Giovanni Brusca, il “Boss” che azionò il telecomando della strage di Capaci, è ora libero

Giovanni Brusca, l’ex boss mafioso che detonò a distanza la bomba nella strage di Capaci, è stato rilasciato lo scorso 31 maggio. Brusca ha completato la misura della libertà vigilata ed è ora un uomo libero, senza più debiti con la giustizia. Brusca ha scontato 25 anni di detenzione e ha iniziato a collaborare con le autorità dopo il suo arresto.
Brusca, che ha ammesso di aver commesso o ordinato oltre 150 omicidi, ha scontato 25 anni di detenzione presso il carcere di Rebibbia a Roma. La sua condanna all’ergastolo è stata ridotta a 26 anni grazie alla sua collaborazione con la giustizia, iniziata dopo il suo arresto nel 1996. Attualmente vive sotto un programma di protezione, lontano dalla Sicilia e con una falsa identità.
La Strage di Capaci e l’Atroce Omicidio di Giuseppe Di Matteo
Il 23 maggio 1992, alle 17:56, Brusca azionò il telecomando che innescò l’esplosione di 500 chilogrammi di tritolo e nitrato d’ammonio, posizionati con uno skateboard in un tunnel sotto l’autostrada. Dalla collina, osservò il convoglio di Giovanni Falcone con un binocolo mentre premeva il pulsante, causando una deflagrazione talmente potente da essere registrata dagli esperti che monitoravano i tremori vulcanici dell’Etna. La strage di Capaci uccise il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Tra i crimini più efferati di Brusca spicca l’omicidio di Giuseppe Di Matteo, un bambino di 12 anni figlio di un collaboratore di giustizia. Il ragazzo fu rapito nel novembre 1993 e tenuto prigioniero per 779 giorni. Nel gennaio 1996, all’età di 15 anni, fu strangolato e il suo corpo sciolto nell’acido, un atto barbaro volto a costringere il padre a ritrattare le sue dichiarazioni contro Cosa Nostra.
Reazioni Amareggiate e Polemiche Politiche
Il rilascio di Giovanni Brusca ha scatenato accese polemiche e profondo sgomento in tutta Italia. Tina Montinaro, la vedova di Antonio Montinaro, capo scorta di Giovanni Falcone, ha espresso con amarezza: “Il ritorno in libertà di Giovanni Brusca ci amareggia molto, moltissimo. Questa non è giustizia per i familiari delle vittime della strage di Capaci e di tutte le altre vittime. Lo so che è stata applicata la legge ma è come se non fosse mai successo niente…“. La Montinaro, a capo dell’associazione “Quarto Savona Quindici” (nome dell’auto di scorta del marito), pur riconoscendo la collaborazione di Brusca, ha ribadito: “non bisogna assolutamente dimenticare che anche i collaboratori sono dei criminali. Non sono diventate persone per bene. E noi familiari delle vittime in questo modo non ci sentiamo rispettati“.
Anche Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, ha commentato il rilascio di Brusca. Sebbene umanamente addolorata, ha sottolineato che la legge, voluta anche dal fratello, deve essere rispettata. Diversi politici italiani, inclusi Matteo Salvini ed Enrico Letta, hanno duramente criticato la decisione, evidenziando il forte impatto emotivo e morale che tale scarcerazione ha avuto sull’opinione pubblica.