Incendio Oasi Lago Salso e il silenzio delle istituzioni

Incendio Oasi Lago Salso e il silenzio delle istituzioni
La Riviera Sud Brucia: Un Silenzio Che Urla Più del Fuoco
La Riviera Sud di Manfredonia è sotto un’evidente pressione, colpita da una serie di incendi dolosi che non possono e non devono lasciare indifferenti. Prima Oasi Laguna del Re, un simbolo di legalità e di rinascita ambientale, duramente colpita; poi, gli inquietanti depositi abusivi di ecoballe, vere e proprie ferite aperte nel cuore del nostro territorio; e ora, il recentissimo attacco all’Oasi Lago Salso.
Quest’ultimo episodio, in particolare, si configura come un segnale di gravissima escalation, una provocazione che non può che suscitare profondo allarme in ogni cittadino. Il rogo è stato appiccato in un’area dove è presente un Comando Stazione dei Carabinieri Forestali: un gesto che, pur senza voler attribuire responsabilità dirette a chi non ha appiccato il fuoco, manifesta una preoccupante sfacciataggine e un disprezzo per le regole e per le forze dell’ordine che vi operano.
A fronte di questa aggressione al territorio, avevo sollecitato un intervento immediato e coordinato delle istituzioni, per non lasciare solo il Comune di Manfredonia. Il mio personale appello al Presidente della Provincia e al Presidente della Regione è, tuttavia, caduto nel vuoto più totale. Un silenzio assordante, che si estende, incomprensibilmente, anche all’Ente Parco, che per statuto è chiamato in prima linea a tutelare proprio questi beni.
Questo prolungato silenzio non è, purtroppo, una novità. Sono ormai cinque anni e mezzo che l’Oasi Lago Salso è chiusa al pubblico. Cinque anni e mezzo durante i quali, nonostante una petizione firmata da esperti a livello internazionale e innumerevoli segnalazioni e denunce da parte nostra, nessuna risposta è giunta dai livelli politici e amministrativi rilevanti. Abbiamo altresì dimostrato, attraverso il lavoro concreto svolto all’Oasi Laguna del Re, come un’area umida possa essere gestita con successo e recuperata. Eppure, ogni nostro allarme, ogni richiesta di intervento, è rimasto costantemente inascoltato.
Nel frattempo, mentre i convegni sulla legalità si susseguono e le parole risuonano in pompa magna, si avverte con amarezza la mancanza di un’azione politica decisa che, anche nei confronti dei vari livelli di governo, manifesti un dissenso attivo verso uno status quo che, nei fatti, ha permesso il perdurare di tale situazione. Una Regione che, purtroppo, non ha dato il supporto atteso al nostro grido di dolore, nel vedere cancellato quanto con grande fatica il Centro Studi Naturalistici/ Pro Natura e il WWF avevano costruito.
In Capitanata, la legalità rischia di essere percepita come una bandiera issata solo per convegni impeccabili, consulte virtuose e marce cariche di buone intenzioni: un’occasione per “sciacquarsi la bocca”, forse. Ma al di là di questa messa in scena, l’amara verità è che, conclusa la “festa”, troppo spesso tutto torna allo stato precedente. Un silenzio che urla più di mille parole, proveniente da chi dovrebbe tutelare e da chi, nella società civile, si prodiga nell’elargire patenti. Che non ci si meravigli, quindi, se poi l’idea di dover “convivere” con certi fenomeni non appare più così remota, quasi un’ineluttabile rassegnazione.
L’impunità con cui certi fenomeni di illegalità continuano a operare, mostrando il proprio controllo sul territorio attraverso l’abbandono indiscriminato di rifiuti, l’abusivismo e l’arma del fuoco, è una realtà che pesa gravosamente. Noi, ambientalisti e cittadini che crediamo ancora nello Stato di diritto, ci sentiamo sempre più soli.
Continuiamo a scrutare l’orizzonte, attendendo segnali concreti, azioni tangibili che dimostrino una reale e inequivocabile volontà di contrasto a questa deriva. Il tempo delle parole è finito, ora servono i fatti e non lacrime di coccodrillo.
Dott. nat. Vincenzo Rizzi – vice presidente nazionale della Federazione Pro Natura