Il falò dell’inchiesta di Chi l’ha visto? si accende nell’oscurità della serata televisiva con la conduzione sicura di Federica Sciarelli, che nella puntata del 5 novembre annuncia una buona notizia: Palma, la donna scomparsa da Barletta da oltre un anno è stata ritrovata viva. È un momento che scuote perché sfida l’idea che il tempo cancelli ogni traccia; al contrario, mostra che la persistenza, la memoria e la ricerca possono portare a una svolta. In un crescendo carico di tensione e pathos, la puntata scorre poi verso scenari più complessi: il caso del giovane Alessandro Venturelli, scomparso da Sassuolo cinque anni fa, torna alla ribalta grazie a nuove segnalazioni arrivate da Torino. La madre, Roberta Carassai, in collegamento, esprime un misto di speranza e stanchezza: «Tutti mi descrivono questo giovane… Avvicina le persone ma non chiede soldi, chiede solo da mangiare. Volevo rimanere cauta…».
Durante l’anteprima della puntata, Federica Sciarelli da spazio anche al caso della donna accoltellata in piazza Gae Aulenti a Milano. Il suo aggressore sarebbe un uomo di 59 anni, Vincenzo Lanni, già noto alla giustizia per altri due accoltellamenti avvenuti nel 2015. Un’emergenza urbana, un rischio che si insinua tra le pieghe della metropoli e del quotidiano. E ancora: un caso forse meno noto, ma commovente. Un uomo, Marco, nato nel 1958 e residente a Padova, ha scoperto di essere l’erede unico del signor Malcolm, il padre che Marco non aveva mai conosciuto: un’eredità che non è solo patrimoniale, ma simbolica: scoperta di sé, radici che finalmente affiorano da un passato oscuro.
“Chi l’ha visto?”: commento alla puntata del 5 novembre
La puntata si dipana come una conversazione sommessa con l’ignoto: i casi si presentano non come tabelloni da televisione, ma come tessere mancanti di puzzle umani. Il ritrovamento di Palma, attualmente ricoverata in ospedale, provoca un sentimento che oscilla tra sollievo e riflessione sul valore del tempo, su quanto possa essere ingombrante il silenzio di chi manca e quanto possano pesare i giorni dell’attesa.
Il caso di Alessandro Vennturelli crea un ponte tra l’angoscia del non sapere e la tensione della possibile verità: la madre che, in diretta, si confronta con la città di Torino dove sono arrivate segnalazioni e testimonianze. In queste immagini, il racconto televisivo assume un tono quasi cinematografico: città, sguardi, memoria e dubbi disumani (per il cuore di una mamma) condensati in un’unica inquadratura. È una componente che rende la trasmissione più di un semplice “programma sui desaparecidos”: diventa racconto di vite, di assenze e di ritorni potenziali.
L’aggressione milanese inserisce il discorso nella dimensione della cronaca quotidiana, e ci ricorda che la parola “mistero” è sinonimo di sparizione e, al contempo, di violenza che attraversa la vita urbana. Qui la trasmissione non si limita a raccontare, ma interpella lo spettatore sul senso della sicurezza, su come le storie private si intrecciano al “pubblico” del racconto.
Infine, l’eredità inattesa per Marco, uomo mite, acculturato e profondamente legato alla memoria della madre che lo ha cresciuto facendo tanti sacrifici per lui, ci porta in una zona più intima, quasi poetica: chi siamo, da dove veniamo, e quanti scheletri nascosti tiene dentro la geografia delle famiglie e dei legami. In questo senso, la puntata si muove tra il crimine, la scomparsa, l’assenza e la scoperta: un saldo che contiene molte variabili.
Questa puntata di “Chi l’ha visto?” si distingue per la qualità e la varietà dei casi trattati. Un programma che ci offre cronaca, certo, ma anche un invito a guardare con attenzione: tanto alle persone scomparse quanto a quelle che ritornano; alle città in cui viviamo, ma anche ai luoghi in cui lasciamo tracce senza saperlo.


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