Un calcio al pregiudizio: quando l’educazione incontra la vita
Ci sono esperienze che non si trovano nei libri, che non si imparano tra i banchi, ma che insegnano più di qualsiasi lezione. Sono esperienze che toccano il cuore, che educano al rispetto, alla solidarietà, alla comprensione dell’altro. È con questo spirito che l’I.P.E.O.A. “Michele Lecce” di San Giovanni Rotondo ha vissuto un incontro unico: una partita di calcio con i ragazzi dell’Istituto Penale per Minorenni di Airola in provincia di Benevento.
“Noi siamo partiti con una rappresentativa della comunità scolastica – spiega il Dirigente Scolastico prof. Luigi Talienti – per far visita al carcere minorile di Airola e disputare un incontro con gli ospiti reclusi presso l’istituto.”

Parole semplici, ma dense di significato. Perché dietro una palla che rotola si nasconde molto più di una sfida sportiva: c’è un messaggio di umanità, di apertura, di fiducia nella possibilità di cambiare.
La riabilitazione, in fondo, è proprio questo: un cammino che si costruisce passo dopo passo, attraverso gesti concreti, esperienze condivise e valori autentici. “La riabilitazione si fa qui, sul campo – continua Talienti – attraverso i valori dello sport e il confronto di esperienze con quei ragazzi che vivono la libertà in maniera condizionata. Il confronto è arricchente sia per i nostri studenti che per chi è recluso.”
Lo sport, allora, diventa un linguaggio universale, capace di oltrepassare sbarre e pregiudizi, di unire mondi apparentemente lontani. Il campo di gioco diventa una metafora di vita: si cade, ci si rialza, si impara a rispettare le regole, a fidarsi del compagno, a capire che la vittoria più grande è quella contro i propri limiti.
Per il professor Talienti, questa esperienza ha anche un valore personale e professionale profondo. “Dopo ventun anni tra insegnamento e volontariato nel carcere per adulti, entrare in un istituto minorile è un’occasione unica per conoscere un nuovo mondo. Si avvierà una collaborazione strutturata per aiutare questi ragazzi a una sana riabilitazione e i nostri studenti a una sana socializzazione. La cittadinanza attiva si costruisce camminando insieme.”

Accanto a lui, un gruppo di docenti e collaboratori che condividono la stessa visione: i docentj fratelli Iannacone, Ciro e Marcello, il professore Argentino, Antonio Augello, collaboratore scolastico e custode del materiale sportivo, e Donato Campagna, assistente amministrativo. Tutta la componente della scuola, unita, si è trasformata in una piccola comunità educativa itinerante, dove ogni gesto e ogni parola sono diventati semi di speranza.
Visitare un istituto penale minorile significa anche confrontarsi con la fragilità dell’età giovanile, con gli errori che spesso nascono da contesti difficili, da assenze, da sogni infranti. L’istituto di Airola, che sorge in un antico palazzo ducale del Settecento, ha alle spalle una lunga storia di accoglienza e di rieducazione: nato come riformatorio femminile per lascito testamentario, divenne nel 1934 un Istituto Penale per Minorenni, con l’obiettivo di offrire ai ragazzi un’occasione di riscatto.
Oggi come allora, la sfida è la stessa: trasformare la pena in opportunità, la colpa in consapevolezza, la detenzione in un percorso verso la libertà interiore. E la scuola, con la sua forza educativa, può diventare un ponte prezioso tra dentro e fuori, tra chi sta imparando a vivere e chi sta imparando a ricominciare. Perché, come sottolinea ancora il Dirigente Talienti, “la dispersione si combatte anche andando a far visita ai luoghi che per molti rappresentano i margini.”
E forse proprio lì, ai margini, si scopre il centro più autentico dell’educazione: l’incontro con l’altro, la capacità di riconoscere l’umanità altrui, di costruire insieme la speranza.
“La giornata di oggi – racconta il prof. Luigi Talienti – è stata un altro passo verso la costruzione della legalità e del reinserimento. Siamo stati orgogliosi dell’invito e abbiamo disputato un triangolare che è andato ben oltre il significato sportivo: in campo si sono trasmessi valori, condivisioni e soprattutto confronti esperienziali, a dimostrazione che non esistono confini territoriali quando si parla di educazione.”
L’incontro si è concluso in un clima di festa presso l’antica Braceria Iaquinto, dove studenti, docenti e rappresentanti del volontariato dell’Istituto Minorile di Airola hanno condiviso un pranzo semplice ma colmo di fraternità. Tra chiacchiere e sorrisi, tra un brindisi e una stretta di mano, si respirava l’aria buona delle cose vere, di quelle che lasciano il segno.
“È giusto ricordare – continua Talienti – che la riabilitazione e la risocializzazione devono essere costruite sul campo, mattoncino dopo mattoncino. A livello teorico si possono scrivere manuali, ma nella realtà bisogna costruire percorsi, buone prassi, confronti. Noi dell’I.P.E.O.A. siamo riusciti ad andare oltre regione, portando con noi il nostro modo di intendere la scuola: come servizio, come condivisione, come valore universale orientato alla crescita e al bene comune.”
Non sono mancati i ringraziamenti: “Un pensiero particolare alla direttrice, dott.ssa Giulia Magliulo, alla dott.ssa Vieni dell’area trattamentale, al garante campano peri diritti dei detenuti e al volontario prof. Giovanni Di Vico. I ragazzi ospiti dell’Istituto Minorile sono stati felici e l’evento si è concluso con una condivisione musicale a cura del prof. Ciro Iannacone. È stata una giornata di successo: formativo, comunitario, umano, nel segno della reciprocità. Perché nella società contemporanea manca proprio questo: il sentimento della reciprocità.”
E da questa esperienza, già si guarda avanti. “Stiamo organizzando – spiega Talienti – con l’autorizzazione dei magistrati di sorveglianza, sempre sensibili a queste iniziative, di far vivere la stessa esperienza ai ragazzi dell’Istituto Minorile presso la nostra scuola a San Giovanni Rotondo. È giusto che anche loro possano respirare la libertà della scuola, visitare la città di Padre Pio e sentire che un’altra vita è possibile.”
Il sogno, ora, è che quel pallone che ha rotolato ad Airola continui a correre, attraversando regioni e coscienze, per ricordare a tutti che educare significa accogliere, e che ogni incontro, se fatto con il cuore, può diventare libertà.

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