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“Io minacciata, mentre i politici fanno gli influencer”, il duro sfogo della vedova Luciani

Cari politici, spesso vi sento dire che gli italiani sono i vostri “datori di lavoro”. Bene, oggi chi vi scrive è uno di loro. Sono trascorsi cinque anni dalla barbara morte dei miei cari – Luigi e Aurelio Luciani – continuo a chiedermi il perché di tanto orrore e crudeltà. Oggi sento ancora qualcuno dire “Poveri ragazzi, se avessero transitato su quella strada qualche minuto prima o dopo l’attentato al boss mafioso…!”. Mi preme ricordare che mio marito e mio cognato il 9 agosto del 2017 erano nel posto giusto al momento giusto. Come ogni mattina, erano sul luogo di lavoro per garantire un futuro migliore alle rispettive famiglie. Chi non doveva stare lì, e da nessun’altra parte, sono proprio quei criminali.

La Capitanata, cari politici, non può essere solo una “bella passerella”, soprattutto durante le elezioni politiche, dove tutti voi passate di qui e ci riempite di lusinghe e tante promesse. E poi? La mafia foggiana, proprio da tutti voi, è stata considerata un’emergenza nazionale, quindi penso che debba diventare, nei fatti e non solo nei discorsi, una priorità dello Stato.

Foggia è una provincia enormemente estesa, oltre settemila chilometri quadrati, eppure non esiste una procura antimafia, magistrati e forze di polizia – che ringrazio per lo straordinario lavoro che svolgono – denunciano quotidianamente, non ascoltati, mancanza di mezzi e personale. Anche per questo – accompagnato da una povertà culturale, economica e sociale dilagante, da uno Stato che non sempre è dove dovrebbe essere – i cittadini hanno paura di esporsi e di non essere tutelati abbastanza.

È importante e doveroso sottolineare tutte le operazioni di contrasto alla criminalità che sono state portate a termine con successo in questi ultimi anni.

Tanto è stato fatto ma, evidentemente, quel “tanto” è ancora poco perché la mafia continua ad uccidere, ad usare violenza fisica e verbale, a corrompere le persone, ad infiltrarsi nel tessuto sociale del territorio, ad arricchirsi a discapito della comunità, a nutrirsi anche e soprattutto della disperazione delle persone. La lotta alle mafie non può concedersi nessuna pausa, altrimenti tanti altri innocenti rischiano di morire. La mafia non va mai vacanza!

Un giorno Paolo Borsellino disse scherzando a Giovanni Falcone: “Giovanni ho preparato il discorso da tenere in chiesa dopo la tua morte: ci sono tante teste di minchia: teste di minchia che sognano di svuotare il Mediterraneo con un secchiello, quelle che sognano di sciogliere i ghiacciai del Polo con un fiammifero, ma oggi signori e signore davanti a voi, in questa bara di mogano costosissima, c’è il più testa di minchia di tutti. Uno che aveva sognato niente di meno di sconfiggere la mafia applicando la legge”.

Magistrati, forze dell’ordine e tutti coloro che sono morti per mano della mafia avevano una cieca fiducia nello Stato, come del resto noi tutti familiari di vittime innocenti di mafia, ma ogni volta restiamo delusi. Spesso ho la vaga impressione di parlare non con la classe dirigente ma con influencer, bravi e abili a postare sui social o a fare il giro dei talk show con tanti bei discorsi, tante promesse che resteranno lì. Ed intanto la gente muore! Il 9 agosto 2017 ho visto davanti a me mio marito accasciato nel fiorino e mio cognato a terra, non saprei dirvi in quel momento quante volte ho chiamato Luigi ma lui non ha mai più risposto, mio marito non si è più voltato a guardarmi.

Da subito ho dovuto decidere se continuare a stare in casa a piangere, a disperarmi e pian piano andare a fondo, oppure rimboccarmi le maniche e, nel mio piccolo, contribuire a migliorare questa nostra realtà in prima linea accanto a tutti coloro che fanno fronte comune contro qualsiasi forma di violenza, d’ingiustizia. Io ho scelto questa seconda strada.

Un anno fa sono stata minacciata di morte, quest’anno quasi dieci ettari di grano sul mio terreno è stato bruciato e spesso mi chiedo cosa potrà ancora accadermi. Cosa certa è che oggi io sono ancora qui con il mio dolore, con la mia rabbia. Io sono qui e non smetterò mai di chiedere verità e giustizia per i miei cari. Io sono qui con le mie speranze, con la voglia di andare avanti, di lottare, di ricominciare.

Io sono qui e continuerò a raccontare la mia storia ma non per suscitare pietà ma per cercare di risvegliare le coscienze delle persone affinché nessun’altra famiglia possa essere travolta dal mio stesso dolore. “Io ci vedo, io ci sento, io parlo”, basta silenzi, basta omertà, basta accettare passivamente tutto l’orrore e le ingiustizie che ci circondano. Cari politici voi da che parte state?

Il giudice Giovanni Falcone diceva che per sconfiggere la mafia, o qualsiasi altra forma di oppressione, occorrono tantissime persone oneste, competenti e tenaci assieme ad una classe politica e amministrativa capace di compiere semplicemente il proprio dovere.

Ritrovate la voce, Scegliete le parole. Impegnatevi nei fatti. Ora tocca a voi.

Mio marito e mio cognato il 9 agosto del 2017 erano nel posto giusto.

di Arcangela Petrucci (da bari.repubblica.it)

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