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Caso Energas, lettera al Mise

Manfredonia, 31 gennaio 2019

 

Al Ministro dello Sviluppo Economico

Via Molise, 2

00187 Roma

PEC:segreteria.ministro@mise.gov.it

 

Al Ministro dell’Ambiente

della Tutela del Territorio e del Mare

Via Cristoforo Colombo, 44

00147 Roma

PEC: segreteria.ministro@pec.minambiente.it

 

Comando Militare Esercito “Puglia”

Caserma “D. PICCA”, Piazza Luigi di Savoia, 44

70121 BARI

PEC: cme_puglia@postacert.difesa.it

 

All’Autorità di Sistema Portuale

del Mare Adriatico Meridionale

Piazzale Cristoforo Colombo, 1

70122 Bari BA

PEC:protocollo@pec.adspmam.it

 

Al Signor Presidente

della Regione Puglia

Dr. Michele Emiliano

BARI

PEC: presidente.regione@pec.rupar.puglia.it

 

Dott.ssa Paola Barzaghi (responsabile del procedimento)

c/o MISE – Via Molise, 2

00187 ROMA

PEC:paola.barzaghi@mise.gov.it

 

Oggetto: Energas/Kuwait Petroleum– inviodocumenti ostativi all’insediamento dell’industria ENERGAS/Kuwait Petroleumin localitàSanto Spiriticchioe Sito SIN di Manfredonia. Rischio esplosione per bombe a mare e a terra.

In riferimento al procedimento autorizzativo di cui all’oggetto, si tiene ad informare le SS.LL. che vi sono ulteriori motivi ostativi alla richiesta di allocazioni dell’impianto di cui all’oggetto, oltre a quelli da noi già comunicati al Ministero dello Sviluppo Economico, con precedenti nostre note.

A tal fine si espone quanto segue:

Alla luce del parere espresso circa il procedimento in oggetto indicato, in data 30.08.2018, con nota n. MDE24472, il Comando Militare dell’Esercito di “Puglia <<ritiene opportuno evidenziare il rischio di presenza di ordigni residuati bellici interrati>>. (Il neretto e la sottolineatura sono nel documento espresso dal Comando Militare). Da che si desume come il previsto gasdotto lungo dieci chilometri, per alimentare il previsto deposito di cui all’oggetto, è particolarmente pericoloso per via terra. Lo stesso Comando metteva in risalto che tale rischio, per essere eliminato si doveva procedere “mediante una bonifica da ordigni bellici”, sulla terraferma.

 

Ma se la bonifica di cinque chilometri per via terra, per consentire l’alloggiamento del gasdotto, sarebbe di difficile realizzazione, figuriamoci come sarebbe difficile, anzi impossibile,realizzare il tracciato sottomarino per consentire l’alloggiamento del tubo di trasporto di GPL, per raggiungere il pontile n.5, del porto industriale di Manfredonia. Ciò, a causa del traslocamento ed insabbiamento, indotti dalle onde del mare, relativo alle centinaia di migliaia di ordigni bellici e munizioni affondati nel basso Adriatico e nei porti pugliesi durante la seconda guerra mondiale e la guerra nel Kosovo, svoltesi tra il 1996 ed il 1999. Tale contesto, oltretutto, già così pericoloso, è stato fortemente complicato dall’attività di decenni di pesca a strascico, che ha determinato una grande estensione dell’area a rischio.

 

In base a uno studio eseguito dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), è nota la presenza di numerosissimi ordigni bellici inesplosi, caricati con aggressivi chimici e distribuiti in svariate aree di fondale marino nel basso Adriatico. Lo stesso Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale, nel gennaio 2014, ha chiarito che la bonifica delle cosiddette <<aree di affondamento>> di ordigni costituisce una problematica di difficile soluzione per motivi di carattere sia tecnico che economico. A ciò si aggiunge che la prolungata azione di corrosione marina determina ulteriore difficoltà di rimozione ed elevati rischi per gli operatori. (Atto Camera – Risposta scritta pubblicata mercoledì6 maggio 2015 nell’allegato bollettino della Commissione X).

Nel 2001 a farne le spese il sommozzatore Lorenzo Ciani che rimediò due settimane di prognosi presso ospedale di padre Pio di San Giovanni Rotondo. Il sub aveva sfiorato a quattro metri di profondità l’ogiva corrosa di una bomba chimica, rimettendoci quasi una mano. L’8 ottobre dello stesso anno ne sono stati portati a galla undici, caricati al fosforo che, una volta issati a bordo, a contatto con l’aria presero fuoco causando negli uomini a bordo ustioni di primo e secondo grado.((Gianni LANNES, Bombe a… Mare!, gennaio 2018, pag. 32).

Nell’agro di Manfredonia gli alleati avevano allestito accanto alle basi aeronautiche della 15­esima Air Force, il campo munizioni che si estendeva su una superficie di 20 chilometri quadrati, come ha rivelato l’anziano sig. Raffaele Occhionero, Clerk Supervisor del Town Major<<ed al termine del conflitto le bombe all’iprite, fosgene e fosforo sono state scaricate a un paio di miglia dalla costa, al largo di Manfredonia, dai prigionieri tedeschi e dai lavoranti italiani>>. Lo stato italiano e quello inglese sono stati tenuti al segreto militare fino al 2018.(Lannes, cit., pag 38)

Al largo del Gargano è stata segnalata, dagli operatori dell’Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare, un’area contenente armi convenzionali e chimiche, su un’area estesa approssimativamente 10 miglia nautiche. Il problema è noto da tempo, in merito all’inquinamento bellico e ai rischi derivanti per la navigazione vi è anche un’ordinanza della Capitaneria di Porto di Manfredonia (n. 16 del 3 giugno 1991).

Dopo anni passati in fondo al mare, le bombe iniziano a sgretolarsi e disperdere le sostanze nocive. Presso la Capitaneria di porto di Manfredonia (FG) giace l’ordinanza n.27 del 18 ottobre 1972, firmata dal tenente colonnello Mariano Salemme, con la quale si rende noto che <<nella zona di mare circostante l’isola di Pianosa, per una profondità di metri 100, sono depositate su fondo marino un numero imprecisato di bombe aeree che rende quella zona pericolosa alla navigazione e sosta di qualsiasi natante, la pesca, la pesca subacquea e la balneazione>>. (G. Lannes, cit., pag. 43)

Durante la Seconda guerra mondiale gli Americani concentrano a Manfredonia, a nord della masseria Pagano, <<200 mila tonnellate di bombe contenenti gas asfissianti (iprite), le quali, mai usate, saranno poi scaricate in alto mare>> (M. Magno, Vent’anni di vita Manfredoniana, Salemi, Roma 1987, pagg. 147 e seg.)

Il 13 febbraio 1996, il Comandante della Capitaneria del Porto di Manfredonia scriveva al Sindaco delle Isole Tremiti, ed al Presidente Parco del Gargano, per opportuna conoscenza e perché se ne facesse carico, del fatto che nella Riserva Marina delle Isole Tremiti sono state da tempo identificate n. 48 bombe d’aereo oltre alla probabile esistenza di altre nascoste dalla vegetazione risalenti alla Seconda guerra mondiale. Per tale stato di potenziale pericolosità, questa Capitaneria emanò l’Ordinanza (tuttora vigente il divieto assoluto di navigazione, sosta o transito in tale zona di mare).

È opportuno ricordare, anche, che la Sovrintendenza per i Beni e le Attività Culturali delle province di Barletta, Andria, Trani e Foggia, con nota prot. N. 10288 del 4 dicembre 2018, diretta al MISE, ha annullato <<in autotutela il proprio parere positivo dato in violazione della legge 24 n. 1990>>.

  • Con nota a parte, sarà inviata,per posta, ad ogni singola personalità in indirizzo, la pubblicazione del noto giornalista Gianni Lannes, a titolo BOMBE A MARE”, edito nel 2018.

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