Musica

Le canzoni in gara al Festival di Sanremo

Le canzoni in gara al Festival di Sanremo ed il parere dei critici di TGCOM che le hanno ascoltate in anteprima:

Achille Lauro feat. Harlem Gospel Choir, “Domenica” – Nel suo quarto anno consecutivo sul palco dell’Ariston Lauro porta una “Rolls Royce” versione 3.0, che rispetto all’originale ha una punta di rilassatezza in più e una di sfrontatezza in meno. Un usato sicuro al quale non manca l’appeal melodico ma dalla portata depontenziata. Ma nel suo caso non si può ignorare l’elemento scenico che accompagnerà la canzone. 

Giusy Ferreri, “Miele” – Torna a Sanremo dopo un’infilata di tormentoni estivi. E da quelli si porta dietro l’atmosfera latineggiante, come una coperta di Linus, e la mischia con una melodia vagamente disco. Divertente e non stucchevole, potrebbe avere vita lunga in radio.

Michele Bravi, “Inverno dei fiori” – “Tu insegnami come si fa a imparare la felicità” canta nel ritornello di un brano chiaroscurale in cui l’amore è fonte di salvezza. Canzone che al primo ascolto non decolla e dove sarà decisiva l’interpretazione. 

Rkomi, “Insuperabile” – Un riff preso di peso dai manuali del rock blues (vedi alla voce “Personal Jesus” dei Depeche Mode), un ritmo martellante e lui che canta alternando approccio melodico e flow scatenato. Il brano è trascinante e pensato apposta per far battere il piedino a tempo. Con il suo impatto positivo potrebbe far breccia. 

Irama, “Ovunque sarai” – L’Irama che non ti aspetti. Messi da parte ritmi latini e reggaeton, si affida ad archi, pianoforte e un’orchestrazione ricca puntando tutto sul pathos. Un brano intenso, con una scrittura classica. Ha in mano un cavallo di razza, starà a lui fargli dare il massimo. 

Noemi, “Ti amo non lo so dire” – Mahmood e Dario Faini (Dardust) le cuciono addosso un brano che la traghetta dal passato all’oggi: l’avvio è quello di una classica ballad della Noemi romantica, salvo poi esplodere in un pezzo pop-dance carico di elettronica. Il testo fluviale forse non aiuta a far breccia subito, ma i ganci melodici non mancano. 

Massimo Ranieri, “Lettera al di là del mare” – In un Festival in cui la maggior parte delle canzoni sono frutto di un plotone di autori, lui si presenta con una canzone firmata dal solo Fabio Ilacqua. E fa bene, perché il brano esalta tutte le sue doti: quelle teatrali, nella strofa che ha radici folk e quelle della grande vocalità nell’apertura melodica del ritornello. In questo Sanremo gareggia in un campionato a parte, ma di gran classe.

Aka7even, “Perfetta così” – Direttamente da “Amici” e da un premio agli ultimi MTV European Music Awards, dà libero sfogo alla sua attitudine tra rock e cantautorato. Melodia e ritmo ci sono, ma l’impressione è che alla fine rimanga sospeso tra i due mondi.  

Emma, “Ogni volta è così” – Torna in gara dieci anni dopo la sua vittoria e si affida a una coppia di autori di peso (Davide Petrella e Dario Faini). Loro riescono a mettere insieme classico e moderno per una Emma nella sua versione migliore: sensuale nella strofa e misurata anche quando la canzone decolla e si apre alla vocalità più piena. A dirigere l’orchestra per lei ci sarà Francesca Michielin.

Highsnob & Hu, “Abbi cura di te” – Per molti sono un oggetto misterioso e anche grazie a questo potrebbero la sorpresa. La loro canzone ha un ritornello accattivante e delicato, peccato che ci si arrivi un po’ a fatica con una strofa che, di contro, ha bisogno di qualche ascolto in più. Una proposta tutt’altro che banale, con grosse potenzialità di crescita.

Iva Zanicchi, “Voglio amarti” – Quota “Sanremo di una volta”. Che non va inteso in senso dispregiativo. Una ballata robusta che guarda alla tradizione cercando però di tenersi a giusta distanza dal kitsch. Inutile dire che in questo caso l’interpretazione è un valore aggiunto. 

Dargen D’Amico, “Dove si balla” – Il cantautorapper punta tutto sulla dance e sulle endorfine. Al netto dei suoni, è un’esplosione di allegria che guarda agli anni 80. “Fottitene e balla, tra i rottami balla” canta nel ritornello, riassumendo perfettamente il senso del brano e, forse, anche del Festival. 

Sangiovanni, “Farfalle” – Orecchiabile, ballabile, facile da memorizzare e con tutte le caratteristiche che hanno fatto di Sangiovanni un fenomeno del mondo giovanile. Forse non strutturata per vincere il Festival, ma si possono aprire le scommesse sul numero da capogiro di streaming che farà.

Yuman, “Ora e qui” – Una bella voce e una sincera anima soul che vengono messe al servizio di un pezzo elegante che riporta alla mente il mondo di Alex Baroni. E già questo è tanto. 

La rappresentante di lista, “Ciao ciao” – Un basso rotolante, la cassa in quattro ed è subito travolgente disco dance. E’ l’unica canzone che mette insieme mood leggero con un testo che non ignora il contesto storico, in un contrasto che si giova delle giuste melodie. Come canta Veronica Lucchesi “la fine del mondo è una giostra perfetta”. E anche un sacco divertente.


Mahmood & Blanco, “Brividi” – Mahmood lascia il fido Dardust e, abbracciando Blanco e la sua scrittura, sorprende con un lento avvolgente. Una struttura tradizionale e cristallina dove l’elemento di rottura è il mix delle due voci. Può fare presa su un pubblico molto variegato. 

Gianni Morandi, “Apri tutte le porte” – Si rinnova la collaborazione con Jovanotti. Ma se “L’allegria” era un tuffo nel mondo di Jova, questa volta la canzone è un omaggio alla storia del cantante di Monghidoro. Tra “Jeeg Robot d’Acciaio” e “Bandiera gialla”, con un ritornello anni 60 doc e con tanto di break per prendere il fiato. Un pastiche un po’ slegato ma molto divertente.

Matteo Romano, “Virale” – Arriva da “Sanremo giovani” ma soprattutto è una star di TikTok, dove fa numeri strabilianti. E fedele alla sua tradizione e al titolo del pezzo, si presenta con un brano che virale potrebbe diventarlo per i suoi break e le frasi perfette per essere prese ed utilizzate ad hoc.

Le Vibrazioni, “Tantissimo” – La casella rock quest’anno sembra essere a loro appannaggio, con un approccio ben diverso da quello che fu dei Maneskin. Introdotto da un attacco che ha il sapore dei Kiss più disco, il brano è una cavalcata che fa della dinamica e dell’energia i suoi punti di forza. Come già successo in passato, sul palco Sarcina e soci potrebbero dargli una spinta in più.

Fabrizio Moro, “Sei tu” – Tra rock e tanta disco dance, lui occupa un posto lasciato vacante: quello della canzone d’amore, semplice e diretta, dove piano e voce la fanno da padroni. La semplicità spesso paga ma qui si attende un guizzo che tarda ad arrivare. Da risentire.

Elisa, “O forse sei tu” – Torna a vent’anni dalla sua unica partecipazione, quando vinse con “Luce”. Di acqua sotto i ponti da allora ne è passata, ed Elisa ha mutato le sue coordinate musicali. Una canzone delicatamente romantica con un crescendo che può essere vincente. Ma in questi anni non è cambiata solo Elisa, ma anche il Festival. E potrebbe non bastare. 

Ditonellapiaga e Rettore, “Chimica” – Sfrontatezza e divertimento, in un brano synth pop che contiene l’unico verso che potrebbe sollevare qualche polemica (“e non mi importa del pudore / delle suore me ne sbatto totalmente”). Due mondi all’apparenza lontani che si incontrano felicemente e con grande… chimica. Il ritornello poi entra in testa in un nanosecondo.

Giovanni Truppi, “Tuo padre, mia madre, Lucia” – C’è dentro di tutto: un po’ di De Andrè, il cantautorato romano, la melodia più pura, rallentamenti ritmici e frenetiche cascate di parole. Negli anni 70 e 80 ci si lamentava perché i cantautori disertavano Sanremo. Truppi ce li ha portati adesso tutti in un colpo, giocando su un terreno difficile. Forse troppo.

Tananai, “Sesso occasionale” – L’attacco sembra un classico di Gino Paoli degli anni 60 ma il paragone si ferma lì. Spensierata, quasi estiva nella sua leggerezza racconta di innocenti scappatelle: “Baby ma dai cosa c’è / quell’altra non mi è mai piaciuta”

Ana Mena, “Duecentomila ore” – La cantante spagnola dopo i successi estivi si presenta da sola, ma il fido Rocco Hunt è dietro le quinte a scrivere per lei. Una canzone dance che affonda le radici nella musica popolare, saltellando tra la pista della discoteca e quella della balera. Senza troppe pretese.

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Redazione

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