“La storia du jiammone in du saccone (anni ‘30)”

MANFREDONIA, anni ’30. Quando i ricchi erano solo quelli che ereditavano dagli antenati che a loro volta avevano accumulato ricchezza: “Arer e sciunnen“. Un giorno, seduto a un chiosco, cumbe’ Mattojie racconta agli amici: ‘Uagnu avut saput u fatt du saccone?‘ (Il saccone era un pagliericcio grosso riempito di foglie secche usato come materasso, detto in dialetto u matarazze, imbottito anche di fieno e di lana).

Una famiglia du scumbnete stanotte che ha combinato mentre ciu so jiute a cuche‘. ‘Giovanni, il capo famiglia, aveva la gamba imbassete ‘(la gamba rotta era messa male, è chiaro che a quel tempo una frattura ossea veniva curata alla buona,ndr). Aveva tante di quelle fasce alla gamba che aveva formato un gambone, il cosiddetto ‘u jiammone’. Da qui ‘Giuvann u jiammone’.

Quella notte stanco, Giovanni andò a dormire con la moglie Marietta, infilandosi sotto la coperta leggera e adagiandosi sopra quel saccone. Giovanni invece di stendere ‘u jiammone sop u saccone’ lo infilò direttamente dentro il saccone perché malamente sistemato. A quel punto non riusciva a sentire più la gamba tra quel pagliericcio mischiato con la lana ed esclamò: “Non sento più la gamba!”. Rispose la moglie Marietta: ‘Per forza a misse u jiammone in du saccone!’.

Ripeteva Mattojie agli amici: ‘Uagnu che famiglia‘. Oserei aggiungere soprattutto che tempi.

 di Claudio Castriotta

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