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Manfredonia nel Tempo: Da cimitero ad ufficio postale

Nella vita, si sa, non si smette mai di imparare. E di quanto sia cambiata Manfredonia nel tempo, c’è davvero da stupirsi!

I miei genitori per alcuni anni hanno abitato in via Enrico Toti n. 10, proprio sopra gli uffici postali, ma mai avrei immaginato che fino agli inizi del ‘900 al posto di quel palazzo vi fosse un cimitero. Anzi, per l’esattezza, il primo cimitero di Manfredonia.

La casuale scoperta l’ho fatta guardando sul web un’antica foto pubblicata da Manfredonia Ricordi ed inerente la processione del quadro di Maria SS. di Siponto che nel giorno della Beata Vergine Maria Regina, ovvero il 22 agosto, in un passato abbastanza remoto si portava dalla Basilica fino in Cattedrale per dare inizio alla Novena in attesa della festa patronale. Proprio in questa foto, sullo sfondo a sinistra, s’intravede il vecchio cimitero (osservazione scaturita dai commenti alla foto).

Occorre sapere che in passato erano le chiese ad ospitare i morti: i ricchi venivano seppelliti al loro interno, ad esempio sotto il pavimento o tumulati nelle pareti laterali (con lapidi visibili ancora oggi nelle chiese sipontine), mentre i poveri giacevano in fosse comuni all’esterno delle chiese. Ecco perché quando ci sono dei lavori nei pressi di alcune antiche chiese, com’è avvenuto anche nella nostra città, non di rado si trovano ossa umane. Immaginate, dunque, come poteva essere, soprattutto d’estate, vivere o semplicemente sostare nei pressi di una chiesa: le esalazioni dei cadaveri in putrefazione erano insopportabili! Fu così che Monsignor Tommaso Maria Francone, Arcivescovo di Manfredonia dal 1777 al 1799, date le numerose lamentele della popolazione per quell’aria insalubre da essere a volte persino mortale, decise di costruire un cimitero fuori le mura, a “130 passi” dalla città, in direzione Ovest.

Il cimitero, che prese il nome di ‘Francone’, si trovava poco distante dalla chiesa della Croce, esattamente dove oggi si trovano gli uffici postali di via Enrico Toti. Per l’epoca, però, era una decisione azzardata e ‘futuristica’, poiché nessuno voleva essere sepolto fuori le mura cittadine e soprattutto fuori dal campo ‘santo’, ovvero consacrato, delle chiese (cosa che veniva ritenuta dalla gente quasi blasfema). E così il primo cimitero di Manfredonia finì per ospitare soprattutto poveri e forestieri e, come scrisse all’inizio dell’Ottocento il padre francescano Michelangelo Manicone nel suo libro ‘Fisica Appula’, a Manfredonia le chiese erano tanto piene di morti da sembrare “pavimentate di cadaveri”.

Bisognerà attendere l’editto di Napoleone Bonaparte del 1806 per far sì che in tutta Italia, per questioni igienico-sanitarie, si vietasse la sepoltura dei defunti nelle chiese decretando la costruzione di cimiteri lontani dai centri abitati. Editto che ci mise un po’ per essere assimilato dalla popolazione ancora restia a queste nuove e ‘moderne’ abitudini. A Manfredonia fu solo nel 1844 che l’attuale cimitero, sorto al posto del soppresso convento dei Cappuccini attiguo all’antica chiesa dell’Umiltà, divenne il luogo ufficiale per l’inumazione.

Il vecchio cimitero Francone, a quanto è dato vedere anche dalle foto pubblicate sempre su Manfredonia Ricordi e tratte dal testo ‘La corsa della parola’ di don Leonardo Petrangelo, rimase in piedi almeno fino ai primi del Novecento, per poi essere definitivamente abbandonato e demolito, lasciando spazio a nuove urbanizzazioni che anno dopo anno spinsero Manfredonia ben oltre i confini delle vecchie mura.

Se, dunque, quando siete fermi in coda alle Poste di via Enrico Toti vi annoiate ‘mortalmente’, pensate a quanti, prima di voi, in quello stesso posto si sono trovati obbligati ad un’attesa ben più lunga e ricordate che prima o poi arriverà il vostro turno. Dopotutto, la speranza è l’ultima a morire…

Maria Teresa Valente

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