L’autista di Messina Denaro andrà in carcere. Luppino ha negato di conoscerlo ma era il suo uomo di fiducia
La fantasiosa difesa di Giovanni Luppino, l’autista di Matteo Messina Denaro fermato con il boss lunedì mattina a Palermo, non ha convinto gli inquirenti. L’uomo, infatti, davanti a loro aveva dichiarato nelle scorse ore di non conoscere l’identità dell’uomo che aveva accompagnato alla clinica palermitana. Dunque, Luppino non conosceva la vera identità di Andrea Bonafede, non sapeva che dietro quell’uomo si nascondeva il super latitante Messina Denaro.
Per Luppino quell’uomo si chiamava addirittura Francesco, il cognato di Andrea Bonafede. Andrea Bonafede (vero) avrebbe presentato questo cugino molto malato a Luppino. Da lì nasce il suo impegno per accompagnarlo a Palermo per i problemi di salute. Solamente lunedì, quando sono arrivati i carabinieri, Luppino avrebbe capito chi fosse davvero quel cugino malato. “Non sapeva che fosse Messina Denaro: solo un pazzo avrebbe potuto accompagnarlo sapendo che si trattava del boss”, ha detto ieri l’avvocato di Luppino, Giuseppe Ferro, al termine dell’udienza di convalida davanti al giudice per le indagini preliminari.
La tesi della difesa non ha convinto il gip di Palermo Fabio Pilato che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Luppino. Secondo Pilato, dunque, l’autista di Matteo Messina Denaro è un soggetto pericoloso. Lunedi sarebbero stati sequestrati due cellulari (tenuti in modalità aereo) e una lunghissima serie di bigliettini e fogli manoscritti con numeri di telefono, nominativi e appunti di vario genere al momento ancora da decifrare.
Lunedì, al momento della cattura, Messina Denaro si sarebbe rivolto a Luppino dicendo “è finita”. Parole decise che dimostrano una certa confidenza fra i due.