Storia

23 marzo 1946: Zio Matteo e il Capitano Masone con Padre Pio

La foto dietro, riporta una scritta a penna il  giorno 23 di marzo del 1946. Quando mio zio affiancava il capitano americano, Masone,famiglia di emigranti della zona del Beneventano, lo zio del capitano faceva il sacerdote in una città dell’America.

A quel tempo il Quartier Generale era laCapitaneria di Manfredonia, che profumava di primo mattino appena scoccato, quella delizia di pulito arrivava dalla fitta boscaglia dall’Arena Giardino, nata nel 1939,conteneva 4200 posti a sedere,con la sua vegetazione davvero strepitosa e foltissima era nella sua raffigurazione un’enorme polmone ombroso,ventilato di aria freschissima che spandeva ossigeno per tutta la città, se solo sapeste quant’aria circolava e quanto benessere portava al paese che, rigoglioso, riempiva di odori e di simbolo paesani. Quante donne hanno visto passare alle spalle dell’arena, dove c’era un lavatoio pubblico, la guerra, il luogo e le case soprassediate da truppe anche miste, lì sono passati i tedeschi, gli inglesi insieme agli americani, questi ultimi a dimorare fino agli anni 1948.

Molti paesani lavoravano con gli americani,e zio Matteo ero diventato un loro pupillo per capacità ed altro da aver un buon incarico. Fu proprio in quella mattina che su ordine forzato e quasi pregato dal capitano Masone, che decisero di recarsi da Padre Pio. Una volta giunti in San Giovanni Rotondo, il frate li accolse di buona mani lena,perché lo zio sacerdote del capitano che viveva in America, era un paesano del Padre,spesso si mettevano in contatto tramite telegrammi. Cosi ,Padre Pio che era sempre poco attratto dal farsi fotografare,decise di farsi fare una bella foto ricordo. Nella foto del Convento,alla sinistra di chi guarda c’è il frate stimmatizzato,alle sue spalle un anziano frate con una lunga barba bianca al centro mio zio Matteo, e accanto a zio il capitano Masone.

Tante persone di Manfredonia erano alleati con gli americani che dimorarono in città per un lungo periodo, pensate che mio zio Matteo,risolveva tanti problemi a loro ma guadagnava anche tanto. Il loro presidio della Capitaneria di Porto funzionava in modo eccellente, pieno di illustre personalità, soprattutto a livello medico, dove i dottori curavano la popolazione con medicinali e tecnologie sanitarie all’avanguardia, in quegli anni che lo potevamo solamente sognare ad occhi aperti.

Finito il periodo delle truppe alleate. Manfredonia si trovò come tutti i paesi colpiti dalla sciagura della guerra, anche se noi siamo stati beneficiati per grazia di Dio, rispetto ad altri paesi dell’Italia Meridionale. Lasciavano un paese alla fine di una rotta per un inizio di rilancio, sì, così s’affrontava con sforzo e stanchezza, le tante mancanze di fabbisogno alimentare per risalire da un declino che ci mangiava gli occhi e le mani. Queste donne che lavavano i panni e coloravano gli indumenti di lana,con quel loro colore a noi colorava la vita.

Manfredonia che era assopita, una terra di fango e di incertezza, di emarginazione. Ricorda quel posto di primo mattino quando si recava a fare la spesa al mercatino nel mese di settembre con la mamma; si passava davanti all’Arena Giardino, nella via opposta c’era il lungo muro alto che recintava quel folto boschetto, di un colore quasi di pietre scure un po’ muschiate, e altre sbiancate come lavata dalla calce. Contava numerosi passeri e tantissime piante da rendere quella zona e dintorni aria salubre, di ingenua onestà ,rimboccarsi le maniche con la nuova Manfredonia.

Di Claudio Castriotta 

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