Castriotta: “Storia di un Natale a Manfredonia”

Castriotta: “Storia di un Natale a Manfredonia”

Quella mattina uscii di casa pressappoco alle nove,  il clima era fatto di nuvole bianche luminose – che si spandevano di un fumo sul paese. Passeggiavo con un bigliettino nella mano …l’elenco per fare la spesa alla mia mamma . Tutti i pianterreni erano un po’ semiaperti, compreso le finestre dei balconi dei palazzi del centro che io guardavo a bocca aperta…da lì veniva fuori un intenso respiro di olio al naso che quasi mi infastidiva, ma era troppo piacevole, mi accarezzava di una presenza di vivere tutta mia.Ero piccolino e alla stazione città arrivavano le piccole vetture del treno, appena giunte da Foggia e dentro portava gli ultimi ritardatari della vigilia, mettevano piede sul piazzale, che li avrebbe portati a casa per la festa, tutti i parenti ad andargli incontro e a salutarli di gioia con baci infiniti. Come al solito venivo sempre affascinato e distratto dalle tante persone – che mi passavano davanti agli occhi…in mezzo a quella folla non poteva non mancare lui…il più importante il cosiddetto: Strappa Lenzuola,che di mestiere faceva il porta valigie ai forestieri del settentrione, li accompagnava all’ex Hotel San Michele – tutto preso dall’emozione e dal suo parlare in italiano manfredoniano. Buona cosa per riuscire a racimolare da mangiare visto che faceva solo quello di mestiere…l’atmosfera rigida e regolare di un freddo secco, che ti faceva fumare di temperatura quasi allo zero. Dopo che lasciavo queste manifestazioni di speranza,mi avviavo all’imboccatura di via Maddalena – a fare le compere commissionatemi – e nel mio pensiero già sapevo quali prodotti dovevo scegliere,proprio deciso. La titolare del genere alimentari era la signora Carulli

 un po’ tonda e bassa di statura dell’epoca, bianca in viso molto severa da incutermi timore, ma ero talmente preso da quella sensazione di quel giorno che non ci davo nemmeno peso, praticamente non me ne fregava nulla.Era il 24 quasi di mezzogiorno – quando venni fuori dal quel negozio ,ancora con quel sacchettino della spesa in mano me ne andavo in giro sulla piazzetta di San Domenico – a vedermi il panorama marinaio, fatto di uno splendore e pieno di barche,ma il puzzo che arrivava su era orrendo di pesce andato a male e di nafta forte nell’olezzo del vento ,che si incrociava con gli odori buoni. Così dopo un po’ me ne tornai a casa passando vicino al Bar Centrale – mi fermai perché lì  dimorava l’infermiera fascista …veniva chiamata in codesto modo perché aveva fatto la marcia su Roma da giovanissima…la osservavo bere bicchierini di liquore e fumava in continuazione,era molto magra e vestiva più delle volte di scuro nella sua conoscenza cittadina – dai frequentatori di quel posto e da tante famiglie. Mentre continuavo proseguendo verso la strada del Villaggio dei Pescatori ,tenevo il cuore alto tra quelle nuvole rare del mio piccolo Gesù Sipontino.

di Claudio Castriotta 

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