Attualità Capitanata

La Criminologa Fabiana Ditommaso parla di: “ Violenza sulle donne e Reddito di liberta’ ”

L’assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito il 25 novembre  la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, è infatti, un giorno simbolo rivolto a contrastare una delle più grandi piaghe della nostra società.

“La storia di tale ricorrenza nasce da un evento molto doloroso:

il 25 novembre del 1960 nella Repubblica Dominicana furono uccise tre attiviste politiche, le sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa) per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo.

Quel giorno le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente”.

Successivamente, nel 1981 in occasione del primo incontro femminista latinoamericano e caraibico svoltosi a Bogotà, in Colombia, venne così deciso di celebrare il 25 novembre come la Giornata internazionale della violenza contro le donne, in memoria delle sorelle Mirabal.

Sono Criminologa dal 2016, credo di essere stata la prima Criminologa nella mia amata città, Manfredonia. Ero già prima di conseguire questo titolo universitario, Giurista, Educatrice e Psico-Pedagogista e, altri titoli accademici da me conseguiti…

Anche quando entrai nel mondo dell’associazionismo, ho sempre combattuto la violenza sulle donne,violenza che si concretizza in qualunque forma di: aggressione, minaccia, percosse, atti persecutori dal cosiddetto Stalking, al Mobbing, allo stupro, al famoso ultimo appuntamento con il fidanzato, che poi si tramuta non in una riconciliazione, come di solito le donne sperano, ma in una diabolica trappola mortale, fino nei casi più estremi al Femminicidio.

La violenza sessuale, nella sua forma più caratterizzante, vede la donna-vittima completamente disumanizzata da parte del violentatore-maschio, diventandone  di conseguenza uno strumento inerme. A differenza del mondo animale in cui l’accoppiamento è regolato da una serie di segnali biologici emanati dalla femmina, nel mondo degli esseri umani, invece, l’interesse sessuale può essere suscitato nel maschio in qualunque momento, indipendentemente, dalla volontà o piacere della donna. Il maschio umano, violenta una donna carpendone la sua vulnerabilità, rendendola incapace di ribellarsi a tale intrusione coatta nel suo corpo.

Poiché, la donna appare agli occhi del violentatore un essere inanimato, la violenza che le infligge, il male che le infligge, il dolore che le infligge, per lui, non ha alcuna importanza, non provoca alcuna ferita, non merita giustizia.

Per questi soggetti, per questi criminali, la violenza appare più che legittima

E’ ormai palese che il mondo moderno sta continuando a pagare una millenaria cultura misogina e maschilista, che pone la donna in una straziante posizione di inferiorità, rispetto al maschio.

Assurdo crederci, ma la nostra società appare così civilizzata in tanti campi, eppure la parità di rispetto fra sessi sembra davvero una chimera, a discapito delle tuonanti affermazioni della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo.

Purtroppo, anticamera della violenza sulle donne è, il più delle volte, anche quella economica. Molte donne, infatti, non denunciano le angherie e vessazioni, che subiscono all’interno delle mura domestiche, per strada, sul posto di  lavoro, per il  timore, più che fondato, di non poter più ricevere dal compagno, marito, datore di lavoro un sostentamento economico necessario per sé stesse e per i propri figli e, inevitabilmente, essere portate a cedere a questo ricatto economico.

A sostegno delle donne vittime di violenza,  è giunto il Reddito di libertà, o come vorrei chiamarlo io, “Reddito di civiltà”, misura introdotta dall’articolo 105-bis del decreto legge 19 maggio 2020,  n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n.77, recante “ Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e, disciplinata con il DPCM  del 17 dicembre 2020.

Nello specifico il Reddito di libertà ammonta a 400 euro, pro capite, per 12 mensilità.

Destinatarie del contributo sono le donne sole o con figli minori, residenti nel territorio italiano, che siano cittadine italiane o comunitarie oppure, in caso di cittadine di Stato extracomunitario, che siano, però, in possesso di regolare permesso di soggiorno, seguite da centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni.

La domanda dovrà essere presentata all’ INPS, per il tramite degli operatori comunali del Comune di residenza.

Inoltre, la domanda dovrà contenere tutta l’idonea documentazione che vada ad attestare, legalmente, l’effettivo status di bisogno e precarietà nel quale versa la donna, nonché il percorso di fuoriuscita da seguire.

L’ obiettivo di tale sussidio è finalizzato a sostenere “ prioritariamente le spese per assicurare l’autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale, nonché il percorso scolastico e formativo di eventuali figli e figlie minori”.

Importante a sapersi, tale Reddito di libertà è pienamente compatibile con altri strumenti di sussidio, come per esempio il Reddito di cittadinanza.

Pertanto, è davvero una misura di straordinaria importanza, che aiuta le donna vittima di violenza ad intraprendere, finalmente, un percorso concreto di effettiva riappropriazione della propria libertà e della propria autonomia rubatele brutalmente, da chi un tempo, millantava di proteggerla, ma soprattutto di amarla.

Daniel Defoe scrisse: ”L’uomo non si vergogna di peccare, ma si vergogna di pentirsi”.

L’uomo ha sempre avuto la capacità di discernere il giusto dallo sbagliato: questa ancestrale dicotomia si è tentato di risolverla, anche se con difficoltà, con leggi e codici per arginare chi avrebbe voluto far passare la violenza sulle donne come fosse “cosa giusta e senza peccato” o, come il classico abusante che continuava a sostenere di essere stato “vittima di provocazioni”, quasi fosse “stato costretto a difendersi” da  tentazioni femminili, passando con mille bugie, da carnefice, a vittima.

L’impegno per combattere questa piaga sociale va abbracciato da tutti: partner, compagni, mariti, fratelli, ma anche da donne, madri, sorelle, che hanno il sacrosanto dovere di educare i propri figli nel rispetto fra sessi, e hanno, pure, il sacrosanto dovere di denunciare, (chiamando il numero 1522, gratuito e attivo 24 h su 24) chi le ha  umiliate, disonorate, distrutte, annullate come fosse un diritto senza replica.

Frasi come:”Se non fai come ti dico, ti mollo un pugno”, le abbiamo ascoltate in cronache giornaliere, che sembrano lontane, ma sono invece vicinissime.

A volte, mi sembra assurdo dover essere ancora qui a ricordarlo, ma in qualità di Criminologa lo ritengo necessario: chi fa del male ad una donna, chi fa morire una donna (moglie, compagna, madre, sorella) solo perché si sente in diritto di farlo, solo per misurare, nel più becero e volgare dei modi, la propria mascolinità e superiorità di genere, non merita, in alcun modo, alcuna giustificazione terrena e, credo ancor meno divina.

Dire basta alla violenza di genere è un dovere civile e soprattutto umano e, il 25 novembre consacrata giornata mondiale per contrastare la violenza sulle donne, è un giorno iconico, ma non deve essere o valere, solo un giorno, ma deve valere per tutto l’ anno o forse, mi piacerebbe dire, PER SEMPRE..

Mi sento di rivolgere, con tenerezza, un pensiero a tutte le donne che leggeranno questo mio articolo e, che pensano di non farcela ad uscire dal tunnel di relazioni tossiche:

“Innamoratevi di chi vi fa sorridere, di chi vi fa stare bene e, vi rende felici.

Affinchè un rapporto abbia concrete possibilità di successo, si deve cercare di essere      Amici, Complici, Amanti, Compagni di vita.

E, se incontri questa persona speciale, allora hai voglia che il resto della tua vita inizi il prima possibile”.                                               

                                                                                  Criminologa,

                                                                       

Dott.ssa Fabiana Ditommaso                                                                                   

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