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Emergenza femminicidi. Roia, magistrato: “Manca la condanna sociale, si giustifica ancora”

I femminicidi in Italia rappresentano sempre di più una vera e propria emergenza nazionale. Dal 1° gennaio al 28 maggio in Italia sono stati commessi 129 omicidi: 45 sono femminicidi, di cui 37 avvenuti in ambito familiare o affettivo. Ventidue di queste donne hanno trovato la loro morte per mano del partner o dell’ex partner. I dati arrivano dalla Direzione centrale della polizia criminale all’indomani della scoperta del tragico femminicidio di Giulia Tramontano, uccisa sabato scorso a Milano dal suo fidanzato, Alessandro Impagnatiello

Numeri importanti che testimoniano l’urgenza di un vero e proprio cambiamento culturale come ha dichiarato questa mattina, in una lunga intervista al Corriere della Sera, Fabio Roia, presidente vicario del Tribunale di Milano che da anni di occupa di femminicidi e di violenze di genere. Per Roia il cambiamento deve passare attraverso una vera e propria ri-educazione maschile. “Nel nostro contesto culturale è ancora incrostata l’idea che la donna sia qualcosa di mia proprietà di cui posso disfarmi. Lo squilibrio di potere nei rapporti tra i sessi è ancora forte. Un cambiamento c’è ma è lento, non c’è stata ancora una svolta. Perché i messaggi che arrivano dalla società sono contraddittori”.

Questi gesti, anche nelle rappresentazioni mediali, trovano molto spesso delle giustificazioni: il troppo amore, il raptus, la gelosia. “Non è sempre corretta quando si parla di femminicidi anche nella scelta delle parole: si tende ancora a voler trovare una giustificazione, un’attenuante al gesto dell’uomo. E poi, manca ancora una vera condanna sociale della violenza: quella che si costruisce nella quotidianità. E parlo anche ai miei colleghi di genere maschi, reagendo alle battute sessiste o a tutte le situazioni in cui la donna è oggettivizzata”.

Il magistrato, poi, parla direttamente alle donne. “Rivolgersi a un centro anti-violenza dove figure competenti, avvocate e psicologhe, sono pronte ad ascoltare: focalizzare il problema, riconoscere la violenza è il primo passo. Le donne che ne sono vittima spesso non la vedono, anzi la sminuiscono perché sono manipolate psicologicamente da un partner o da un ex maltrattante. Addirittura, se ne addossano psicologicamente la colpa. La denuncia è, se necessaria, un passo successivo”. 

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