Cultoon arrivò su Sky il 1° maggio 2007 come un’idea semplicissima e, proprio per questo, potentissima: un canale sempre acceso che macinava “classici” a ciclo continuo.
Non era un canale “anime” nel senso moderno del termine: era una macchina della nostalgia, una palestra di recuperi, una sorta di WWE 24/7 della TV animata dove il match non era sul ring, ma nel palinsesto.
Per un periodo breve ma intensissimo, funzionò perché prometteva una cosa chiara e la manteneva: rivedere (o scoprire davvero) titoli spariti dai radar generalisti, spesso conosciuti grazie alle locali e alle repliche “di fortuna”.
Poi arrivò la frattura: la causa, il cambio nome, la rotazione dei titoli, la competizione indiretta con un mercato che nel frattempo si stava organizzando meglio.
E, come spesso succede alle idee nate per essere piccole e coerenti, l’ambizione di diventare altro finì per sfilacciarne l’identità.
Un’idea inglese per una nostalgia italiana: perché nasce Cultoon
Il progetto nasce dentro la galassia di canali “tematici” che Sky, in quegli anni, stava provando a far germogliare: canali mirati, riconoscibili, con un target preciso. Cultoon viene presentato come rete d’animazione “per adulti”, 18–35, e il dettaglio più interessante è che dietro c’è una regia editoriale consapevole: David Bouchier, figura legata anche al lancio di JimJam e ad altre iniziative televisive sul colosso di Murdoch. Non è solo “un canale di cartoni”: è un canale che punta dichiaratamente al recupero e alla curatela, quasi come farebbe un’etichetta musicale con ristampe e compilation. A inizio aprile 2007, quando viene annunciato, l’impostazione è chiara: classici giapponesi e titoli statunitensi “underground” (o comunque fuori dal giro dei soliti passaggi generalisti).
Maggio 2007: la partenza che sembrava un festival perpetuo
L’avvio del 1° maggio 2007 è il momento in cui Cultoon diventa, per molti, una piccola “casa” televisiva. Il palinsesto del mese di lancio è un manifesto: Capitan Harlock, Ranma, Lamù, Conan il ragazzo del futuro, Cyborg 009, Kyashan, Daitarn III, Gordian, Fantaman, accanto a presenze USA come He-Man, BraveStarr e Fat Albert. La stampa e i siti specializzati dell’epoca sottolineano esattamente questo: un canale h24, pensato per chi vuole riaprire un cassetto che la TV generalista aveva chiuso. E qui scatta la magia “WWE 24/7”: non tanto perché fosse tutto nuovo, ma perché era tutto sempre disponibile. Se ti perdevi un episodio, non era una tragedia: sapevi che quel titolo sarebbe tornato. Se ti eri perso una serie per anni, avevi la sensazione che Cultoon stesse “riparando” un torto storico della TV italiana, fatta di spezzoni, censure, programmazioni schizofreniche e repliche incomplete.
Il “patto” col pubblico: repliche sì, ma intelligenti
All’inizio, la ripetizione non era percepita come un problema: era parte della promessa. La differenza, però, la faceva la varietà del giro titoli. Se la rotazione cambia e la library si muove, la replica diventa comodità. Se la rotazione si blocca, la replica diventa stallo.
Nel 2007, Cultoon regge perché sembra in espansione: aggiunge e alterna, strizza l’occhio a recuperi che arrivavano dalle locali e da passaggi “mitologici” degli anni precedenti, e lo fa in modo leggibile. Un elemento chiave, già annunciato nelle discussioni dell’epoca, è l’idea di una dimensione “interattiva”: sito e forum come estensione del canale, luogo dove commentare serie e palinsesto. È importante perché anticipa un concetto: non solo TV, ma comunità.
Da canale 703 a canale 148: l’illusione del salto di qualità
Nel 2008 Cultoon viene riposizionato nel bouquet Sky (canale 148), scelta che suona come una promozione: più visibilità, più “dignità” da intrattenimento vero e non solo da nicchia sperduta tra musica e cartoon. Anche qui, l’impressione è che il progetto stia crescendo. Da canale 703 a canale 148: la promozione e l’illusione del salto di qualità. Eppure proprio attorno a quel momento arriva la frattura che cambia tutto: non un semplice restyling, ma un terremoto d’identità.
La causa, la parola proibita e la nascita di Cooltoon
La svolta arriva per un motivo che oggi sembra quasi grottesco (ma è tipico della TV): il nome. A fine aprile 2008 Fox ottiene ragione in una disputa legata alla denominazione “Cultoon”, giudicata ambigua e potenzialmente confondibile con il brand “Cult” (Fox). Risultato: stop all’uso del marchio e necessità di cambiare identità. Nasce così Cooltoon: una semplice lettera spostata, ma un mondo che cambia. Perché quando cambi nome, in TV, spesso cambi anche missione. E qui, infatti, la missione si sposta.
La spaccatura: da “vintage curato” a “anime channel” irrisolto
Cultoon, nel suo DNA, era soprattutto “retro-nostalgia organizzata”: robottoni, avventure, titoli 70–80 (e qualche incursione), con una spruzzata USA. Cooltoon tende invece a inseguire un’idea più larga e più rischiosa: essere un canale “anime” più continuativo, includendo titoli percepiti come più moderni o più vicini agli anni ’90 e 2000.
Le liste di programmi attribuite al periodo Cooltoon mescolano ancora classici e recuperi, ma includono anche titoli che spostano l’asse: Great Teacher Onizuka, InuYasha, Dai Guard, e varie serie che in Italia avevano già un percorso home-video o andati in onda da poco su altri canali più blasonati. Il punto non è che “modernizzare” sia sbagliato. Il punto è: modernizzare con quali mezzi? Cooltoon non aveva la library e la potenza per reggere la definizione di “canale anime” nel senso pieno, perché era nato per essere un canale di repliche/recuperi, non un concorrente strutturale dei nuovi player.
La nascita di Hiro
Nel dicembre 2008 nasce Hiro su Mediaset Premium: un progetto che, per caratteristiche industriali, parte con una disponibilità di catalogo e di diritti molto più ampia, e con un’impostazione “canale ragazzi/anime” più continuativa. Il canale poteva contare su una library Mediaset enorme (centinaia di titoli) e di un’offerta che vuole essere “di ieri, oggi e domani”. Qui avviene lo “scontro”: non un duello diretto a colpi di comunicati, ma una collisione nel mercato. Per lo spettatore, nel giro di poco, l’idea di “canale animazione” cambia: se esiste una rete che può attingere a un magazzino più vasto e più vario, Cooltoon rischia di sembrare piccola, ripetitiva, fragile. E soprattutto: non più unica.
Il paradosso: Cooltoon avrebbe dovuto restare ciò che era
La tesi che emerge, guardando oggi la traiettoria, è quasi crudele: Cooltoon avrebbe funzionato meglio rimanendo un “canale di recuperi” coerente, con rotazione ampia e identità vintage forte, invece di inseguire l’etichetta di “canale anime” tout court.
Perché l’idea originaria aveva un vantaggio competitivo limpido: ti do quello che non trovi altrove, in un flusso continuo.
Quando provi a diventare “tutto”, finisci per essere “poco”, specie se i diritti e i budget non ti seguono.
L’effetto “catalogo Dynit” e la sensazione di restringimento
Una parte importante della programmazione Cooltoon si lega a titoli presenti nel circuito Dynamic/Dynit (e dunque, spesso, già riconoscibili per chi seguiva home video e fiere). Questo crea due reazioni opposte nel pubblico:
da un lato chi è contento perché vede in TV cose che prima erano “da DVD”; dall’altro chi vive il cambiamento come tradimento del patto originario, perché sente di perdere il “vintage raro” a favore di una selezione meno identitaria.
Le repliche smettono di essere un servizio e diventano un sintomo
Arriviamo al punto più doloroso: oltre due anni in cui, nella percezione del fandom, Cooltoon entra in modalità “pilota automatico”.
Qui bisogna essere onesti: le repliche sono fisiologiche per un canale tematico con library limitata. Ma quando diventano la sostanza quasi totale, il pubblico legge il messaggio non detto: “non ci investiamo più”.
La stessa memoria collettiva, in vari spazi di discussione, tende a descrivere quel periodo come un lungo trascinamento. E nel frattempo nasce e cresce Man-ga (luglio 2010), che si posiziona con un’identità più netta e con un impianto editoriale più riconoscibile per l’animazione giapponese. In realtà, anche questo canale avrà i suoi alti e bassi, nonostante i 10 anni di vita su Sky. Ora però si accinge a “resuscitare” sulla HBBTV, ma questa è un’altra storia.
La chiusura: 1° aprile 2011, fine delle trasmissioni su Sky
Il 1° aprile 2011 Cooltoon chiude ufficialmente su Sky. Il tutto tamite un messaggio a schermo sul caale 148 che certifica la fine della disponibilità del canale. È la chiusura di un esperimento durato quattro anni, ma con una “prima vita” molto più breve e intensa, e una “seconda vita” lunga e ripetitiva. L’idea che venga “soppresso” e superato dal nuovo scenario, con Man-ga ormai presente e più forte nella percezione degli appassionati, completa la parabola: quando il mercato offre un prodotto più strutturato, il progetto più fragile diventa sacrificabile.
Il forum di Cooltoon: il vero cuore emotivo del canale
Se Cooltoon (e prima Cultoon) ha avuto un’anima, molti la collocano nel forum ufficiale: un luogo di ritrovo per animefan e nostalgici, una piazza virtuale dove si parlava di vintage, cartoni, cultura pop, Giappone e animazione in senso largo.
Qui entrano le figure importanti: Diego, Mic e Andrea, moderatori e “addetti ai lavori” percepiti come presenze rassicuranti. Nel ricordo di alcuni utenti, l’elemento speciale era la sensazione di contatto: l’idea che loro interagissero “da Londra”, dal quartier generale, e che perfino le proposte degli utenti potessero finire scritte su una lavagna in ufficio, come promemoria editoriale. Questa parte, va detto con rigore, vive soprattutto nel piano della testimonianza e della memoria di community più che in comunicati ufficiali facilmente recuperabili oggi. Ma proprio per questo è preziosa: racconta come un canale piccolo cercasse autorevolezza e calore creando prossimità. E non era solo “parliamo delle puntate”: i moderatori proponevano thread tematici su animazione, Giappone, cultura pop, facendo del forum una specie di dopolavoro nerd collettivo. Un modo per tenere in vita il canale anche quando, in TV, il palinsesto iniziava a girare a vuoto.
Jem e le Holograms: l’annuncio mancato e il fantasma dei diritti
Nel mosaico di annunci, suggestioni e promesse che animavano il forum ufficiale di Cooltoon, uno dei casi più emblematici riguarda Jem e le Holograms. Andrea e Diego sul forum parlarono più volte della possibile messa in onda della serie sul canale, alimentando l’aspettativa di un recupero che avrebbe perfettamente incarnato lo spirito originario di Cultoon: vintage, culto trasversale e memoria televisiva condivisa.
L’annuncio, tuttavia, non si tradusse mai in un palinsesto concreto. Jem non arrivò mai sugli schermi di Cooltoon, né in forma di maratona né come programmazione regolare. La spiegazione non fu mai ufficializzata, ma all’interno del forum prese rapidamente corpo l’ipotesi più plausibile: problemi legati ai diritti, probabilmente più complessi del previsto per una rete che, già in quella fase, sembrava operare con margini sempre più ristretti.
Non a caso, in diverse discussioni gli amministratori utilizzarono una metafora ricorrente e piuttosto eloquente, parlando di “pescecani” pronti ad appropriarsi di determinate serie per impedire che reti emergenti come Cooltoon potessero rafforzare la propria identità editoriale. Chi fossero questi “pescecani” non venne mai chiarito, né allora né in seguito, e non esistono elementi verificabili per identificarli con precisione. Ma l’immagine rende bene il clima dell’epoca: un mercato altamente competitivo, in cui anche l’acquisizione di un singolo titolo poteva fare la differenza tra sopravvivenza e marginalizzazione.
Il caso Jem diventa così simbolico. Non solo per ciò che non andò in onda, ma perché racconta in controluce la fragilità strutturale di Cooltoon: un canale con idee e intenzioni, ma spesso costretto a fare i conti con dinamiche industriali più grandi di lui, dove i diritti non erano soltanto contratti, ma strumenti di pressione e di esclusione.
Anti-Mediaset, censure e identità “di resistenza”
Nel forum c’era anche un tratto identitario molto marcato: un sentimento fortemente anti-Mediaset, spesso motivato dal tema delle censure e dai “tagli” percepiti su molte messe in onda generaliste. Questo elemento è importante perché spiega una cosa: Cooltoon, olte a essere un canale, era per alcuni una bandiera. E quando una bandiera diventa identità, si crea anche l’altro lato della medaglia: il tribalismo.
Repliche infinite, palinsesto fermo, missione tradita
Nel forum (e più in generale nel fandom), le lamentele si polarizzavano: c’era chi protestava per le repliche a nastro, per l’assenza di novità, per la rotazione sempre più stretta; e c’è chi, al contrario, difendeva tossicamente il canale e le serie in onda come se fossero un dogma, arrivando a schernire chi guardava anime altrove (Italia 1, MTV, Hiro, locali).
Questa parte di utenti è sociologicamente interessante: perché l’accanimento contro “chi guarda altrove” è spesso il segnale di una fragilità identitaria. Quando il tuo oggetto del cuore (Cooltoon) smette di essere oggettivamente competitivo, la difesa può trasformarsi in superiorità morale: “Se guardi altri canali sei meno puro”. È una dinamica tipica dei fandom quando la realtà industriale (diritti, budget, palinsesti) non coincide più con il mito che la community si racconta.
Perché quell’ostilità verso altri canali?
Anche il sottoscritto era uno dei tanti utenti del defunto forum di Cooltoon, le cui pagine non sono disponibili, purtroppo, neanche da Internet Archive. A 14 anni dalla fine del canale e del sito, risulta ancora inspiegabile il perché dell’accanimento verso altri canali proponenti serie animate. Qui di seguito si propone un’ipotesi garbata e raziocinante che non vuole affatto essere la verità assoluta: per molti, Cooltoon era percepito come “l’ultimo posto non contaminato”, il luogo dove la nostalgia veniva trattata con rispetto e dove l’animazione sembrava più “adulta” o più “autentica”.
La presenza di altri canali (Italia 1, MTV, Boing, Hiro) o contenitori, scatenava la paura di perdere unicità e purezza. E la paura, nei fandom, spesso si traveste da disprezzo.
La voce su Animax: leggenda da forum, ma con un contesto reale
A questo punto, per completezza, vogliamo citare anche una tipica leggenda da community: l’idea che Cultoon fosse nato perché Sky avrebbe rifiutato di comprare Animax (o non sarebbe riuscita a portarlo in Italia). Non c’è una conferma solida e ufficiale facile da inchiodare, quindi va raccontata come voce, non come fatto.
Però il contesto reale esiste: nel 2008 AXN avvia in Italia uno spazio anime chiamato effettivamente Animax, con titoli come Planetes e I cieli di Escaflowne, e successivamente Noein e .hack//SIGN. Vari resoconti ricordano che questa programmazione fosse pensata come test e che poi lo “spazio” venne ridimensionato o eliminato. Quindi la leggenda “Sky voleva Animax ma ripiegò su Cultoon” resta non provata, ma non nasce dal nulla: nasce in un ecosistema in cui Animax veniva effettivamente evocato, sperimentato, annusato come possibilità italiana.
Un contesto florido e competitivo
Alla nascita di Cultoon, nel 2007, non esisteva affatto un vuoto dell’animazione televisiva italiana. Al contrario, il terreno era sorprendentemente fluido e fertile. Italia 1 stava vivendo una delle sue ultime grandi stagioni anime-oriented, con una proposta ampia e variegata che includeva Keroro, Mermaid Melody, Hunter × Hunter e Naruto. Parallelamente, MTV continuava a presidiare la fascia più adulta e “di culto” con titoli quali Fullmetal Alchemist (prima serie), le nuove puntate di Inuyasha, Nana e il tokusatsu del 2004 Garo.
In questo scenario, la chiusura di Italia Teen Television all’inizio del 2006 – oltre un anno prima della nascita di Cultoon – non va letta come la fine di un’epoca, ma come un passaggio chiave per comprendere il contesto. ITT aveva rappresentato un esperimento peculiare, una rete giovane e irregolare che aveva intercettato un pubblico curioso, e la sua scomparsa lasciò spazio a una riorganizzazione dell’offerta più che a un deserto creativo. Il primo canale anime italiano mai creato
È proprio qui che Cultoon avrebbe potuto, essere una novità esclusiva, senza precedenti su Sky e sulla TV free. Non un successore di ITT, non un’alternativa a Italia 1 o MTV, né tantomeno l’embrione di un canale anime generalista. Cultoon era nato con lo spirito di una forza centripeta: un deposito di cult, di serie bellissime dei “bei tempi andati”, di titoli dimenticati o confinati nelle programmazioni pomeridiane di emittenti locali come Telecapri, Super 3 e molte altre reti regionali, spesso non ricevibili su tutto il territorio nazionale.
Cultoon avrebbe potuto essere il punto di convergenza di quell’Italia animata frammentata, una casa comune per cartoni replicati in modo diseguale, talvolta mutilati o dispersi, offrendo loro una dignità nazionale e una continuità che i canali generalisti, per natura e per missione, non erano più in grado di garantire. Inseguendo invece una trasformazione in Cooltoon e una competizione implicita su un terreno già affollato, il canale finì per allontanarsi proprio da quella funzione che, nel 2007, lo rendeva davvero necessario.
Cultoon/Cooltoon come “storia di una buona idea troppo fragile”
Rileggendo tutta la parabola, Cultoon/Cooltoon sembra l’esempio perfetto di un canale nato con una missione chiarissima (nostalgia curata, flusso continuo, community attiva) e poi indebolito da tre forze convergenti: un cambio identitario imposto (nome e target), una concorrenza industrialmente più attrezzata (Hiro e, nel frattempo, Man-ga), e una library che, col tempo, pare restringersi invece di rinnovarsi.
Eppure, proprio perché fragile, è rimasto nel cuore: non tanto come “il canale perfetto”, ma come quel posto strano in cui, per un po’, sembrava possibile riaccendere un pezzo di televisione che in Italia vive spesso solo di ricordi e repliche tagliate.
Una WWE 24/7 versione non wrestling ma anime, con robottoni, detective assurdi, pirati spaziali, e un forum dove – tra nostalgia, flame e sogni di palinsesto – qualcuno credeva davvero che una proposta scritta potesse finire su una lavagna a Londra (e forse era davvero così).


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