Chi c’era prima in Palestina? E da dove viene il nome “Palestina”?
In questi giorni ho voluto approfondire leggendo alcuni libri in mio possesso (tra i quali consiglio “Le parole di Gesù” del prof. Umberto Galimberti, “Bibbia” dei prof.ri Ludwig Monti, Enzo Bianchi, Mario Cucca, Federico Giuntoli, “Storia dei popoli arabi” dei prof.ri Albert Hourani, Malise Ruthven, Vermondo Brugnatelli) sulla questione dell’origine dei popoli di Israele e Palestinese.
La faccenda è molto delicata, ma ho cercato di mantenere una certa sobrietà ed equilibrio andando a capire le motivazioni storico e sociali della situazione mediorientale. Una sorta di chiarimento per me stesso che ho voluto rendere pubblico e mi scuso se urto la sensibilità dell’una o dell’altra parte.
Quando si parla di Palestina, la prima cosa da chiarire è che stiamo usando un nome moderno per una regione che ha avuto molti nomi diversi e che, nei millenni, è stata abitata da popoli differenti, mescolati, conquistati, assimilati. È una terra piccola, ma con una densità di storia che non ha pari: crocevia di imperi, di religioni e di commerci. Ed è proprio questa complessità che rende difficile – e spesso fuorviante – la domanda “chi c’era prima?”.
I cananei e le prime città
Partiamo dall’inizio. I più antichi abitanti noti della regione, nel II millennio a.C., erano i Cananei, popolazioni semitiche (che parlano lingue appartenenti al ceppo linguistico comune come arabo, ebraico, amarico, aramaico. Il termine “semitico” deriva dal nome di Sem, un personaggio biblico, e la sua definizione è di natura prevalentemente linguistica e culturale, non etnica o razziale) che vivevano in città come Gerico, Megiddo, Hazor. Avevano una lingua e una cultura affini a quelle dei Fenici, e i loro regni erano vassalli dei grandi imperi dell’epoca: l’Egitto dei faraoni, l’Impero ittita, poi l’Assiria.
In questo contesto, verso il XIII secolo a.C., compare nella documentazione egizia un nuovo nome: “Israele”. Lo troviamo nella stele di Merneptah, un’iscrizione del 1208 a.C. in cui il faraone celebra la vittoria su un popolo chiamato appunto “Israel”. È la prima menzione storica degli ebrei.
Questi “Israeliti” non arrivano come invasori esterni, ma sembrano piuttosto gruppi di pastori seminomadi che si stabiliscono nelle colline centrali dell’attuale Cisgiordania. L’archeologia mostra continuità culturale con i Cananei: stesse ceramiche, stesse abitazioni, ma con alcune differenze religiose. È lì che nasce, lentamente, il popolo di Israele e, più tardi, la religione ebraica.
Regni, esili e ritorni
Tra il X e il VIII secolo a.C. si formano i regni di Israele e di Giuda, con Gerusalemme come capitale del secondo. Poi arrivano le conquiste: prima gli Assiri, poi i Babilonesi, che nel 586 a.C.
distruggono il Tempio e deportano l’élite ebraica.
Ma pochi decenni dopo, sotto i Persiani, gli ebrei tornano, ricostruiscono il Tempio e ristabiliscono la loro presenza nella regione, ora chiamata Yehud (Giudea). È in quest’epoca che si consolida l’identità religiosa e culturale ebraica.
Con Alessandro Magno e poi con i Romani, la regione cambia di nuovo padrone. Dopo la rivolta ebraica del 70 d.C. e la distruzione del Secondo Tempio, Roma punisce la Giudea. E qui arriviamo al nome “Palestina”.
L’origine del nome “Palestina”
Il termine deriva da “Philistia”, la terra dei Filistei, un popolo del mare che nel XII secolo a.C. si stabilì lungo la costa meridionale, tra Gaza e Ashdod. I Filistei non erano semiti, ma probabilmente provenivano dall’Egeo. Furono i grandi nemici biblici degli Israeliti: basti pensare a Golia, “il Filisteo”.
I Romani, dopo la sconfitta della rivolta ebraica di Bar Kokhba nel 135 d.C., decisero di cancellare ogni riferimento all’antico regno ebraico. L’imperatore Adriano rinominò la provincia “Syria Palaestina”, riprendendo proprio il nome dei vecchi Filistei. Fu una scelta politica: sostituire “Giudea” con “Palestina” per negare simbolicamente il legame del popolo ebraico con la terra.
Da allora, “Palestina” diventò un nome geografico, non etnico. In epoca bizantina e poi islamica, continuò a indicare una regione amministrativa, senza un’identità nazionale unitaria. E chi viveva lì – arabi, cristiani, ebrei, samaritani – si identificava piuttosto con la religione, la città o la tribù, non con un nome comune come “palestinese”.
I palestinesi moderni
Il termine “palestinese” comincia ad assumere il senso moderno solo nel XX secolo. Durante il Mandato Britannico (1917–1948), “palestinesi” erano tutti gli abitanti della regione, compresi gli ebrei. Ma dopo la nascita dello Stato di Israele nel 1948 e la Nakba – l’esodo forzato di centinaia di migliaia di arabi – il termine si è cristallizzato per indicare gli arabi della Palestina.
Quindi, parlare di “palestinesi” come di un popolo antico quanto o più degli ebrei è un anacronismo. Ma è altrettanto sbagliato dire che non abbiano radici nella regione: la popolazione araba della Palestina discende in gran parte da genti autoctone che si sono messe a parlare arabo dopo la conquista islamica del VII secolo. È, insomma, la stessa popolazione che viveva lì da secoli, cambiando lingua e religione come è successo in tutto il Medio Oriente e anche da noi nella Magna Grecia, diventata Impero Romano, Longobardia, Regno delle due Sicilie, in un susseguirsi di miti, fedi e religioni… e siamo sopravvissuti fino ad oggi.
In conclusione
Se proprio vogliamo rispondere alla domanda “chi c’era prima?”, la risposta è: né gli uni né gli altri, o entrambi, a seconda del punto di vista. Gli ebrei come popolo si formano in Palestina nel tardo II millennio a.C., ma da popolazioni già presenti sul posto. Gli arabi palestinesi discendono in parte da quegli stessi abitanti, trasformati nei secoli.
Quanto al nome, “Palestina” è un’eredità romana nata da una punizione imperiale e da un’antica inimicizia biblica. È la prova che i nomi dei luoghi, come le identità dei popoli, cambiano con la storia — ma la storia, in quella terra, non ha mai smesso di scorrere.
VANNI ROMANO