Il maltempo del 1968, all’entrata del Porto di Levante

Il maltempo del ’68, la sera giù  “da via del Porto”, dove di fronte guardavi il vecchio cipresso,esistente ancora oggi,dove toccava con la punta un pezzo di cielo, oltre alla facciata pietrosa di un muro posto in un angolo. Radice di erbe selvatiche contro un vento nebbioso,arrivato dalle acque agitate del mare calmo e profondo ,che pieno si infrangeva con le onde contro lo scalo, su una panchina del vicinato,di quando cadeva una sottile pioggia – e non si sa se veniva dall’alto, se veniva dall’aria! La strada di tale via era simile ad un pantano di inchiostro, i lampioncini riflettevano sulle piante dei fiori del giardino. Pescatori in mezzo al mare,un silenzio masticato, calmo, sospesi nel cieco spazio infinito, il suono del richiamo della vedetta -attaccata a un cielo di piombo e a un mare di gesso.

A sorsi scendeva giù nei polmoni un bicchiere di umidità senza fondo! Il castello sembrava contenesse il maltempo, la casa del molo un punto di spicco! Dalle vetrate dei suoi finestroni si intravedevano, muri ombrosi di vissuto, voci lasciate negli atri, un finestrino chiuso. Un marinaio pregava a un crocifisso di bordo; pauroso e con poca croce il sentimento di altri due  di cabina – che tremavano. Anziane, sparse sul lungomare; con la coroncina del rosario con l’immagine di Sant’Andrea – in una mano di fatica e sacrificio! Il vecchio cipresso toccava con la punto un pezzo di rigo nero, che sbucava nella nebbia alta dal fumo di tempesta .

Di Claudio Castriotta

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