Storia

Gigino e Fernanda: l’amore oltre l’amore

“Gigino, torna presto”, gli aveva detto uno dei fratelli più piccoli tirandogli la manica della giacca. E lui aveva promesso: “Tornerò prestissimo”. Luigi Gramazio era un falegname di Manfredonia e suo padre non aveva fatto in tempo a finire d’insegnargli tutti i trucchi del mestiere, quando arrivò la chiamata per la leva obbligatoria. Mentre assolveva il suo obbligo, però, nel 1940 l’Italia entrò in guerra.

Battaglia dopo battaglia, giunse il 1943. Il giovane manfredoniano si trovava in Liguria, lontano da casa e senza la possibilità di mandare sue notizie ai familiari, che ormai lo credevano morto; viveva alla giornata e, non essendo né fascista né partigiano, doveva schivare quotidianamente rappresaglie dai partigiani che lo credevano fascista, e dai tedeschi che lo credevano un partigiano. Iniziò a girovagare con la paura di essere fatto prigioniero e poi un giorno, con un pizzico di audacia, si presentò presso il distaccamento dei vigili del fuoco di Sanremo e riuscì ad entrare a far parte della squadra.

Ma proprio a Sanremo, un luogo in cui era giunto per caso e che gli ricordava tanto Manfredonia, la sua città natale, incontrò la ragazza che gli rapì il cuore. Si chiamava Fernanda ed aveva poco più di 20 anni, proprio come lui. Con gli occhi chiarissimi ed i capelli biondi, sembrava un angelo. Lei lo osservava timidamente dal balcone quando lui andava a bere qualcosa al bar di fronte casa sua. Lui ricambiava lo sguardo e, quando doveva andar via, non vedeva l’ora che arrivasse il giorno successivo per tornare a guardarla dai tavolini del bar.

La presenza di Luigi a Sanremo non era però passata inosservata ad un partigiano che, convinto fosse un fascista infiltrato tra i pompieri, voleva ammazzarlo. Dopo averne osservate le abitudini per alcuni giorni, decise di sparargli al bar: arrivò, estrasse la pistola ed iniziò ad inveirgli contro, ma mentre stava per premere il grilletto, Fernanda dal balcone urlò: “Fermo, è il mio fidanzato! Non è fascista. Stiamo per sposarci”.

Gigino aveva chiuso gli occhi più forte che poteva, pensando alla sua mamma, alla sua casa, al papà e ai fratelli, e quando la voce di Fernanda giunse all’improvviso a fermare la mano del suo assassino, credette di essere morto e che quella meravigliosa fanciulla, di cui a stento sapeva il nome, fosse un angelo del paradiso. Invece era tutto vero, il partigiano colpito dal gesto della ragazza lo graziò e da quel giorno lui e Fernanda si ‘fidanzarono’ per davvero. Mandò una cartolina alla sua famiglia raccontando di essere sano e salvo e iniziò a frequentare la meravigliosa fanciulla che gli aveva salvato la vita.

Dopo qualche tempo, Luigi portò Fernanda a Manfredonia per presentarla ai suoi. La frustjire (forestiera) a spasso per corso Manfredi attirava gli sguardi degli uomini e faceva invidia alle donne. Alla famiglia, però, non piaceva.

Gira e volta, volta e gira…, Fernanda tornò a Sanremo. Lei e Luigi continuarono a sentirsi per alcuni anni scrivendosi lunghe ed accorate lettere. Poi ognuno si rifece una vita. Luigi diventò un rinomato falegname, conosciuto in città come Gigino Gramazio u’ maste carrjire (maestro carrettaio). Nella sua bottega in via delle Antiche Mura, vicino Torre De Angelis, produceva ruote per carri e carretti, sedie e mobilia, con stile e bravura. Un giorno incontrò una bella e brava ragazza, Maria, e si sposarono. Non ebbero mai figli. Di tanto in tanto raccontava in giro, e anche a sua moglie, di quella frustjire che gli aveva salvato la vita. Anche Fernanda si sposò. Ebbe dei figli, ma poi divorziò. Di tanto in tanto raccontava in giro con nostalgia di quel ragazzone buono e lavoratore.

Passano gli anni. I due ex fidanzati sono quasi ottantenni, quando Fernanda decide di partecipare ad un pellegrinaggio alla tomba di Padre Pio. Con l’aiuto dei figli, rintraccia Luigi e si danno appuntamento a San Giovanni Rotondo.

L’emozione di rivedersi dopo quasi sessant’anni è immensa e si legge appieno nei loro occhi, che sono tutto ciò che resta di uguale nei visi profondamente solcati dal tempo e dalle vicissitudini. Iniziano a parlare del più e del meno, delle rispettive famiglie, delle loro vite. Passeggiano su e giù nel viale di San Giovanni tenendosi teneramente per mano per sostenere a vicenda i passi incerti.

Poi si salutano con gli occhi velati da lacrime di commozione.
Poco tempo dopo, nel luglio del 2010, Gigino muore. Un nipote, a cui lo zio aveva raccontato tante volte di Fernanda, decide di cercarla per darle la notizia. Chiama una figlia, l’avverte e poi resta di sasso al telefono: “Anche mia madre non c’è più”.

Sessant’anni lontani. Sessant’anni senza essersi mai dimenticati. Sessant’anni per rivedersi e salutarsi, per poi poter partire sereni per l’ultimo viaggio, lontani, ma ancora insieme. Sessant’anni d’amore…, oltre l’amore.

Maria Teresa Valente

NB: Ringrazio Pio Gramazio per avermi raccontato l’emozionante storia di suo zio Gigino, che ho voluto pubblicare nel giorno di San Valentino.

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Redazione

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