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Riccardi al figlio: “La forza di un uomo si misura da quanti stupidi gli danno addosso. Non dimenticarlo mai”

“Papà, perché devi morire?”. Mio figlio Antonio mi fa questa domanda a bruciapelo e guardandolo con meraviglia gli rispondo con un sorriso, spiegandogli che prima o poi tutti dobbiamo morire, ma che ovviamente si spera sempre il più tardi possibile.

 

Il mio piccolo Antonio continua, però, ad osservarmi perplesso ed insiste: “Papà, dei bambini mi hanno detto che hanno sentito dei signori grandi dire che il sindaco deve morire”. Ah, ecco. Ora tornano i conti. “Figlio mio – gli dico prendendolo in braccio – Devi sapere che in Italia così come l’arbitro è sempre cornuto, il sindaco è sempre colpevole di tutto e la gente si diverte a dire tante cattiverie, ma si tratta di sfoghi che lasciano il tempo che trovano. Stai tranquillo: papà per il momento non ha nessuna intenzione di morire”, concludo strizzandogli un occhio e regalandogli la risata più lieta, che cela però un grande rammarico.

 

E già, perché non è sicuramente piacevole per nessuno, neanche per chi si espone quotidianamente ad ogni tipo di critica ed ha le spalle grandi come le mie, apprendere di auguri di tal genere o leggere addirittura su fb l’hashtag #riccardidevemorire.


Rifletto quindi amaramente su quanto oggi i confronti, le parole e le critiche denotano sempre più spesso una bassezza ed una povertà di contenuti rivolti solo all’offesa ed alla denigrazione altrui. Una realtà virtuale che poi esplode nel reale fatta di urla, mezze verità fuorvianti che nulla costruisce se non episodi spregevoli che trovano terreno fertile nell’imbecillità. 

 


“Caro figlio mio – dico al mio Antonio guardandolo dritto negli occhi – La forza di un uomo si misura da quanti stupidi gli danno addosso. Non dimenticarlo mai”.

Angelo Riccardi
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Redazione

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