Torre di Montecorvino: non chiamatela ‘Sedia del Diavolo’

TORRE DI MONTECORVINO: NON CHIAMATELA ‘SEDIA DEL DIAVOLO’.

Il folklore, da sempre, ha letteralmente riempito i vari territori di torri, ponti, grotte, dirupi del diavolo, delle streghe o di santi pronti a difendere la cristianità dagli attacchi delle forze malefiche.

Questo accadeva perché dinanzi all’antichità di certi manufatti, opere impressionanti del passato, ma anche manifestazioni della natura tali da destare stupore, meraviglia ma anche timore reverenziale, la creatività del popolo immaginava tutto un universo particolare, per spiegare queste opere artificiali o naturali.

Quindi, ecco le nostre torri o i ponti del diavolo, le grotte delle streghe e i luoghi maledetti e benedetti a seconda dei casi.

È questa la sorte della vecchia torre di Montecorvino, collocata presso l’antico borgo medievale omonimo (nelle vicinanze, sono presenti anche i ruderi della Basilica di Sant’Alberto), testimone imponente della città ormai scomparsa.

Diamo qualche cenno storico. L’antica città di Montecorvino è stata distrutta per mano di Ruggero II, figlio di Roberto il Guiscardo, per via dell’alleanza offerta al rivale Rainulfo di Avellino. Del primitivo abitato restano appunto i ruderi della torre di Montecorvino (24 metri di altezza su una base quadrangolare di 120 metri quadrati), ribattezzata “La Sedia del Diavolo”, per via della sua forma attuale che ricorda un vecchio scranno, che si erge solitaria su una piccola altura visibile dalla strada statale 17.

La città scomparsa è ricordata anche come importante sede vescovile e in questo luogo esercitò il suo mandato episcopale Sant’Alberto, il vescovo normanno morto nel 1037, divenuto poi santo patrono di Pietramontecorvino. Questa antica città è attestata per la prima volta alla metà del XII secolo tra le città infeudate della contea di Civitate.

Il borgo si andò sviluppando attorno alla torre quadrangolare di origine normanna, sorta su una altura che garantiva il controllo delle valli circostanti. Un luogo strategico, a dir poco. Nei primi decenni del XIV secolo risulta come feudo personale della regina Sancia, moglie di Roberto d’Angiò, per passare più tardi sotto il dominio di Carlo De Cabannis, vice siniscalco del Regno.

Oggi, le testimonianze del passato feudale di Pietra sopravvivono quasi intatte nel suggestivo centro storico denominato “Terravecchia”.

Gli esuli, scampati alla distruzione di Montecorvino diedero origine ad alcuni villaggi vicini. Gli abitanti ‘a Mott’, ‘a Pret’, ‘a Utrin’ (Motta Montecorvino, Pietramontecorvino e Volturino) odiano l’appellativo ’Sedia del Diavolo’, perché attributo negativo del simbolo per eccellenza della loro storia passata.

Anche perché il luogo si presta di più a connotazioni molto più positive, essendo un vero e proprio paradiso: “… un paesaggio che conserva ancora intatti episodi sparsi che compongono nella loro coralità l’immagine culturale e visiva del territorio locale, con splendide e nobili masserie, fontane scolpite nella pietra che captano l’acqua di freschissime sorgenti, borghi rurali, piccole chiesette e, ancora, cippi viari, croci scolpite, cappelle solitarie, taverne dirute e ponti in pietra che offrono le infinite variazioni con cui l’estro di artigiani, contadini e pastori ha risposto alle necessità del vivere quotidiano. Apparizioni spontanee e fugaci che emergono dal fitto delle selve, folte e rigogliose o, solitarie, su una lieve altura”.

Una realtà tutta da raccontare, in questo splendido angolo dei Monti Dauni. Lo faremo presto, con una campagna esplorativa attraverso la quale documenteremo la storia e le bellezze culturali del territorio.

Intanto, ci sentiamo di dire: “Non chiamatela Sedia del Diavolo”.

Foto da archivio web di Giovanni BARRELLA (le didascalie corrispondenti indicano la provenienza delle varie foto).

Bibliografia: ‘Daunia Vetus, il distretto dei tesori’, di Roberta De Iulio e Guido Pensato, Claudio Grenzi Editore, 2009

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