La “maledizione” dei Kennedy continua: la malattia di Tatiana
Una dinastia americana segnata da celebrità, potere e tragedie: i casi più emblematici della cosiddetta “maledizione" dei Kennedy.

Sin dai decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, la famiglia Kennedy è stata percepita non solo come una dinastia politica, ma come un pantheon moderno. Attorno a loro si è costruita un’aura quasi sacrale, alimentata dal fascino, dall’eleganza, dalla comunicazione magnetica e da quel misto di giovinezza e potere che nessun altro clan americano ha mai saputo incarnare. John F. Kennedy, più di tutti, finì per assumere i tratti di un profeta laico, una figura capace di guidare una nazione non solo con programmi politici, ma con una visione quasi spirituale del futuro, proiettata verso progresso, diritti e rinnovamento. Questa costruzione collettiva collocò lui e la sua famiglia in un Olimpo sulla Terra, figure luminose e inarrivabili, eppure percepite come profondamente vicine al popolo americano.
Ma c’è anche l’Italia come ammiratrice di questa famiglia. Prendiamo per esempio l’interesse di Walter Veltroni, che nasce da una vera fascinazione politica e culturale che coltiva fin da ragazzo. Veltroni vede in John e Robert Kennedy un modello di leadership progressista, moderna, capace di unire idealismo e pragmatismo. Nel corso degli anni ha studiato a fondo la loro vicenda, li ha citati spesso nei suoi discorsi e ha dedicato loro libri e documentari, perché nei Kennedy ritrova l’idea di una politica etica, visionaria e profondamente umana. Per lui rappresentano un paradigma di ciò che la politica dovrebbe essere: impegno civile, coraggio e speranza concreta nel cambiamento.
E ricordiamo anche Il Paradiso delle Signore, nota soap Rai ambientata negli anni ’60, che in una delle scorse stagioni cita e omaggia più di una volta la famiglia Kennedy con Jacqueline, alla quale, pur non comparendo, viene inviato un video in cui viene mostrata un’Italia felice e maestra della moda (rappresentata in questo caso dai grandi magazzini del Paradiso) e la morte di John, momento triste in cui il personaggio di Vittorio Conti ricorda come il presidente Kennedy fosse colui che più degli altri credeva nel potenziale umano.
Proprio in questa vicinanza, però, si annidava una verità più complessa: l’immagine divina non impedì che i Kennedy fossero travolti anche da controversie, ombre e critiche, che spesso si intrecciavano con la loro stessa ascesa. Dagli scandali politici alle tensioni interne, dalle indiscrezioni sentimentali alle accuse di abuso di potere, ogni gesto veniva amplificato dal ruolo simbolico che la famiglia aveva conquistato. E mentre l’America li guardava come eroi tragici, la stampa ne scrutava ogni fragilità.
Il patriarca Joseph P. Kennedy Sr. spinse i figli verso un destino di vittorie e grandezza, ma accanto ai successi cominciarono ad accumularsi eventi drammatici: incidenti mortali, lutti improvvisi, crisi personali. La sequenza divenne così impressionante che, in un momento di dolorosa introspezione, Ted Kennedy arrivò a chiedersi se “qualche terribile maledizione incombesse davvero su tutti i Kennedy”, frase che finì per incarnare il senso di fatalità che, da decenni, avvolge la famiglia.
È in questa dimensione sospesa tra gloria e rovina che si inserisce l’ultimo capitolo della loro storia: la recente diagnosi di Tatiana Schlossberg, che molti hanno interpretato come un nuovo e doloroso segno dell’eredità tragica che accompagna il clan più celebre della storia contemporanea.
Un’eredità di tragedie
Tra i primissimi casi ricordati figura il fratello primogenito, Joseph P. Kennedy Jr., che morì nell’agosto 1944 in un’incursione aerea durante la Seconda guerra mondiale. Qualche anno dopo, Kathleen “Kick” Kennedy si schiantò in aereo nel 1948. La fama della “maledizione” si amplificò con l’assassinio di John F. Kennedy il 22 novembre 1963 a Dallas, mentre ricopriva il ruolo di Presidente degli Stati Uniti. Poco più di quattro anni dopo, l’11 giugno 1968, Robert F. Kennedy fu assassinato durante la campagna presidenziale. La lista non si ferma qui, basti pensare allo schianto aereo del 1999 in cui morì John F. Kennedy Jr. insieme alla moglie Carolyn Bessette e la cognata Lauren Bessette. Oppure l’episodio dell’isola di Chappaquiddick Island (1969) durante cui Ted Kennedy provocò la morte di Mary Jo Kopechne.
Nella lunga sequenza di drammi che hanno alimentato la fama della “maledizione”, non si possono ignorare anche le controversie giudiziarie che hanno coinvolto alcune figure della famiglia allargata. Tra queste spicca il caso di Michael Skakel, cugino dei Kennedy, accusato dell’omicidio della quindicenne Martha Moxley, avvenuto nel 1975 a Belle Haven. Il caso divenne uno dei più discussi degli anni Novanta e Duemila: Skakel venne condannato soltanto nel 2002, dopo decenni di indagini e riaperture, ma la condanna fu poi annullata, consentendone la scarcerazione. Molti osservatori sottolinearono come il peso e l’influenza del nome Kennedy avessero contribuito in maniera determinante al suo percorso giudiziario, insinuando l’idea che anche le ombre del clan fossero in qualche modo protette da un’aura di intoccabilità. Questo episodio, già inquietante di suo, andò a rafforzare il mito di una famiglia sospesa tra gloria pubblica, tragedie oscure e zone grigie mai del tutto illuminate.
Il caso più recente: Tatiana Schlossberg
Nel novembre 2025 un’ulteriore, drammatica notizia ha sollevato nuove riflessioni: Tatiana Schlossberg, 34 anni, figlia di Caroline Kennedy (a sua volta figlia di JFK) e di Edwin Schlossberg, ha rivelato di essere affetta da una leucemia mieloide acuta in fase avanzata; i medici le avrebbero dato al massimo un anno di vita. In un reportage, Tatiana ha scritto che la malattia è emersa poco dopo la nascita del suo secondo figlio, un evento che ha trasformato una gioia in angoscia. La Schlossberg ha inoltre espresso un’accusa pesante che ha colpito l’opinione pubblica americana: sempre nel suo saggio, ha indicato Robert F. Kennedy Jr., oggi Segretario alla Salute degli Stati Uniti, come uno dei responsabili indiretti del peggioramento della ricerca medica. Secondo lei, le recenti restrizioni ai finanziamenti federali e le scelte politiche compiute dal cugino avrebbero inciso negativamente proprio su quelle linee di studio che avrebbero potuto offrire nuove prospettive terapeutiche alla sua malattia. Questo elemento, già di per sé drammatico, ha aggiunto ulteriore tensione all’interno di un clan che da decenni alterna momenti di unione a fratture profondissime.
Una riflessione sulla “maledizione”
È facile cadere nell’idea romantica o “da romanzo” di una maledizione che perseguita un clan così esposto al pubblico, ma occorre bilanciare con rigore giornalistico e storico. Prima di tutto, la famiglia Kennedy è una delle più numerose e più sotto osservazione pubblica. In decenni di vita sotto i riflettori, ogni incidente assume un rilievo amplificato. Anzi, alcuni storici suggeriscono che fenomeni come l’abuso di alcol o droghe, gli incidenti aerei privati, la pressione politica e mediatica, possano creare un terreno fertile per tragedie, più che un destino scritto. Detto ciò, il fatto che molti eventi possano essere ragionati separatamente – come errori di pilotaggio, condizioni mediche, comportamenti di rischio – non scalfisce l’interesse pubblico verso questo senso di ripetizione. Quando una famiglia simbolo del sogno americano, del “New Frontier”, vive successi enormi e dolori profondi, la storia assume spessore quasi epico.
In definitiva, ciò che rimane è una doppia eredità: da un lato l’impronta indelebile nella storia politica, culturale e sociale degli Stati Uniti; dall’altro un catalogo doloroso di storie personali, in cui il privilegio non ha saputo evitare la fragilità.
Commento finale
La storia della famiglia Kennedy è un affresco che unisce luce e ombra: aspirazioni rivoluzionarie, carisma collettivo, ma anche lutti, fallimenti e dolori che attraversano generazioni. Da John F. Kennedy a Robert F. Kennedy, da John F. Kennedy Jr. a Tatiana Schlossberg la lista è lunga e drammatica. È imprescindibile analizzare con cura, senza cadere nel facile sensazionalismo, ma riconoscendo che certe vicende non possono essere ignorate.
Questa “maledizione” – che può essere letta come metafora, come condizione mediatica o come sfortunata concatenazione di eventi – ci ricorda che fama e potere portano anche un peso invisibile: quello della vulnerabilità umana. Nel raccontare queste storie dobbiamo ricordare che dietro i titoli e le icone ci sono persone, affetti, famiglie e speranze spezzate.
