“Donato u Sciabcaiule (1978)”

Manfredonia – ERA gennaio, il bagnasciuga indurito dal freddo, le onde agitate dal maltempo. Di giorno Donato visitava Manfredonia, con il suo camminare a piedi scalzi ed il pantalone aggrovigliato all’altezza della caviglia. Giacca grigia, grande in avanti sopra una maglia di lana bianca. La sua meta fissa: dall’acqua di Cristo alle Case Marinare, in solitudine.

Non aveva nessuno che l’aspettava: abitava in una piccola casa con pochi mobili, senza mezzi, non so neanche se a volte mangiava. Ricordo che al pantalone, invece di tenere la cinghia, portava un pezzo di rete di sciabica lungo i passanti con un nodo che faceva da fibbia. Una mattina lo vidi con un paio di mocassini neri un po’ malandati, ma finalmente aveva un paio di scarpe.

Manfredonia, 1978. Donato dimorava quasi tutto il giorno tra la spiaggia e il mare; quel mare che era stato la sua vita, la sua unica famiglia. L’unica cosa che non gli mancava mai era il sorriso eterno, stampato sul viso quasi da bambino, eterno come il suo animo di nobile pescatore.

Siponto e Manfredonia erano stati i luoghi della sua vita lavorativa, quando all’alba – con altri pescatori – tirava le reti della sciabica. Dunet parlava poco e anche male, in realtà non lo si riusciva a capire bene quelle poche volte che pronunciava qualche frase. Una cosa incredibile mi viene in mente, mai nessuno è riuscito a staccarlo da quel suo mare e da quella sua spiaggia che lo ha ritirato in un giorno qualunque dalla terra.

A cura di Claudio Castriotta

Exit mobile version