Il terremoto di Foggia del 1731 e l’approccio strumentale di Nicola Cirillo: alle origini della tradizione sismologica italiana

IL TERREMOTO DI FOGGIA DEL 1731 E L’APPROCCIO STRUMENTALE DI NICOLA CIRILLO: ALLE ORIGINI DELLA TRADIZIONE SISMOLOGICA ITALIANA.

In altri post dedicati ai maggiori eventi sismici che hanno colpito il territorio di Capitanata, abbiamo sottolineato come la continua esposizione ai terremoti abbia profondamente condizionato la storia e la cultura locali.

Le reazioni a questi eventi sono sempre state motivo di complesse dinamiche sociali, con un ruolo fondamentale delle istituzioni politiche, religiose e delle élite cittadine.

Tra i foggiani, il terremoto del 20 marzo 1731 rappresenta tuttora una ferita storica, considerata la gravità dei danni e delle perdite umane, ma costituisce anche motivo d’orgoglio per la capacità dimostrata dalla comunità e dalle istituzioni di reagire con tenacia ed efficacia.

Il numero delle vittime causate dal terremoto del 1731 resta impreciso: le stime variano da poche centinaia a più di 3000 decessi. L’evento generò panico e richiese interventi immediati per conservare l’ordine pubblico.

Le autorità organizzarono ronde, mentre in molte località si celebrarono processioni e si eressero cappelle di legno, come a Foggia e Cerignola, dove le chiese erano state distrutte. La popolazione, costretta a vivere all’aperto, affrontò carenze alimentari aggravate dal crollo di mulini e forni.

Il governo centrale intervenne prontamente: sospese tasse, impose il coprifuoco, regolò la gestione delle fosse granarie e introdusse, dal 4 luglio, l’obbligo della licenza edilizia. Anche la Chiesa sostenne la ricostruzione con agevolazioni fiscali e prestiti autorizzati ai vescovi pugliesi.

Tra i danni meno visibili, ma più gravi, si contò anche la perdita di importanti documenti storici, inghiottiti dalle rovine del Palazzo della Dogana, come ricorda il De Dominicis.

Ciò che pochi sanno, però, è che proprio quella serie di terremoti che colpì la Capitanata fu al centro di uno dei primi studi condotti con metodo e strumenti scientifici. A farlo fu Nicola Cirillo, figura di spicco della medicina e delle scienze naturali, oggi riconosciuto fra i pionieri della sismologia strumentale e fra i fondatori della tradizione sismologica italiana.

Secondo una relazione anonima, del 1731, si legge:

“Fu la scossa orribile dal Tremuoto, e con moti diversi instantaneamente, tanto che in essa città di Foggia in instante rovinarono la maggior parte degli edifici tanto di chiese, che di particolari, e prima si vidde caduta, e rovinata in gran parte della città, e sepolta molta gente sotto le pietre, che si fossero potuto accorgere del Tremuoto. Durò questo così fiero moto per cinque minuti di ora, e indi fra lo spazio di un’Ave ripigliò fieramente con lo stesso vigore, e scuotimenti, la cui violenza, e impeto si puoi congettuare dall’aver l’acqua de’ pozzi dalla profondità di 30 in 40 palmi in molte parti sormontata la bocca e allagato all’intorno. Cessato che fu il Tremuoto, e cadute le abitazioni, il nembo della polvere, le grida della gente, che procurava salvarsi, chi ignudo, e chi mezzo coverto, la confusione nell’oscurità della notte, e i gemiti di coloro, che mezzo atterrati dalle rovine imploravano, erano in tal spavento e orrore, che giunto rassembrava il giorno estremo: aggiungendosi a tante miserie un freddissimo vento, che interiziva le membra, a gran pena potendosi passare per le strade ripiene di cadute muraglia, e di grandissime pietre, e tutti piangenti, abbandonando le case, e gli averi, fuori della città ognun fuggissimo, tanto più che un’ora dopo si fe’ sentire altra scossa di Tremuoto…”

Svariati studi scientifici hanno confermato che il baricentro del cataclisma sismico più intenso era nell’entroterra, in vicinanza di Foggia, dove si registrò un’intensità massima pari al grado IX–X della scala Mercalli-Cancani-Sieberg, corrispondente a una magnitudo di circa 6.3 sulla scala Richter.

Stabilire se il sisma abbia anche generato uno tsunami sulle coste adiacenti è più arduo. Una testimonianza contemporanea, tuttavia, riporta alcuni effetti osservati in mare:

“…alle quattro del mattino, il terremoto colpì tutto il Regno di Napoli, raggiungendo la massima violenza in Puglia… C’erano alcune nuvole, ma un forte vento boreale le dissipò rapidamente. I pescatori notarono un’improvvisa agitazione del mare a Siponto e Barletta e, temendo una tempesta, ebbero grande timore di naufragare.”

Studiando con attenzione il racconto sorgono alcuni elementi importanti: il fulcro era ubicato a circa 30 chilometri dalla costa; Siponto e Barletta, i due luoghi citati, distano oltre 30 chilometri tra loro; e, in ultimo, la mancanza di testimonianze intermedie è verosimile, tenendo conto che all’epoca la fascia costiera fra Manfredonia e Barletta era in gran parte paludosa e disabitata.

L’agitazione del mare, da sola, non rappresenta una prova certa di uno tsunami autentico, potendo essere attribuita anche a onde anomale causate dalle vibrazioni sismiche del fondale. Tuttavia, se si assume una definizione più estesa del fenomeno, non si può negare del tutto la possibilità che si sia verificato un piccolo tsunami locale, sebbene trattandosi di un’ipotesi poco probabile.

Ma chi fu la fonte di questa testimonianza?

Proprio Nicola Cirillo.

Nato in una famiglia di intellettuali, si formò a Napoli sotto l’influenza della nuova scienza cartesiana e galileiana. Laureatosi in medicina verso il 1692, si dedicò sia alla pratica ospedaliera sia all’insegnamento accademico, fino a ricoprire la cattedra principale di medicina pratica. Accanto all’attività medica, coltivò interessi naturalistici e botanici, sistematizzando dati e studiando direttamente dalle fonti scientifiche più recenti.

Per seguire le “Philosophical Transactions” della Royal Society di Londra apprese l’inglese, divenendo in seguito collaboratore e membro della prestigiosa accademia. A questa inviò una memoria sul terremoto di Foggia del 1731, frutto delle osservazioni condotte con un sismoscopio a pendolo verticale di sua invenzione, uno strumento che ha fortemente contribuito alla nascita ed evoluzione della sismologia moderna.

Ma come è stato condotto questo studio?

In seguito al violento sisma del 20 marzo, Nicola Cirillo installò dei pendoli verticali ad Ascoli Satriano e a Giovinazzo, con lo scopo di osservare in modo sistematico le oscillazioni causate dalle scosse.

L’esperimento diede risultati notevoli: il pendolo di Ascoli Satriano, località più prossima all’epicentro, registrò oscillazioni più estese rispetto a quello di Giovinazzo. Questa osservazione consentì a Cirillo di confermare sperimentalmente che l’intensità delle scosse scema con l’aumentare della distanza dall’epicentro.

L’urgenza di provare la validità universale del suo metodo lo spinse a strutturare una prima rete di sorveglianza strumentale in occasione di un evento sismico. I dati raccolti tramite le osservazioni vennero poi messi in correlazione con la descrizione degli effetti di danneggiamento.

Con Cirillo, uno degli ultimi discendenti del programma scientifico e metodologico dell’Accademia degli Investiganti di Napoli, l’impiego degli strumenti superava pertanto la dimensione della semplice curiosità naturalistica per accedere pienamente nel campo della ricerca scientifica applicata.

Immagini: archivio web A. Grana, fonti citate in basso.

Fonti:

– “The Gargano promontory: An important Italian seismogenic-tsunamigenic area”, S. Tinti, A. Maramai e P. Favali (ELSEVIER – MARINE GEOLOGY_INTERNATIONAL JOURNAL OF MARINE GEOLOGY, GEOCHEMISTRY AND GEOPHYSICS).

– “A critical revision of the seismicity of Northern Apulia (Adriatic microplate — Southern Italy) and implications for the identification of seismogenic structures”, V. Del Gaudio, P. Pierri, A. Frepoli, G. Calcagnile, N. Venisti, G. B. Cimini (ELSEVIER – TECTONOPHYSISCS).

– “Fonti per la storia della Dogana delle Pecore nell’Archivio di Stato di Foggia”, P. Di Cicco.

– “Il terremoto del 1731. Oltre al sisma, maremoto e poi tempeste di vento e di neve”, di G. Inserra (Lettere Meridiane).

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