La tradizione dei Sepolcri nella Settimana Santa

LA TRADIZIONE DEI “SEPOLCRI” NELLA SETTIMANA SANTA.

La Settimana Santa è un evento che coinvolge tutta la comunità. In Daunia e nel Gargano essa rappresenta un insieme di ritualità molto sentite, celebrate nei vari borghi e città con le specifiche sfumature e differenze.

Una di queste è molto particolare e si lega in modo specifico al concetto di resurrezione e ai simboli di rinascita primaverile della natura: il rituale dei “Sepolcri” o “Seppulch”, in dialetto garganico.

I Sepolcri condensano gesti e tradizioni che affondano le radici (è il caso di dirlo) nell’antichità classica. Non soltanto in Puglia, ma anche in Calabria e in Sicilia, i Sepolcri rappresentano da sempre la rinascita del Dio della natura, oggi connaturato in Gesù Cristo.

I preti ci raccontano che i semini di grano fatti crescere al buio, all’interno di ciotole di forme diverse (spesso, a forma di croce) simboleggiano la morte di Gesù e, una volta germogliati e diventati biondo-oro, rappresentano la sua resurrezione.

Le nostre mamme e le nostre nonne, prima del periodo pasquale, seminavano grano, lenticchie, cicerchie e ceci dentro piatti o ciotole che conservavano al buio, appunto, e bagnavano ogni due giorni. Tali piantine, una volta cresciute, decorate con nastri colorati e adornate di fiori, venivano portate in chiesa il Giovedì Santo e poste accanto all’immagine di Cristo morto.

Dopo aver superato il giorno più triste, il Venerdì Santo, al mattino della Pasqua, dopo la messa, le donne portavano via il “grano santo” e lo piantavano negli orti o lo regalavano alle vicine, come segno di buon augurio.

Anche le donne greche durante le Adonie seminavano grano, legumi e fiori nei vasi di terracotta. Cresciute le piantine, le ponevano accanto alle immagini di Adone morto. Al termine delle celebrazioni, prendevano i vasi con i germogli ormai appassiti e li gettavano nelle fonti d’acqua insieme alle statuette del Dio.

Secondo il Frazer, Adone, che in lingua semitica significa “Signore”, come altre divinità orientali che morivano e resuscitavano, era un dio del grano e della vegetazione. Le Adonie erano destinate a promuovere la crescita e il rinvigorimento della vegetazione, secondo il principio della magia imitativa: riproducendo la vita delle messi, i contadini credevano di assicurarsi un buon raccolto.

I “Giardini di Adone”, i nostri Sepolcri, erano dunque una ritualità misterica atta a incoraggiare la crescita della vegetazione e rappresentavano il risveglio primaverile della natura dal sonno invernale.

Questa interpretazione, tuttavia, non trova tutti d’accordo. L’antropologo Marcel Detienne, a esempio, osservava che le Adonie si celebravano in estate e non in primavera, e cioè nei giorni della canicola e dell’aridità. I “giardini” verdeggianti e vivaci non rappresentavano rinascita e vita, ma morte e desolazione. Il rigoglio era illusorio, rivelava l’impotenza a fruttificare: appena verdi, infatti, le piantine inaridivano velocemente sotto il calore del sole estivo. Al termine della ritualità, inoltre, le donne gettavano i vasi e il loro contenuto nell’acqua fredda delle sorgenti o nel mare infecondo.

In realtà, vi erano Adonie estive (ad Antiochia e Alessandria) e Adonie primaverili (in Siria e ad Atene).

Ad Atene la prima parte della festa rappresentava il lutto per la morte di Adone, con pianti e lamenti di donne e canti di dolore. Seguiva la seconda parte, dove in processione si portavano le immagini di Adone e Afrodite, circondate da simboli di ogni specie appartenenti alla natura primaverile e dai cosiddetti “Giardini di Adone”. Durante le Adonie le donne piantavano cereali e ortaggi in vasi e cesti di diversa forma e ci si augurava il ritorno di Adone per l’anno nuovo.

Simboli antichi rinnovati nel nome della nuova religione. La Chiesa, con grande abilità, soprattutto per celebrazioni come quella del Cristo morto e resuscitato, aveva innestato la fede cristiana sul “vecchio tronco” del paganesimo.

Di sicuro, ogni gesto rappresenta un ponte tra l’antico e il moderno, tra il vecchio e il nuovo, dove la cultura millenaria non smette mai di stupire e rinfrancare gli animi.

Foto di Nazario CRUCIANO

Garganodascoprire

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