lontano, nella capitale del Regno, viveva il Re del Paesaggio, che da un palazzo a Bari vigilava sulle bellezze della Puglia.
Si narrava che conoscesse ogni baia, ogni duna, ogni scoglio su cui un gabbiano avesse mai posato l’ala.

Quando seppe del palo piantato senza interpellarlo, andò su tutte le furie.

«Un palo di trenta metri nel porto di Sipontia?
Senza aver chiesto la mia deroga?
Un affronto al paesaggio… e un affronto a me!»

Giurò allora che non avrebbe concesso pace finché quel palo non fosse sparito.
Ma, conoscendo la lentezza del suo regno, promise di attendere il momento giusto.

E quel momento sarebbe arrivato, si diceva, quando il Barbagianni, in un volo oltre i confini del suo dominio, avesse lasciato il Regno scoperto.

Perché quel palo non era solo un errore:
era un oltraggio al mare, uno sfregio alla bellezza, una ferita verticalizzata.

E il Re del Paesaggio, dal suo trono barese, non vedeva l’ora di vendicarsi.

Il Barbagianni lo intuì.
E, guardando il mare, sussurrò:

«Se il Re del Paesaggio verrà…
sarà il momento di far vedere chi comanda davvero nel cielo di Sipontia.»

Palombella Rossa

Angelo Riccardi

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