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PD Manfredonia sulla chiusura delle scuole il sabato

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Nella nostra città si sta discutendo da più giorni della decisione del Sindaco e dell’amministrazione comunale di far fronte all’emergenza energetica con la chiusura il sabato delle scuole, primaria e secondaria di primo grado, adottando la settimana corta. In una veloce ricognizione delle proposte emerse in più parti d’Italia, si parla di ‘ascolto’ delle parti coinvolte:famiglie, studenti, personale ata, sindacati, uffici scolastici territoriali, istituzioni scolastiche e amministrazioni, valutando possibilità e proposte, cercando di non sconvolgere una organizzazione che ha già varato il suo bastimento

. Quasi tutte queste discussioni, infatti, si sono svolte in prossimità dell’inizio dell’anno scolastico, come anche le consultazioni con le famiglie che si sarebbero dovute organizzare sulla base dei tempi scolastici. A Manfredonia invece se ne parla ad anno iniziato. Possibile che sia così facile far ricadere sui più piccoli problemi che gli adulti dovrebbero invece risolvere per loro?

Sono sconcertanti la semplificazione e la supponenza con cui si ribatte alle giuste e sacrosante obiezioni di chi sente ricadere sulle proprie spalle una risoluzione che, pure condivisibile nella sua preoccupazione – chi di noi non sente il peso della crisi in atto?- non viene argomentata sufficientemente né tantomeno affrontata con tutte le parti coinvolte. Siamo certi che tutta la cittadinanza è consapevole delle difficoltà in cui versa il paese, per questo un confronto sul ‘da farsi’ avrebbe potuto innescare una solidarietà a cui questa città non si è mai sottratta. Diversamente è più difficile sostenere sacrifici che vengono imposti senza proporre più e diverse opzioni, il rischio è di non sentirsi tutti sulla stessa barca, ma nella terza classe del Titanic, la parte sacrificabile.


Quel che non si condivide, nella sostanza, è il metodo adottato per giungere a questa decisione trascurando la cifra sociale e, osiamo dire, filosofica che informa la scuola: l’impronta partecipativa. Sarebbe stato sufficiente un franco dibattito per analizzare la questione in tutte le sue sfaccettature e verificare, informandone la città, la sostenibilità della valutazione costi-benefici che ha originato l’orientamento espresso.


I benefici sono noti. La riduzione dell’orario settimanale potrebbe anche consentire un ragguardevole risparmio, o almeno così dobbiamo supporre, considerato che non viene fornito alcun dato in merito. In ogni caso, grandezze economiche quantificabili.


Quel che nessuno si è preso la briga di considerare è il costo sociale che la misura in esame comporterebbe.


Si tratta, infatti, di una misura che, ad anno scolastico iniziato, imporrebbe la rimodulazione del quadro orario generale di istituto, con mortificazione delle ragioni di lavoratrici e lavoratori, genitori che hanno fatto ragionevole affidamento sull’assestamento del sistema scuola e su questo hanno calibrato i propri tempi e le modalità di conciliazione degli obblighi genitoriali con quelli lavorativi. Questione, dunque, che coinvolge i genitori degli alunni, così come il corpo docente, in gran parte nella doppia veste di lavoratore e genitore. Decisione che, oltretutto, impone la completa rivisitazione ed armonizzazione di tutti i servizi funzionali al comparto istruzione (trasporti, viabilità ecc). Il tutto da sommare ovviamente alla contrazione oraria delle lezioni, con riduzione delle attività di insegnamento.


Alla luce delle criticità rilevate e delle censure di metodo elevate, dobbiamo chiederci se davvero il beneficio ipotizzato è in grado di compensare il sacrificio imposto. Siamo, ancora una volta al cospetto di un’equazione irrisolta. Ipotizziamo il valore di x ma dell’incognita y non è dato conoscere grandezza e valore. Praticare con ostinazione metodi di quantificazione di beni immateriali, da contrapporre a ciò che è materiale e percepibile, dovrebbe diventare buona prassi, universalmente condivisa, prescindendo dal colore politico di cui si è portatori.

PD MANFREDONIA

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