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Antonia Bottalico e Michele Vitulano: 120 anni fa i primi due migranti manfredoniani a NY

Si chiamavano Antonia Bottalico e Michele Vitulano i primi due manfredoniani che nel 1899, 120 anni fa, dopo una lunga traversata sull’oceano, salpati dal porto di Napoli a bordo della nave ‘Archimede’, giunsero nel nuovo centro di accoglienza di Ellis Island a New York, entrato in funzione nel 1892 per accogliere l’enorme massa di migranti in cerca di fortuna negli Stati Uniti d’America.

Antonia e Michele, marito e moglie entrambi 38enni, approdarono nel Nuovo Mondo per ricongiungersi al cugino di lui, Lorenzo Vitulano, giunto in America quasi trent’anni prima, quando il centro deputato all’accoglienza dei migranti era ancora Castle Garden che però, visto l’esodo, si rivelò insufficiente.

Chissà l’emozione dei due sipontini quando, dopo un’interminabile traversata, carichi di sogni e speranze, si trovarono dinanzi la Statua della Libertà, il simbolo americano per eccellenza inaugurato appena 13 anni prima. E chissà se poi sono riusciti a realizzarli quei sogni! Un famoso canto degli emigrati italiani dell’epoca recitava: “Sono venuto in America credendo che le strade fossero lastricate d’oro, ma quando sono arrivato ho visto che le strade non erano lastricate affatto e che toccava a me lastricarle”.

La traversata oceanica per aspirare al sogno americano era durissima ed erano in molti coloro che morivano durante il viaggio e quelli che sopravvivevano venivano esaminati scrupolosamente dalle autorità sanitarie: si temeva, infatti, che gli italiani portassero malattie, come il tracoma (un’infezione degli occhi che rende ciechi). Chi non superava gli esami veniva contrassegnato sulla schiena con un gessetto e sottoposto ad ulteriori accertamenti. Una croce in caso di sospetti problemi mentali, altri simboli o lettere per disturbi quali ernia, congiuntivite, patologie al cuore, ai polmoni o anche per una semplice gravidanza. Una volta superato l’umiliante filtro dell’ufficio immigrazione, iniziava la sfida per l’integrazione. Tanti, infatti, erano i pregiudizi nei confronti degli italiani, come quelli che fossero sporchi, violenti e che accontentandosi di salari eccessivamente bassi ‘rubavano’ lavoro agli americani.

Tra il 1892 e il 1954 (anno della sua chiusura), furono 869 i migranti originari di Manfredonia che lasciarono le loro piccole case in riva al golfo e giunsero ad Ellis Island al cospetto di maestosi e stupefacenti grattacieli.

Nelle schede dei passeggeri sbarcati consultabili virtualmente sul sito di Ellis Island ci sono, tra gli altri: Antonio Di Tullo, Raffaele Guerra, Michele Prencipe, Matteo Damiano, Francesco Del Vecchio, Antonio Guerra, Rosa Castigliego, Giuseppe Mazzone, Michele Mele, Francesco Murgo, Matteo Guerra, Domenico Virgilio, Michele Attanasio, Francesco Ognissanti, Giuseppe Palumbo. Chissà quanti manfredoniani di oggi vi trovano degli omonimi!

È emozionante immaginare che un secolo fa altri hanno indossato prima di noi i nostri nomi e cognomi. Quegli stessi nomi che oggi ci caratterizzano al punto da farci sentire ‘unici’, mentre in passato sono stati indossati da altre persone che attorno ad essi hanno costruito storie diverse e a loro volta uniche, come i nostri avi che andarono in America.

Nella top ten dei cognomi di Manfredonia che si trovano più spesso tra i migranti vi sono: Murgo, Prencipe, Guerra, Del Vecchio, Rinaldi, Bottalico, Virgilio, Damiano, Totaro e Piemontese.

Tra i vari nomi trovo anche un Lorenzo Valente che scopro essere figlio di Gennaro Valente e Mattia Paglione, che oltre a lui ebbero altri quattordici figli tra cui un Luigi Valente da cui nacque mio nonno. Grazie ad internet ho potuto seguire un po’ della sua storia: giunse in America nel 1903 a 26 anni, si affermò come musicista, mise su famiglia e morì nel 1965 all’età di 88 anni. Lorenzo non tornò mai più a Manfredonia né in Italia, ma di sicuro portò le sue origini sempre nel cuore e l’unico modo che ebbe di potersi ricongiungere con la sua patria, fu quella di essere sepolto in un cimitero italiano di Los Angeles, dove attualmente riposano le sue spoglie.

E chissà quante altre storie si celano in quei nomi e cognomi dei nostri concittadini approdati nel porto dell’American Dream! Oggi Ellis Island ha perso la sua funzione di regolatrice del flusso migratorio ed è diventata un enorme Museo sull’emigrazione le cui sale sono piene degli oggetti, ma anche dei respiri e delle lacrime di chi ha trasportato insieme a valigie e bauli la propria esistenza nella speranza di una nuova vita. Tra loro, quasi mille manfredoniani.

Maria Teresa Valente

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Redazione

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