TRA FEDERICO II E L’ORDINE TEUTONICO: BELVEDERE E LA LUNGA STORIA DI UN TERRITORIO.
Quando pensiamo a Federico II e all’Ordine Teutonico, lo sguardo corre istintivamente lontano: alle grandi scelte di politica internazionale, alle crociate, alla Terrasanta, agli equilibri delicati tra Impero e Papato. Eppure, una parte tutt’altro che marginale di questa storia si gioca molto più vicino a noi, tra le colline e le pianure della Capitanata, in un paesaggio che oggi appare quieto ma che nel XIII secolo era attraversato da un fitto intreccio di interessi economici, privilegi sovrani e scritture notarili. È un territorio che parla sottovoce, ma che conserva ancora tracce profonde di quelle dinamiche.
Al centro di questo quadro si colloca la zona del Belvedere, un’area situata nella bassa valle del Fortore, a nord di Apricena, affacciata sul bacino della laguna di Lesina.
Non si tratta di una località secondaria: la documentazione d’archivio ne restituisce con chiarezza l’importanza:
“Nelle pertinentie tra la terra dell’Aprocina et la terra di Santo Nicandro et proprie verso levante, in confini del lago di Lesina, v’è un feudo nominato de Bello Vedere, il quale per cognitione de scritture antiche se trova essere de carra cinquanta de territorio, il quale sta in provincia de Capitanata et fu donato alla religione seu convento Sancte Marie Theutonicorum, hora detto l’abbatia de Sancto Lonardo, da Matteo Gentile conte di Lesina, ch’allora era casale detto de Bantia, che si conservano in carta bergamena dette donationi confirmate con privilegio speciale da re Manfredi, rinovando li privilegi et confirmationi fatteli da Federico secondo suo padre”.
Sulla base delle informazioni raccolte nel Cabreo, un codice redatto agli inizi del XVII secolo per volontà di don Lucio de Amore, agente generale dell’abate Luigi Caetani, il feudo del Belvedere arrivava a occupare una superficie considerevole, stimata fino a circa 1234 ettari, come indicato da Roberta Giuliani e Felice Stoico nella pubblicazione “Il complesso di S. Maria di Selva della Rocca a Belvedere: un’analisi archeologica”.
Un’estensione che aiuta a comprendere il peso economico e strategico di quest’area.
A definire ancor più dettagliatamente questo quadro documentario intervengono le ricerche condotte dallo storico Hubert Houben presso la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, in particolare nel Fondo Giuseppe Del Giudice. Qui sono emerse copie notarili seicentesche di documenti teutonici medievali, che hanno permesso di ampliare e precisare ulteriormente la nostra conoscenza sulla presenza dell’Ordine Teutonico in Puglia. Si tratta di materiali che, letti insieme alle fonti già note, consentono oggi una visione più articolata e concreta del ruolo svolto dai Teutonici nel territorio, e del contesto in cui maturò il loro rapporto con la monarchia sveva.
Tutto si inserisce nel quadro del rapporto personale e politico tra Federico II e il gran maestro dell’Ordine Teutonico, Hermann von Salza, figura che le fonti indicano come il principale artefice della fortuna dell’Ordine nel primo Duecento. È all’interno di questa relazione che si colloca l’avvio dell’espansione teutonica in Puglia. La documentazione mostra infatti che nel 1216, grazie all’intermediazione di von Salza, l’Ordine ottenne entrate annuali pari a 150 once, provenienti dalla zecca, dalla dogana e da altri introiti regi di Brindisi. Nel 1221 tali rendite furono ulteriormente incrementate di 200 once, portando il totale a 350 once annue. Per comprendere il significato di queste cifre, lo stesso studio ricorda che il costo di un buon cavallo si aggirava allora tra 2 e 3 once: un confronto che consente di valutare il peso economico di queste concessioni. È su questa base finanziaria che si spiega la maggiore presenza dei Teutonici nelle fonti della Puglia settentrionale proprio a partire dagli anni Venti del XIII secolo.
Lo studio di Houben mostra come, a partire dal 1220, comincino ad affiorare nei documenti notarili una serie di atti di compravendita che hanno un elemento in comune: riguardano terreni, vigne e appezzamenti situati nel “tenimento di Belvedere”. In uno dei primi atti, rogato nel territorio di San Nicandro nel gennaio 1220, un abitante del castrum, un certo Adimitius, dichiara di possedere un piccolo terreno nel tenimento di Belvedere e di averlo venduto ai teutonici a fronte di una somma in denaro, espressa in 20 solidi provesini.
A breve distanza temporale compare un secondo atto, riferibile alla comunità di San Nicola Varano. Il documento riguarda un giovane di nome Riccardo, figlio di Roberto Fasso, che aliena una vigna situata nel tenimento di Belvedere. Anche in questo caso l’Ordine Teutonico figura come acquirente: la vigna viene venduta a Gebardo, precettore dell’ospedale di Santa Maria de Alemannis, per una somma pari a 20 solidi provesini.
Ciò che colpisce non è il valore economico del singolo appezzamento, ma il fatto che in più atti successivi si accumulino cessioni analoghe: pezzi di terra, vigne, che vengono progressivamente accorpati sotto la gestione dell’Ospedale teutonico.
Interessante un atto, datato al 1226, dove il precettero Gualtiero, successore di Gebardo, riceve l’oblazione di tutti i beni dei coniugi Baronus e Adelitia, abitanti di Lesina, i quali se ne riservarono però l’usufrutto vita natural durante. Dopo il loro decesso, tali beni sarebbero diventati proprietà dell’ospedale di S. Maria dei Teutonici di Belvedere, ad eccezione di quattro “bisantii”, destinati alla chiesa di S. Maria di Lesina.
Questo quadro non rimane tuttavia immutato nel tempo. La documentazione analizzata da Hubert Houben indica che a partire dal 1227 si registra un cambiamento significativo. Da quell’anno non risulta più attestata la presenza di un precettore teutonico stabile a Belvedere, elemento che riflette una riorganizzazione interna dell’Ordine. Contestualmente, il baricentro dell’attività teutonica in Capitanata si sposta progressivamente verso Foggia, centro di rilievo per l’amministrazione imperiale e luogo in cui Federico II fece edificare un palazzo con annesso parco, stabilendovi una propria residenza.
Questo mutamento si colloca in una fase particolarmente delicata della storia imperiale. Nel 1227 Federico II viene colpito dalla seconda scomunica, evento che determina un evidente deterioramento dei rapporti con il papato e incide anche sugli equilibri con gli ordini religioso-militari. Negli anni immediatamente successivi si aggiunge la morte di Hermann von Salza, figura centrale nel rapporto tra l’imperatore e l’Ordine Teutonico, che fino a quel momento aveva svolto un ruolo essenziale di mediazione.
Nel periodo successivo, durante il governo di Manfredi, l’Ordine Teutonico ottenne la restituzione dei beni che erano stati in precedenza revocati da Federico II, in una linea di sostanziale continuità con l’impianto amministrativo svevo. Il quadro muta ulteriormente con la caduta della dinastia sveva e l’ascesa al trono di Carlo I d’Angiò, che segna un cambiamento profondo del contesto politico e amministrativo del regno. Le fonti indicano che l’Ordine riuscì comunque a conservare i propri beni, adattandosi al nuovo assetto di potere, sebbene il suo ruolo risulti progressivamente meno centrale rispetto alla fase federiciana.
Perché, a un certo punto, la Puglia smette di essere centrale per l’Ordine Teutonico?
Perché un territorio che per alcuni decenni aveva rappresentato un punto di riferimento politico ed economico può progressivamente scivolare ai margini della storia?
È una domanda che non riguarda soltanto le vicende dei Teutonici, ma il modo stesso in cui il potere si muove nello spazio e nel tempo, ridefinendo continuamente i propri centri e le proprie periferie.
A questo progressivo ridimensionamento contribuisce anche un fattore di scala più ampia. Con il trasferimento definitivo del gran maestro dell’Ordine Teutonico verso l’Europa centro-orientale, e in particolare verso la Polonia, il baricentro politico, militare ed economico dell’Ordine si sposta in modo irreversibile. Da quel momento, la Puglia, e con essa la Capitanata, viene progressivamente a collocarsi ai margini di questo nuovo assetto: un territorio che conserva un rilievo sotto il profilo delle rendite e della gestione patrimoniale, ma che risulta ormai distante dai luoghi in cui si concentrano le decisioni e le strategie che orientano il futuro dell’Ordine.
Nel corso del XIV secolo, la presenza dell’Ordine Teutonico in Capitanata non si sviluppa più in un clima di progressiva espansione, ma si confronta con una realtà territoriale più complessa e spesso conflittuale. A partire dal 1305, emergano segnali di tensione sempre più evidenti tra i Teutonici e le comunità locali, in particolare con San Nicandro.
Le fonti non descrivono un singolo episodio isolato, ma lasciano intravedere una fase di attrito prolungato, legata soprattutto alla gestione dei beni fondiari e ai diritti esercitati dall’Ordine su territori che le comunità vicine percepivano come propri o contesi.
Queste tensioni sfociano in modo esplicito nel 1316, quando si verifica un episodio di particolare gravità. In quell’anno, secondo la documentazione richiamata da Houben, uomini provenienti da San Nicandro, Lesina e Civitate prendono parte a un assalto contro i beni teutonici. Non si tratta di un semplice atto vandalico, ma di un’azione collettiva che coinvolge più comunità, segno di un malcontento diffuso e condiviso. Le fonti parlano di danneggiamenti e violenze che colpiscono direttamente le proprietà dell’Ordine.
In questo contesto di crescente difficoltà, assumono particolare rilievo alcuni atti isolati a favore dell’Ordine, provenienti da singoli individui o famiglie di Apricena, menzionati episodicamente nella documentazione.
Nella prima metà del XV secolo, la presenza di Foggia emerge solo in modo sporadico dalla documentazione contabile disponibile. Le fonti riportano, per la commenda di San Leonardo di Siponto, entrate pari a 54 ducati riferibili agli esercizi tra il 1433 e il 1434, e tra il 1434 e il 1435, provenienti da censi gravanti su due terreni situati a Foggia. Negli anni immediatamente successivi compaiono inoltre spese per lavori edilizi nella stessa località, registrate per gli esercizi nei periodi 1436 – 1437, 1439 – 1440 e 1440 – 1441, senza che la documentazione consenta di precisarne la natura o l’entità.
La fase federiciana segna l’apice della presenza dei Cavalieri Teutonici in Puglia, ma non ne determina la scomparsa: l’Ordine continua a essere documentato nel territorio anche nei secoli successivi, in un contesto ormai profondamente cambiato. In questa prospettiva, le vicende di Belvedere, di Foggia e di San Leonardo di Siponto permettono di seguire l’evoluzione concreta di tale presenza nel tempo: non più centrale come nel XIII secolo, ma ancora riconoscibile nelle fonti successive, attraverso beni conservati, pratiche amministrative e interventi puntuali, lasciando una traccia duratura nella storia del territorio.
Fonti:
– “Il complesso di S. Maria di Selva della Rocca a Belvedere: un’analisi archeologica”, R. Giuliani e F. Stoico (Atti del Convegno internazionale Foggia-Lucera-Pietramontecorvino, 2009 a cura di P. Flavia, H. Houbon e K. Toomaspoeg, Mario Congedo Editore).
– “Federico II e i cavalieri teutonici a Belvedere (Apricena) e Foggia: scavi archivistici”, H. Houben (Atti del Convegno internazionale Foggia-Lucera-Pietramontecorvino, 2009 a cura di P. Flavia, H. Houbon e K. Toomaspoeg, Mario Congedo Editore).

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