Volevo i pantaloni: intervista a Lilli Quitadamo, attivista dell’Arcigay di Foggia

Volevo i pantaloni. Gli anni ’80 volgevano quasi al termine quando venne pubblicato il romanzo che fece scandalo dell’allora diciannovenne Lara Cardella che si scagliava contro il maschilismo dilagante e l’arretratezza culturale rispetto al ruolo in società imposto dai sessi.

Volevo i pantaloni è anche la frase evidenziata oltre trent’anni dopo da Lilli Quitadamo, la manfredoniana attivista dell’Arcigay di Foggia, che due anni fa vinse per prima un’importante battaglia in Italia, che le ha visto riconosciuto il diritto a ricevere la pensione di reversibilità dopo il prematuro decesso avvenuto nel 2011 della compagna Maria Teresa Totaro.

Negli ultimi tempi la disparità di genere è tornata alla ribalta per via dell’odissea del ddl Zan e oggi, giornata mondiale contro l’omobitransfobia, è un’occasione importante per parlarne.

“Correvano gli anni ’60, ero una bambina, ma preferivo giocare con le biglie e a calcio, anziché con le bambole – racconta Lilli – Non c’erano bambine che osavano giocare con i maschietti, non si poteva fare, ma me ne infischiavo ed a testa alta riuscivo a farmi rispettare da alcuni compagni di gioco per l’abilità, l’agonismo e l’impegno. La maggior parte di bambini e bambine però mi urlava in coro ‘masculona’, che è l’equivalente di mezzafemmene, ovvero ricchione. Un bel giorno ricordo che mentre cercavo di difendermi dal solito insulto un bambino con un sasso tagliente caricato nella sua fionda mi colpì alle spalle facendomi sanguinare gravemente la testa”. Lilli finì in ospedale e solo per un caso quel sasso non la colpì in un punto vitale. Dopo diversi giorni la ferita sul suo capo guarì, ma non quella nel suo cuore.

“Ancora oggi molte persone gay, lesbiche, trans, bisessuali ecc, subiscono insulti e violenze. Ecco perché la legge contro l’omo-lesbo-bi-transfobia serve”, sottolinea Lilli Quitadamo, auspicando che il ddl Zan possa concretizzarsi al più presto.

“La legge attuale non prevede il reato per sesso, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità”, spiega. Il ddl contro l’omo-lesbo-bi-transfobia, ribattezzato anche “legge Zan” dal cognome del primo relatore Alessandro Zan, ha proprio l’obiettivo di contrastare le discriminazioni basate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità.

Lilli voleva i pantaloni per vedersi fuori com’era dentro, ma al di là di ciò che all’esterno traspare di noi, nessuno può sentirsi libero di offendere, insultare o picchiare alcuna/o per le differenze di genere. Mai.

di Maria Teresa Valente

#stopdiscriminazioneforever

Exit mobile version