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Analisi del ballottaggio a Manfredonia – Prima parte. Di Silvio Cavicchia

ELEZIONI A MANFREDONIA: HA STRAVINTO L’ASTENSIONISMO, DETERMINANTE ANCHE PER LA VITTORIA DI G. ROTICE.

Come volevasi dimostrare, a Manfredonia ha stravinto l’astensionismo, che è stato determinante anche per la vittoria di G.  Rotice. Infatti al ballottaggio, ha votato solo il 43,30% dell’elettorato, 21.083 cittadini su 48.694, mentre al primo turno aveva votato il 61,10%, (29.753), 8.670 elettori in meno. In realtà, se consideriamo solo i voti validi, escludendo le schede nulle e bianche, circa il 58% non ha votato o ha espresso voti inutili. G. Rodice ha preso 11.545 voti (56,20%), 4.000 voti circa in più rispetto al primo turno, mentre G. Prencipe ha preso 8.996 voti (43,80%), 550 voti circa in più rispetto alle liste di  riferimento.

Nell’immediato si possono fare, sulla base di questi  dati, alcune considerazioni.

G. ROTICE PUO’ RAPPRESENTARE TUTTA LA CITTA’, VISTO CHE HA PRESO IL 23,70% DELL’ELETTORATO?

Il ballottaggio, si sa, pur essendo un secondo tempo del film elettorale,dato il sistema di voto, in realtà è un’altra storia, un nuova trama e segue un filo ed una logica diversa, non del tutto e sempre coerente col film precedente.

Ha vinto colui che ha saputo motivare più  fortemente il proprio elettorato, mantenendo ed in parte rafforzando i voti di partenza, apparendo come elemento di relativa discontinuità  rispetto al passato.

Certo il nuovo Sindaco ha dichiarato e dichiarerà continuamente che sarà  il Sindaco di tutti, e gli altri candidati sindaci augurandogli con sincerità un buon lavoro (a cui mi associo come semplice cittadino), hanno dichiarato che faranno ferma, tosta ma costruttiva opposizione, basata sul confronto sui provvedimenti amministrativi, ed ancor più sul dialogo continuo con la cittadinanza, per ridarle forza propositiva ed un futuro che, ad oggi, è  piuttosto nebuloso, fragile, incerto, negativo.

Il gesto di G. Prencipe che alza il braccio al vincitore vale in proposito più di infinite parole: serve a stemperare gli animi, dopo una campagna elettorale a dir poco guerreggiata, anche a colpi bassi, molto, molto bassi. Serve a dare un segnale, uno spunto per la ricostruzione di un senso comunitario, pur nella diversità dei ruoli.

La realtà, tuttavia, si impone e si imporrà con tutta la sua forza ed incisività, senza sconti. E la realtà è  che, oggettivamente, al di là  di tutte le buone intenzioni, la cittadinanza non è, non può e, forse, non vuole essere rappresentata da un Sindaco che ha preso il 23,70% dell’elettorato. Certo è tutto legittimo e secondo legge, ma la realtà  sociale esprime anche altro, va oltre l’aspetto normativo.

Infatti la domanda è, la questione centrale è: come si fa a rappresentare chi non si riconosce in nessuna delle forze politiche e nella stessa istituzione comunale, perché ha sfiducia in esse e non ritiene che le proprie istanze  siano riconosciute e tanto meno prese in considerazione, affrontate ed in qualche modo risolte? Come si fa a rappresentare una città  che in grande maggioranza (58%) non si riconosce in nessuno dei candidati al ballottaggio e, dato il sistema elettorale maggioritario, non vedrà in Consiglio Comunale la piena rappresentanza di tutti i candidati che sono stati votati?

Questa è  la prima questione da capire ed affrontare per introdurre  un reale cambiamento socioculturale nella nostra città. Ciò è  possibile farlo solo se si guarda e si opera fuori dal palazzo, definendo meccanismi stabili e continuativi di ascolto, coinvolgimento,  partecipazione attiva della cittadinanza, ed ancor più  dei soggetti periferici.

IL RUOLO DELLE RETI FAMILIARI E DEL LORO PACCHETTO ELETTORALE TRASMESSO EREDITARIAMENTE, COME UN BENE ECONOMICO.

A parte la forza politica e socioeconomica di una persona, ben evidente dal successo determinante delle proprie liste personali/civiche messe in campo, questa vittoria, a mio parere, ha tre facce.

La prima che va sottolineata è  data dal ruolo delle famiglie e delle loro reti che, al di là  ed indipendentemente da ogni ideologia e partito, influenzano fortemente la vita politica ed i risultati elettorali a Manfredonia, rappresentando corposi interessi, economici e non. QUASI COME SE FOSSE UN PARTITO SOPRA I PARTITI. Ciò  è ben evidente dall’analisi dei candidati con maggiori preferenze in ogni partito, dove troviamo figli e parenti di esponenti politici di lunga data e di vecchie generazioni, i quali trasmettono, danno in eredità  pacchetti di voti, come se fossero un bene economico, azioni ed obbligazioni finanziarie. E’ un potere non sempre visibile,  forte perché  è  in grado  di spostare ed indirizzare voti là dove è  più  conveniente per se stessi. Non è  solo familismo, clientelismo e/o trasformismo; è qualcosa di più profondo, è un elemento  della struttura sociale e del potere locale, e della formazione e mantenimento delle élite, che condizionano fortemente la vita e lo sviluppo della città, per lo più  in modo implicito, e ne bloccano ogni rinnovamento che non corrisponda ai loro interessi. E’ una forma di potere sotterraneo che pesa come una cappa sulla città  e ne blocca il senso comunitario, pronta ad ogni tipo di compromesso, pur di mantenere i propri piccoli e grandi privilegi.

IL SUCCESSO DI G. GATTA E DI FORZA ITALIA: UNA ALTERNANZA CHE ROMPE LO STATUS QUO CRISTALLIZZATO ED ALLARGA LA DEMOCRAZIA.

La seconda faccia della vittoria di G. Rotice è  che per la prima volta a Manfredonia la destra a trazione centrista e moderata, la destra liberale, qual è oggi diventata FORZA ITALIA, conquista il governo della città. È questo un avvenimento storico, il cui senso e sviluppo sarà comprensibile nel tempo, attraverso la verifica della sua azione amministrativa ed ancor più  nel legame più  ampio che saprà  costruire con la cittadinanza tutta, a partire dalla sua parte più  debole, contribuendo al rilancio della città. In ciò  potrà essere aiutata e sostenuta dall’ENTUSIASMO, nel suo significato etimologico, da quello spirito e grande forza interiore che la gioia del successo straordinario dà  e darà, stimolandola a fare sempre meglio.

Questa vittoria è un fatto storico, ancor più,  perché  rappresenta, in qualche modo, a Manfredonia la eliminazione di fatto di una sorta di CONVENTIO AD EXCLUDENDUM, una esplicita o tacita intesa ad escludere dal governo  della  città  una determinata forza politica, in questo caso  la destra, impedendo ogni forma e possibilità  di alternanza. Al pari di quell’accordo che in Italia storicamente si è espressa dal 1948 da parte de partiti centristi per escludere pregiudizialmente ogni tipo di coalizione di governo prima con tutti i partiti della sinistra, e poi, esclusivamente, nei confronti del PCI, il fattore K. Accordo che, derivante da ragioni di carattere internazionale, la cosiddetta GUERRA FREDDA ed i blocchi contrapposti, PATTO ATLANTICO E PATTO DI VARSAVIA, finalmente con la caduta de MURO DI BERLINO, 1989, fu in qualche modo superato. Tale CONVENTIO AD EXCLUDENDUM IMPEDÌ  OGNI ALTERNANZA, CAUSANDO DI FATTO UNA SORTA DI DEMOCRAZIA BLOCCATA, CHE, OGGETTIVAMENTE SIGNIFICA IMPOVERIMENTO DELLA DIALETTICA E DINAMICA SOCIALE, LIMITAZIONE ED EMARGINAZIONE DI POTENZIALITÀ  PROPOSITIVE.

Ecco, con questa vittoria a Manfredonia è  caduto IL MURO DI BERLINO LOCALE; si realizza una alternanza tra Centro Sinistra e Centro Destra che di per sé  è  da considerare un rafforzamento di democrazia. L’alternanza sblocca energie sopite o inutilizzate, rompe con schemi precostituiti, crea più  dinamismo nella città.

È  fortemente significativo, che a guidare questa alternanza, sia Giandiego Gatta, un esponente storico di quella Destra/Destra, di quella famiglia biologica e politica, che a Manfredonia non è mai riuscita ad imporsi, che a torto od a ragione, è stata isolata, nonostante la stima personale nei confronti dei suoi esponenti per la serietà, coerenza  e continuità della loro azione politica locale. Certo questo dirigente politico si è rinnovato nelle sue idealità ed orientamenti politici, ha ereditato e costruito un bacino elettorale personale, che  gli dà un ruolo politico regionale e, forse, oggi, nazionale. È un dirigente politico di lungo corso che poche volte è  riuscito a far pesare il proprio ruolo a favore della città, credo, perché sempre all’opposizione del governo locale e regionale. Oggi verrà messo alla prova: governando, saprà far valere questo suo nuovo peso politico ed istituzionale? Saprà portare a soluzione i problemi più rilevanti della città?

Cartina al tornasole sarà il modo in cui il Sindaco e lui stesso affronteranno la QUESTIONE DELLA TUTELA DELLA SALUTE E DELL’AMBIENTE nel nostro territorio, a partire dalla definizione dell’uso delle aree industriali, CONTRATTO D’AREA ED AREA SIN – EX ENICHEM. In particolare, nell’immediato, sarà fondamentale, le decisioni e le iniziative che metteranno in atto per la sua reale bonifica e per gli insediamenti produttivi in essa ipotizzati, TRATTAMENTO PLASTICA E SEASIF, parzialmente già messi in progettazione, tra l’altro senza alcuna consultazione degli organi istituzionali e della stessa cittadinanza. Non è  possibile che  si possano attivare insediamenti inquinanti là dove c’è una bonifica tutta da completare e che, ancora una volta, si decida sulla testa dei cittadini un futuro che non sia sano e coerente con le vocazioni del territorio.

IL VOTO: UN PROTESTA VINCENTE CONTRO I CAPI DEL PD.

La terza faccia della vittoria di G. Rotice è che si voluto far pagare al Centro Sinistra e, soprattutto, ai capi  storici del PD il loro essersi trasformati da innovatori, quali erano nel PCI, in conservatori dello status quo. L’avere utilizzato il potere acquisito più nel proprio interesse, senza alcuna ricaduta positiva sulla città e, quindi, ritenuti responsabili della sua mancanza di sviluppo e degrado.

Perciò è da  ritenere che G. Rotice è stato  votato più per la relativa discontinuità  rispetto al passato, che per la proposta politica-programmatica nuova. La sua è una vittoria in negativo; è stato votato non il migliore ma il meno peggio dei candidati al ballottaggio. Ciò non per sminuire la sua vittoria ma per capirla meglio, anche in ciò che non è immediatamente visibile. Infatti una parte dei suoi voti al ballottaggio sono venuti da cittadini e politici locali che hanno una collocazione storica di Centro Sinistra e di Sinistra.

Il ragionamento sotteso è stato il seguente : “ Pur di sinistra, voto G. Rotice perché non voglio più che i capi del PD continuino a comandare nel Comune e nella città. Basta con i caporioni del PD. Perciò voto Rotice, tappandomi il naso”.

In questo senso il voto di relativa discontinuità  a G. Rotice è  anche un voto di protesta, un tentativo di emarginare e fare fuori almeno dal potere locale tali caporioni. E’ un tentativo che ha un suo significato e risponde ad un diffuso sentire  e pensare nella cittadinanza, ma di difficile ed improbabile attuazione. Infatti questi capi politici del PD hanno oggi un ruolo ed un potere autonomo nel partito e nelle istituzioni, sia a livello regionale che nazionale, per cui la loro sorte politica, la loro carriera non è oggi strettamente legata al loro peso nel governo della città. E poi sono ancora molto giovani e sicuramente non disponibili a mettersi da parte.

Soprattutto, al fine di un effettivo cambiamento, non bisogna dimenticare che i dirigenti politici, nel momento in cui diventano PROFESSIONISTI DELLA POLITICA, indipendentemente dalle diverse ideologie e partiti di riferimento, sono di fatto ed oggettivamente interconnessi, costituendo un ceto specifico, accomunati da una stessa logica di preservare il proprio potere e le proprie condizioni di privilegio, diversa e lontana da quella di cittadini.

A riguardo ci sono fondamentali studi sociologici  a cui rifarsi, anche per capire e combattere questo incancrenirsi della politica. I PROFESSIONISTI  DELLA  POLITICA SONO UNA ÈLITE CHE SI SOSTENGONO RECIPROCAMENTE, E, PERCIÒ  LA PRIMA COSA DA FARE È  EVITARE CHE CI SIA IL PROFESSIONISMO NELLA POLITICA, ATTRAVERSO APPOSITI MECCANISMI E REGOLE,INTERNE ED ESTERNE AI PARTITI. Si vedano a riguardo gli studi di Gaetano Mosca, a destra, e di Roberto Michels, a sinistra, il quale analizzò la formazione dei gruppi oligarchici inamovibili nei partiti politici, formalmente democratici, i quali bloccano ogni ricambio generazionale, quindi, ogni rigenerazione e rinnovamento. Quest’ultimo studio si presta bene al nostro caso, cosi come il libro LA CASTA di G. Antonio Stella e Sergio Rizzo, il libro che, non a caso, alla sua prima pubblicazione nel 2007 vendette un milione e duecentomila copie; libro scritto partendo significativamente da una frase di W. Veltroni “QUANDO I PARTITI SI FANNO CASTE DI PROFESSIONISTI, LA PRINCIPALE CAMPAGNA ANTIPARTITI VIENE DAI PARTITI STESSI”.

C’è  da dire che, comunque, il voto di elettori di sinistra a G. Rotice mette in moto un processo, la cui evoluzione è indeterminata, ma potrebbe portare ad una loro messa in discussione all’interno del loro partito, rafforzando e facendo riemergere chi in questi anni li ha contestati, senza riuscirci, chi può e deve promuovere una rigenerazione interna, oggi più  possibile di ieri. E’ necessario che una nuova Sinistra a Manfredonia sia ben viva e presente riprendendo e rifondandosi su quei valori etici, su quelle idealità, su quel legame col movimento operaio e tutti i soggetti periferici e più  deboli, per ridurre le disuguaglianze sociali e riproporre un mondo ed una città, veramente più  sana, più  giusta, più  comunitaria. Non è  oggi il tempo di abbandonare la barca che affonda, ma  di impegnarsi più che mai affinché la barca resti a galla e si possa guidarla nella  direzione di un profondo rinnovamento, ritornando alle origini, lottando affinché sia un nuovo equipaggio a prendere il timone. Non a caso la sezione locale del PD alla nascita fu intitolata a Giorgio La Pira. E se proprio non è possibile, non è da escludere la possibilità di una seconda sezione del PD a Manfredonia, in cui non ci siano solo persone che facciano riferimento esclusivamente alla vecchia DC, o una associazione politico-culturale di sinistra plurale.

FINE PRIMA PARTE

Silvio Cavicchia

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Comunicato Stampa

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