Oggi si ricorda la morte di San Domenico Savio

DON BOSCO MI AIUTI A DIVETARE SANTO – queste furono le parole del piccolo Domenico Savio. Non mancarono manifestazioni straordinarie di doni carismatici. Una sera, racconta Don Bosco nella biografia di Domenico, il ragazzo gli chiese di seguirlo in fretta perché c’era “una bell’opera da fare”. Uscito di casa, percorse diverse strade finché si fermò al terzo piano di un caseggiato, sempre seguito da Don Bosco: “È qui che deve entrare” gli disse. Sulla porta comparve una donna che lo pregò di confessare suo marito gravemente infermo il quale, dopo essersi fatto protestante, voleva morire da buon cattolico. Il giorno dopo, alla domanda di come avesse saputo di quel moribondo, Domenico guardò Don Bosco con aria addolorata e poi si mise a piangere. Il santo prete non osò chiedergli altro. L’ultima sorella di Domenico rivelò sotto giuramento che un giorno il Savio chiese il permesso di andare a visitare sua madre che era in attesa di un bambino e si trovava in condizioni molto gravi. Il ragazzo appena la vide le buttò le braccia al collo, le diede un bacio e ripartì la sera stessa per Torino. La donna si sentì subito meglio e il parto avvenne regolarmente. Al collo le trovarono un nastro a cui era attaccato un pezzo di seta piegata e cucita come un abitino. A Don Bosco che gli chiedeva come stava la mamma Domenico rispose: “L’ha fatta guarire l’abitino della Madonna che le ho messo al collo”. Per questo, Domenico è invocato anche come “il santo delle culle e delle partorienti”.

Intanto, però, verso la fine del 1856 la sua salute cominciò a dare seri prolemi. Tra l’altro, due suoi fratellini erano già morti a Mondonio in tenera età e anche lui era molto gracile. Nel febbraio 1857 cominciò a tormentarlo una tosse insistente mista a febbre. Allora, purtroppo, non c’erano gli antibiotici e queste forme spesso erano letali. Don Bosco decise di fargli sospendere gli studi e di rimandarlo in famiglia per curarsi. Domenico si mise a letto il 4 marzo e in soli cinque giorni una grave polmonite lo stroncò. Non aveva ancora quindici anni. Chi gli era vicino racconta che prima di spirare gli si illuminò il volto mentre esclamava: “Che bella cosa io vedo mai!”. Nel 1914 i suoi resti mortali furono traslati a Torino nella basilica di Maria Ausiliatrice.

Di Claudio Castriotta ❤️

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