SIPONTO: ALLE ORIGINI DI MANFREDONIA.
Prendiamo spunto dal titolo del nutrito articolo apparso sul n. 228, Anno XLIII, novembre/dicembre 2024 di Archeologia Viva (ancora in edicola), che dedica anche la copertina a Siponto, con l’immagine notturna dell’installazione artistica di Edoardo Tresoldi, presente nel parco archeologico sopra i resti della chiesa paleocristiana collocata di fianco alla splendida Santa Maria Maggiore.
L’articolo parla del progetto archeologico che mira a ricostruire la reale dimensione storica e topografica di una città, Siponto, che fra età romana e medioevo dette vita a uno scalo portuale verso l’Oriente e non solo. Viene fatto anche il punto sulla situazione degli scavi recenti e di quanto emerso dal lavoro di recupero. Vediamo nel dettaglio.

Innanzitutto, l’area archeologica di Siponto, l’antica ‘Sipontum’, si trova qualche chilometro a sud di Manfredonia, in un contesto paesaggistico oggi profondamente diverso da quello dell’età antica e medievale, quando il territorio era dominato da lagune, paludi e saline, prima degli interventi di bonifica che hanno portato alla realizzazione del borgo moderno lungo la fascia costiera, che oggi separa il sito archeologico dal mare.
La percezione attuale è molto diversa da quella che poteva avere un viaggiatore del passato, quando l’intero territorio costiero tra il Gargano e la foce del fiume Ofanto era costituito da un’estesa laguna, in parte anche navigabile. Per averne un’idea, ci si può spingere qualche chilometro a sud, verso il lago Salso, un’oasi naturale in uno straordinario contesto ambientale, ultimo residuo di un paesaggio umido quasi completamente sparito per effetto delle opere di bonifica e delle trasformazioni più recenti.
Gli autori dell’articolo continuano dicendo che le ricerche archeologiche a Siponto avevano avuto finora un carattere molto limitato, per estensione delle aree di scavo, e settoriale, per l’indagine incentrata su un aspetto o su un periodo storico. Una serie di piccoli saggi e trincee avevano riguardato parti delle mura e alcune porzioni della città antica, che occupava circa venti ettari ed era delimitata dal circuito murario risalente alla fase d’impianto della colonia romana (prima metà del II sec. a.C.) e più volte modificato nel corso dei secoli successivi.
Tra gli anni Trenta e Cinquanta del secolo scorso scavi indirizzati alla scoperta di un tempio di Diana – a seguito del rinvenimento in una cisterna di un pilastrino iscritto (CIL IX, 6242) con la dedica alla divinità della caccia – portarono all’individuazione di una chiesa paleocristiana, riportata in luce purtroppo senza metodo scientifico, prima delle indagini stratigrafiche degli anni Ottanta coordinate da Marina Mazzei, cui si deve un grande impulso alla conoscenza e alla valorizzazione del sito. Scavi più estensivi sono stati condotti nel primo decennio di questo secolo su una porzione della città medievale da Caterina Laganara dell’Università di Bari.
Si apprende che l’obiettivo primario era quello di ricostruire l’intera vicenda della città dalla fondazione come colonia fino al progressivo spopolamento, nel corso del XIV secolo, a favore della vicina Manfredonia, sorta per volontà di Manfredi di Svevia.
Il primo impegno è stato quindi quello di una campagna di prospezioni geomagnetiche estensive (condotta da Laura Cerri) su circa 18 ettari a fronte dei 20 ettari occupati dalla città romana e medievale, i cui risultati hanno consentito di acquisire una prima immagine della città nella sua ultima fase di vita, che l’indagine stratigrafica sta verificando.
Per evitare i rischi di indagini condotte solo in una porzione della città, sono state impostate tre ampie aree di scavo: a nord, nel settore dell’anfiteatro e di un tratto delle mura urbiche; al centro, in corrispondenza di uno degli isolati di età romana e medievale, con l’intento di indagare una grande ‘domus’ e altre strutture di età medievale; a sud-est, oltre la linea ferroviaria, nel quartiere prossimo al porto.
Le indagini nell’area dell’anfiteatro romano hanno portato alla luce un’ampia porzione del paesaggio urbano della ‘Sipontum’ di età medievale, che prese forma sulle rovine della cavea e dell’arena con una serrata successione di abitazioni e spazi adibiti allo stoccaggio in fosse dei cereali e con la realizzazione di un edificio di culto a navata unica, di cui è stata rinvenuta negli strati di crollo parte della decorazione pittorica delle pareti.
Inoltre, all’esterno di questa chiesa, si articolava un esteso cimitero, con sepolture singole e plurime, in semplici fosse terragne oppure con rivestimento in pietra, queste ultime talvolta apprestate sfruttando lembi delle murature preesistenti.
Quanto all’anfiteatro stesso, ricostruibile solo per la forma complessiva e le dimensioni (metri 78 x 68 circa), che farebbero pensare a un edificio di media grandezza, poteva ospitare fino a circa settemila spettatori (simile a quelli di altre città romane in Puglia come ‘Herdonia’ e ‘Rudiae’).
Notevoli sono anche i dati che emergono sull’edilizia abitativa della Siponto medievale, dove troviamo una grande residenza del XIII secolo, articolata in vari ambienti intorno a una corte con pozzo, e poi una serie di altre abitazioni più modeste a pianta più semplice, rettangolare. Un edificio, nella zona portuale, realizzato in una bella muratura rivestita di intonaco, posto al di sopra di strutture di età romana e tardoantica, aveva probabilmente una qualche funzione pubblica.
Di grande interesse sono anche le testimonianze della cultura materiale sempre di età medievale, con ceramiche, metalli, vetri, alcuni di grandissima qualità, recuperati soprattutto grazie al rinvenimento di un “ricco” immondezzaio, databile tra il XIII e gli inizi del XIV secolo.
Visitare il parco archeologico di Siponto è a dir poco suggestivo, in grado di evocare tempi lontani quando ai piedi del Gargano la vita scorreva in modo totalmente differente dalla realtà odierna.
Archivio di Giovanni BARRELLA.
Foto e parte del testo: Archeologia Viva (articolo completo), n. 228, Anno XLIII, novembre/dicembre 2024.
Autori dell’articolo su Archeologia Viva:
– G. De Venuto e L. Piepoli, ricercatori di Archeologia all’Università di Bari;
– D. Pian, funzionaria Archeologia Belle Arti Paesaggio per le province BAT e Foggia;
– R. Goffredo, professore associato di Metodologie della ricerca archeologica all’Università di Foggia;
– A. Guarnieri, soprintendente Archeologia Belle Arti Paesaggio per le province BAT e Foggia;
– F. Longobardi, direttore regionale Musei Puglia;
– A. Treglia, direttrice parco archeologico di Siponto;
– M. Turchiano, professoressa associata di Archeologia cristiana, tardoantica e medievale all’Università di Foggia;
– G. Volpe, professore ordinario di Metodologie della ricerca archeologica all’Università di Bari ‘Aldo Moro’