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San Lorenzo Maiorano, patrono della città

La sua storia è frutto di racconti legati alla tradizione agiografica, visto che non si hanno altre fonti della vita del santo. In particolare il racconto è tratto da due Vitae di autore anonimo, scritte secoli dopo la morte del santo, che a volte contrastano tra loro.

Nel 491 una delegazione sipontina, vista la morte del vescovo Felice, partì per Costantinopoli per chiedere la nomina di un nuovo pastore per la Chiesa locale. L’imperatore Zenone di Bisanzio designò Lorenzo, un suo parente. Questi partì per Roma, portando con sé le reliquie di santo Stefano e sant’Agata, e qui venne consacrato vescovo da papa Gelasio I (492-496).
Il vescovo e l’arcangelo Michele

Divenuto vescovo di Siponto, Lorenzo legò il suo nome all’apparizione dell’arcangelo Michele sul monte Gargano.

La leggenda racconta che nel 490 un signorotto di nome Elvio Emanuele smarrì sul monte il suo più bel toro. Lo ritrovò in una caverna detta “delle magie”, poiché vi era vissuto un sedicente mago, e non potendo trarlo fuori, decise di ucciderlo lanciando una freccia, ma questa inspiegabilmente tornò indietro. Il pastore sconvolto corse dal vescovo Lorenzo che gli consigliò di trascorrere tre giorni pregando e digiunando.

Al terzo giorno l’arcangelo Michele apparve in sogno a Lorenzo invitandolo ad aprire la grotta al culto cristiano. Lorenzo tuttavia non ascoltò la volontà dell’arcangelo poiché era ancora vivo in quella grotta il culto pagano.

Due anni dopo la città venne assediata dal re barbaro Odoacre. La città era ormai allo stremo quando il vescovo chiese al re barbaro, ed ottenne, tre giorni di tregua per la popolazione. Ed ecco che l’arcangelo ritornò in sogno al vescovo dicendogli che avrebbe aiutato i sipontini se avessero attaccato i barbari.

Scaduta la tregua, i sipontini attaccarono e durante la battaglia incominciò una tempesta di grandine e sabbia che si rovesciò sui barbari i quali, spaventati, fuggirono. Come atto di ringraziamento Lorenzo guidò una processione fino al monte Gargano, senza tuttavia osare entrare nella grotta.

Ancora indeciso il vescovo riferì l’accaduto al pontefice che ordinò di occupare la grotta e consacrarla dopo un digiuno di tre giorni.

Per la terza volta l’arcangelo fece visita al vescovo e gli disse che non era necessario consacrare il luogo poiché era stato già consacrato dalla sua presenza.

E così finalmente il vescovo si recò in processione con tutti i sipontini verso il monte e dedicò la grotta all’arcangelo Michele il 29 settembre 493. Qui poi egli fece edificare una chiesa che divenne meta ininterrotta di pellegrini per i secoli successivi.

 

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Redazione

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