“Volevo essere Lucio”: il ricordo di Pupi Avati
Il primo marzo 2012 è morto Lucio Dalla. In questi lunghi undici anni dalla sua scomparsa tanti sono stati i racconti e le testimonianze di amici e di colleghi del grande cantautore bolognese. Dalla, che ha sempre amato la sua Puglia e la sua Manfredonia, nel 2023 avrebbe festeggiato i suoi ottant’anni. Un malore, però, l’ha portato via subito dopo il suo ultimo concerto a Montreux.
Questa mattina, su La Stampa, per cominciare a ricordare e celebrare queste due date così vicine e simboliche per Lucio, la data della morte (1° marzo) e quella della nascita (4 marzo), è stato intervistato un suo amico storico: il regista Pupi Avati. Della loro amicizia tanto è stato detto. Per Pupi, Lucio è talento. “Lucio? Il talento allo stato puro. Tutte le persone che lo hanno conosciuto gli hanno voluto bene, non ho mai sentito nessuno parlar male di lui, e questa, in un mondo in cui non si vede l’ora di poterlo fare, è la cosa più bella che puoi dire”.
Avati, che ha raccontato spesso una sorta di gelosia iniziale per il talento di Dalla, ricorda Lucio da piccolo. “Lo rivedo bambino, a 3-4 anni, sul palcoscenico dei teatri di Bologna dove era la star, cantava, ballava, zampettava, chiudeva lo show in un tripudio di successo, frac e cilindro in testa. Sui manifesti dello spettacolo parrocchiale della domenica il nome più grande era il suo. Era l’attrazione della serata, un bambino bellissimo, travolgente, avremmo voluto essere tutti come lui e, infatti, per tutta la mia vita, ho desiderato di essere Lucio”.
La creatività e il talento, per il regista, sono le chiavi per indagare l’amore della gente per Dalla. “Aveva una creatività spontanea, in tutto quello che faceva, in qualunque ambito, era sempre diverso dagli altri, come se fosse survoltato. Forse proprio questo suo aver vissuto così tanto, in ogni momento dell’esistenza, gli ha fatto consumare la vita in fretta, è come se fosse arrivato prima alla fine del percorso”.