Spettacolo Italia

Sanremo 2026, sale la “febbre dell’Ariston”

Carlo Conti, riconfermato alla conduzione di Sanremo, ha svelato i trenta cantanti tra ritorni, figli d’arte e grandi assenti.

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La lunga attesa sta terminando, oramai il Festival di Sanremo è tornato a occupare il centro del dibattito mediatico italiano. Ogni anno l’annuncio dei Big in gara diventa uno specchio del momento musicale e culturale del Paese, tra entusiasmi e inevitabili delusioni. Anche questa volta la lista ufficiale ha acceso discussioni, confronti e polemiche ancor prima che si accendano le luci dell’Ariston. Trenta nomi scelti per rappresentare mondi diversi, generazioni lontane e linguaggi musicali spesso inconciliabili. Un mosaico che promette di raccontare molto più di una semplice gara canora.

Tra veterani, scommesse e assenze che fanno rumore

Carlo Conti ha costruito il cast della 76ª edizione puntando su un equilibrio delicato tra grandi ritorni, volti noti e nuove scommesse. A dominare la scena sono innanzitutto i veterani, a partire da Patty Pravo, ancora una volta chiamata a confrontarsi con quel palco che l’ha vista arrivare più volte in finale senza mai conquistare la vittoria. Un ritorno che ha il sapore della sfida personale, così come quello di Francesco Renga, alla sua decima partecipazione dopo il trionfo del 2005.

Accanto a loro c’è Arisa, che cerca una nuova consacrazione dopo riconoscimenti importanti, mentre Raf prova a rientrare nel circuito sanremese dopo anni di assenza e di silenzio radiofonico. Scelte che parlano di continuità, ma anche di una nostalgia capace di esercitare ancora un forte richiamo sul pubblico. Tra le decisioni più discusse spicca la presenza della coppia formata da Fedez e Marco Masini, due percorsi artistici lontanissimi che si incontrano sul palco dell’Ariston, simbolo di un Festival che tenta di dialogare con pubblici differenti.

Grande attenzione è riservata anche ai figli d’arte. Leo Gassmann, figlio di Alessandro e nipote del grande Vittorio, Tredici Pietro, figlio di Gianni Morandi, e LDA, figlio di Gigi D’Alessio, rappresentano tre percorsi diversi ma accomunati dallo stesso banco di prova. Per loro Sanremo diventa più di una gara: è un esame pubblico di credibilità artistica, dove il cognome pesa quanto la canzone.

Ma Sanremo è anche il Festival delle assenze eccellenti, e nessuna è ormai più simbolica di quella dei Jalisse. Il duo, formato da Alessandra Drusian e Fabio Ricci, vinse il Festival nel 1997 con Fiumi di parole, un successo clamoroso che li portò anche all’Eurovision Song Contest. Da allora, però, la loro storia sanremese si è trasformata in un caso unico: decine di tentativi di ritorno, sempre respinti. I Jalisse sono diventati il simbolo di chi ha vinto Sanremo ma è rimasto ai margini del suo racconto ufficiale, alimentando negli anni interrogativi e solidarietà trasversali. Le ragioni delle continue esclusioni non sono mai state chiarite apertamente, ma il loro nome è ormai entrato nell’immaginario collettivo come quello degli “eterni esclusi”, una sorta di controstoria del Festival.

Accanto a loro, il cast prova a riaprirsi anche a linguaggi più contemporanei, con il ritorno di artisti come Dargen D’Amico e Ditonellapiaga, mentre le Bambole di Pezza rappresentano la vera sorpresa tutta al femminile, pronte a portare sul palco dell’Ariston un’attitudine diversa dal consueto.

La “febbre dell’Ariston” è ormai salita. E come ogni anno, tra canzoni, polemiche e casi irrisolti, Sanremo si prepara a raccontare ancora una volta la canzone italiana.

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