“Chi l’ha visto?” 26/11, le ultime ore di Claudio, Marzia torturata?
La puntata di ieri di “Chi l’ha visto?” è tornata su tre casi irrisolti — Resinovich, Mandia, Capezzuti — con testimonianze inedite.

La puntata di Chi l’ha visto? andata in onda il 26 novembre 2025 è stata una delle più tese e dense degli ultimi mesi, un flusso continuo di testimonianze, smentite, ricordi laceranti e possibili svolte che hanno lasciato gli spettatori con il fiato sospeso. In studio e nei collegamenti si sono intrecciate voci vecchie e nuove, ipotesi inattese e versioni contrastanti che, seppure da prendere con cautela, hanno riportato l’attenzione su tre storie che continuano a chiedere giustizia. Fin dai primi minuti, la sensazione era quella di assistere a una puntata destinata a far discutere per giorni.
Tre casi, tre verità che potrebbero incrinarsi
La prima parte della trasmissione si è concentrata sul caso di Liliana Resinovich. Oltre alla nota questione dei “sacchi neri” che un pizzaiolo, conoscente di Liliana e suo marito Sebastiano visintin, avrebbe riferito di aver consegnato alla donna consegnato poco prima della scomparsa, la puntata ha riportato anche le reazioni del fratello di Liliana, Sergio, che ha manifestato scetticismo verso questa presunta nuova svolta, definendola poco convincente e sostenendo che potrebbe non portare a nulla di concreto. “Io questo ristoratore non l’ho mai visto. Quello che mi chiedo e come mai sia andato da Sebastiano e non direttamente in Procura o in Questura” ha spiegato l’uomo. L’uomo ha inoltre accennato a degli elementi controversi legati alla figura di Sebastiano, come il caso della GoPro, formattata in modo misterioso. Ad ogni modo se le dichiarazioni del pizzaiolo fossero confermate, il quadro intorno agli ultimi giorni di Liliana apparirebbe ancora più complesso e problematico.
La seconda parte della serata ha riportato l’attenzione su un caso tra i più delicati: quello di Claudio Mandia, il giovane studente morto negli Stati Uniti dopo essere stato espulso dalla EF Academy per aver copiato un compito di matematica. In trasmissione è stato mostrato un video, in cui Claudio è seduto assieme a degli amicic he vogliono salutarlo per l’ultima volta. Il tutto avviene sotto lo sguardo severo di due supervisori, come se Claudio fosse trattato alla stregua di un soggetto “attenzionato” o a rischio. Sempre nel video si vede uno dei suoi compagni di scuola consegnargli una cassetta degli attrezzi, e proprio con quegli strumenti — secondo alcune ricostruzioni — il ragazzo si sarebbe poi tolto la vita.
La puntata ha inoltre riferito che, dopo la sua espulsione, e in attesa che i genitori venissero a riprenderselo, Claudio sarebbe stato isolato in una stanza bianca affacciata su un cortile vuoto, senza possibilità di uscire e con una sorveglianza rigida. In una delle giornate precedenti alla sua morte, si sarebbe trovato addirittura senza mangiare, ricevendo soltanto qualche bocconcino di pollo impanato nel pomeriggio. L’unica persona autorizzata a vederlo sarebbe stata sua sorella Martina, anche lei iscritta alla EF Academy, ma le sarebbe stato impedito di entrare nella stanza o di abbracciarlo. Una condizione che, se confermata, somiglierebbe più alla detenzione che alla gestione disciplinare di uno studente.
Il terzo blocco, tra i più emotivamente devastanti, ha riguardato il caso di Marzia Capezzuti. La trasmissione ha mostrato in aula Annamaria, figlia di Barbara Vacchiano, gridare dinanzi al giudice che sua madre è un’ “assassina”, dichiarando inoltre che da bambina sarebbe stata lei stessa vittima di maltrattamenti. Durante la puntata sarebbe emersa anche un’altra testimonianza: la stessa Annamaria ha raccontato che una volta, Barbara avrebbe costretto Marzia a ingoiare una sigaretta accesa dopo che il marito di Annamaria ne aveva chiesta una alla suocera.
Tre storie, tre sofferenze, tre nuclei familiari ancora immersi nel dolore e nell’incertezza. Eppure, nonostante la mole di ipotesi e dichiarazioni emerse, tutto resta sul tavolo come materiale da verificare, incrociare, contestualizzare. Il ruolo della trasmissione, ancora una volta, è stato quello di dare voce a ciò che spesso resta ai margini delle indagini, raccogliendo racconti e ricordi che — veri, parziali o deformati che siano — testimoniano un bisogno urgente di luce.
E mentre i casi Resinovich, Mandia e Capezzuti continuano a cercare una ricostruzione coerente, la puntata del 26 novembre 2025 ha lanciato un messaggio potente: niente può essere considerato definitivamente chiuso finché c’è ancora una voce che chiede di essere ascoltata. Perché la giustizia, in fondo, è un dialogo continuo tra ciò che è accaduto e ciò che non sappiamo ancora.
