Attualità Capitanata

Casa Sollievo, Riccardi: “Tregua fragile”

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Casa Sollievo, Riccardi: “Tregua fragile”

La vertenza di Casa Sollievo della Sofferenza si è chiusa, almeno per ora, con una tregua sul punto più esplosivo: il cambio di contratto. È un esito che evita uno scontro frontale, disinnesca la tensione immediata e mette al riparo, nell’immediato, la continuità assistenziale. Ma sarebbe un errore raccontarlo come un “lieto fine”. La ragione è semplice: la crisi che ha generato la vertenza non nasce da un capriccio sindacale o da una polemica politica. Nasce da un problema strutturale, e la nota con cui la Direzione generale ha risposto alla Regione lo descrive con una franchezza rara, soprattutto sui numeri.

Il primo punto, quello più importante da capire anche per chi non mastica bilanci sanitari, è che qui non c’è solo un tema di risultato economico “a fine anno”: c’è un tema di cassa. Un ospedale può anche mostrare miglioramenti nei conti, ma se i pagamenti pubblici arrivano tardi mentre i costi devono essere sostenuti subito, stipendi, fornitori, farmaci, servizi, manutenzioni, il sistema si inceppa. È il classico cortocircuito in cui non muori per mancanza di “ricavi” teorici, ma perché manca liquidità nel momento in cui serve. Nella nota, la Fondazione indica crediti rilevanti verso ASL Foggia e Regione Puglia che arrivano a circa 48,10 milioni di euro al 31 dicembre 2025, e collega a questa dinamica un “danno di cassa” ricorrente che viene stimato tra i 25 e i 27 milioni l’anno (danni la cui entità andrebbe verificata), legato alle modalità di certificazione e liquidazione. In altre parole: anche se il sistema riconosce le prestazioni, se poi la liquidazione non è tempestiva, la sostenibilità resta un equilibrio precario.

Il secondo nodo è altrettanto chiaro e riguarda il costo del lavoro, cioè la voce che pesa di più in qualunque struttura sanitaria complessa. La nota richiama l’effetto della progressiva riduzione della decontribuzione: un beneficio che negli anni ha alleggerito la spesa contributiva e che ora viene meno. Nel 2024 viene quantificato un impatto già significativo, pari a 4,14 milioni di euro; nel 2025 la stima parla di un aggravio fino a 9,35 milioni. Non si tratta di un dettaglio tecnico: è un cambio di scenario che, senza compensazioni e senza una gestione programmata, spinge i conti verso l’instabilità. Tanto che nella stessa ricostruzione compare la prospettiva di un EBITDA ospedaliero negativo per circa 2,34 milioni. Anche qui, la traduzione è semplice: puoi migliorare procedure, ridurre sprechi, comprimere margini, ma se ti cambia a sfavore la struttura dei costi e continui a subire ritardi di cassa, prima o poi qualcuno cercherà una scorciatoia.

Ed è precisamente qui che si inserisce la parte più delicata della vicenda: l’idea, non condivisibile, di trattare Casa Sollievo come un “privato” in senso pieno, come se fosse una struttura che può governare tutto con logiche aziendali e leve interne. Chi vive il territorio sa che non è così. Casa Sollievo svolge una funzione pubblica essenziale: è un presidio che regge pezzi cruciali dell’emergenza-urgenza, a partire dal pronto soccorso, e garantisce cure e percorsi di alta complessità che non possono essere misurati con il metro del profitto. Le risorse che alimentano il suo funzionamento provengono in larga parte dal sistema pubblico, attraverso contratti, riconoscimenti, extra-funzioni, programmazione sanitaria. E, soprattutto, la sua natura non è quella di molti operatori privati che inseguono in via prioritaria la sostenibilità economica in chiave commerciale: qui, per storia e missione, la cura viene prima, e il pronto soccorso è la prova quotidiana di questa scelta.

Ecco perché la tregua sul contratto, per quanto importante, non chiude davvero il discorso. La vertenza ha fatto emergere un punto che in sanità ritorna sempre: se non affronti le cause strutturali, prima o poi ricompare lo stesso conflitto sotto un’altra forma. I crediti che si accumulano e arrivano tardi, l’aumento strutturale del costo del lavoro legato a misure che scadono, la necessità di coprire funzioni pubbliche essenziali con regole e risorse coerenti: sono questi i veri snodi. Il resto, compreso il tentativo di spostare il baricentro sul contratto, rischia di essere solo una gestione emergenziale, utile a guadagnare tempo ma incapace di mettere in sicurezza il sistema.

In fondo, la vertenza di Casa Sollievo racconta una verità più grande: quando una struttura svolge una funzione pubblica decisiva, deve essere governata con strumenti pubblici nel senso più serio del termine, cioè con programmazione, certezza dei flussi finanziari, coerenza tra missione e risorse. Non per ideologia, ma per logica. Perché se un presidio sanitario regge un territorio, la sua crisi non resta mai confinata dentro un bilancio: diventa un problema sociale, sanitario e istituzionale. E se oggi lo scontro è stato evitato, la partita vera resta tutta lì: trasformare una tregua in stabilità, senza fingere che i numeri non parlino.

Palombella Rossa – Angelo Riccardi

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