Riccardi: “Borgo Mezzanone, un’occasione mancata”

Riccardi: “Borgo Mezzanone, un’occasione mancata”

Quando nel 2021 il governo inserisce la parola “ghetti” dentro il PNRR, la Capitanata diventa subito il laboratorio nazionale. Qui, sulla pista dell’ex aeroporto di Borgo Mezzanone, vive una delle baraccopoli più grandi del Paese: circa 3.000 lavoratori migranti, in condizioni che le stesse carte ufficiali definiscono “disumane e indegne di un Paese civile”.

L’idea è ambiziosa: usare i circa 54 milioni di euro del Piano di ripresa per chiudere i ghetti e sostituirli con alloggi dignitosi, diffusi sul territorio. A guidare la regia tecnica viene chiamato il Politecnico di Bari, insieme alla Regione Puglia, alla Prefettura di Foggia e ai Comuni di Foggia e Manfredonia. È da qui che nasce il Piano di Azione Locale (PAL).

Mai, dalla nascita dei ghetti a oggi, si era pensato di intervenire con milioni di euro per affrontare il problema e mai tutti gli enti coinvolti erano stati costretti a sedere allo stesso tavolo per trovare una soluzione condivisa. In passato i Comuni di Foggia e Manfredonia non solo erano soli nella gestione delle emergenze, ma agivano da parafulmine incolpevole di politiche statali inadeguate e pilatesche.


La bozza di PAL di Manfredonia del gennaio 2025 fotografa bene la filosofia iniziale: non solo “posti letto”, ma una vera strategia di rigenerazione urbana e inclusione.�L’obiettivo dichiarato è superare la concentrazione di migliaia di lavoratori migranti sull’ex pista, redistribuendoli in più contesti urbanizzati: Borgo Cervaro (Foggia), Borgo Mezzanone e l’area dell’ex CARA, tra i territori di Manfredonia e Foggia.

Il PAL parla di:�– Villaggio dell’Accoglienza nell’area ex CARA, con moduli abitativi prefabbricati, spazi comuni, servizi, parco e aula per la pratica religiosa;�– alloggi in co-housing sociale, per favorire nel tempo la sedentarizzazione e l’integrazione;�– una rete di interventi di rigenerazione, tra spazi pubblici, servizi, mobilità e mix abitativo tra italiani e stranieri.
È un disegno complesso, da vero piano urbano integrato: un pezzo finanziato dal PNRR e un altro da coprire con risorse europee e regionali. Già nelle carte, però, si ammette che non tutte le opere sono compatibili con i tempi e le regole del Piano, pur essendo considerate essenziali se si vuole davvero superare i ghetti.

Qui entra in scena il Commissario straordinario contro il caporalato. Nella risposta all’interrogazione parlamentare, la struttura commissariale riconosce subito che la Capitanata non è un territorio qualsiasi: forte emergenza di ordine e sicurezza pubblica, numero molto elevato di presenze straniere, insediamenti abusivi consolidati nel tempo.

Per questo si decide una “sessione speciale” dedicata solo al Foggiano, con Prefettura, Regione, Comuni, ARCA Capitanata, Politecnico, parti sociali e associazioni. L’obiettivo è rimodulare i progetti per renderli davvero cantierabili entro la scadenza inderogabile del PNRR, fissata tra giugno e agosto 2026.

Secondo quanto riferito, i progetti originari risultano troppo ambiziosi rispetto alla capacità amministrativa dei Comuni e al tempo rimasto. L’amministrazione comunale neo-insediata a Foggia dichiara apertamente la difficoltà a gestire appalti di quella scala. Per accelerare viene coinvolta Invitalia, con il compito di aiutare i Comuni a trasformare le idee in progetti esecutivi compatibili con le regole del Piano.

Nonostante mesi di tavoli tecnici e verifiche, la conclusione è netta: i Comuni di Foggia e Manfredonia non riescono a presentare una rimodulazione che consenta di completare le opere entro le scadenze del PNRR. Detto in modo semplice: il progetto è troppo grande e troppo lento per tempi così stringenti.�È evidente, inoltre, che il Commissario si guardi bene dall’esercitare i propri poteri e le proprie prerogative, per non apparire agli occhi del Governo come colui che “porta a casa” un risultato che, per una parte della destra italiana, equivarrebbe a favorire l’assegnazione di alloggi agli immigrati.

Sui giornali arrivano le prime bordate. Su l’Attacco, fonti interne al Politecnico parlano senza giri di parole di un “pachiderma universitario”: anni di studi, analisi e tavoli, mentre il PNRR imponeva di correre e trasformare rapidamente i progetti in cantieri.
Il confronto è impietoso. A Carapelle e Carpino, con progetti più piccoli e concentrati sul recupero di edifici pubblici da trasformare in appartamenti per famiglie di lavoratori, si arriva alle gare e ai primi lavori. A Borgo Mezzanone, invece, il grande intervento resta impantanato tra livelli istituzionali, governance complessa e carte che non diventano mai cantieri.

Risultato: il PNRR ghetti sulla Capitanata non parte. E il Commissario certifica che, per Foggia e Manfredonia, non è stato possibile individuare una soluzione rispettosa delle scadenze massime del 2026.

Accanto a questo progetto fallito, su Borgo Mezzanone resta in piedi un altro intervento PNRR, più piccolo ma politicamente delicato: Housing First e Stazione di posta. Il finanziamento complessivo è di circa 1,09 milioni di euro.

Il progetto prevede la ristrutturazione di un immobile comunale da trasformare in Centro Servizi. Non promette di chiudere il ghetto né di risolvere l’emergenza abitativa. L’obiettivo dichiarato è la presa in carico delle persone in grave marginalità.
Proprio qui nasce la frattura. I documenti descrivono nel dettaglio i lavori edilizi, molto meno come e con quali risorse verranno gestiti i servizi, chi ne sarà destinatario e per quanto tempo. Nella percezione della borgata, l’intervento appare monco: un edificio ristrutturato senza una chiara strategia di funzionamento.

È su questo punto che emergono le perplessità dei cittadini di Borgo Mezzanone. In una comunità che continua a non avere servizi essenziali, sanità di prossimità, sicurezza e manutenzione ordinaria, l’idea di un Centro Servizi rivolto prevalentemente agli extracomunitari viene vissuta come l’ennesimo intervento calato dall’alto. La domanda politica è semplice: perché i servizi arrivano sempre “per altri”, mentre la borgata resta senza risposte strutturali per chi ci vive da anni?

Che cosa succede, allora, all’area dell’ex CARA di Borgo Mezzanone? Qui entra in gioco una seconda storia, parallela al PNRR, ma tutta in mano alla Regione Puglia.

Già nel 2021 la Giunta regionale approva un protocollo d’intesa per la riconversione dell’ex CARA in foresteria regionale per braccianti agricoli, articolata in tre lotti: 100 container con servizi per 400 posti, 100 soluzioni prefabbricate per altri 600 posti e la ristrutturazione di due fabbricati esistenti per 324 posti.

Nel 2022 la Prefettura concede alla Regione l’intero compendio per 19 anni, affidandole responsabilità di riconversione e gestione. Nel 2024 viene approvata la variante urbanistica regionale per i Comuni di Manfredonia e Foggia, senza osservazioni. Nel luglio 2025 la Regione presenta al Ministero dell’Interno il progetto “Villaggio dell’Accoglienza”, candidato al POC Legalità.
Il finanziamento è di 13,67 milioni di euro. La stazione appaltante è regionale, la gestione garantita per almeno cinque anni.

L’11 dicembre 2025 il quotidiano online l’Immediato titola: “La Regione riconverte una parte dell’ex CARA di Borgo Mezzanone: diventerà una foresteria per 324 braccianti agricoli”.
Nel racconto pubblico, però, qualcosa stona.�Nel corso di una puntata di Propaganda Live su La7, il sindaco di Manfredonia interviene parlando di mafia, ghetti e PNRR, sottolineando che un sindaco non è un re e i cittadini non sono sudditi. Colpisce però un’assenza evidente: nessun riferimento al progetto regionale da 13,67 milioni di euro, già approvato e finanziato.
Il paradosso è chiaro. Mentre si denuncia il fallimento del PNRR nazionale, l’unico intervento strutturato che sta andando avanti resta ai margini del racconto.

Alla fine del 2025 le fotografie sono due.�Da un lato il fallimento del PNRR ghetti sulla Capitanata, con il Commissario che certifica l’impossibilità di rispettare le scadenze e i ghetti che restano lì.�Dall’altro la reazione della Regione Puglia, che utilizza fondi diversi e centralizza scelte e responsabilità.
Con un dato che resta emblematico: 13,67 milioni di euro e 324 posti programmati contro una baraccopoli che continua a contare migliaia di presenze.

La vicenda di Borgo Mezzanone racconta una verità scomoda. Quando i progetti sono troppo grandi e la politica è troppo debole, le emergenze diventano permanenti.

Il PNRR avrebbe potuto segnare una svolta storica. Invece, proprio nel territorio dove il ghetto è più grande, il piano nazionale si è fermato. La risposta arriva da un altro canale, con 13,67 milioni di euro regionali e una foresteria che promette 324 posti, mentre sulla pista continuano a vivere migliaia di persone.

In mezzo restano i cittadini della borgata, chiamati ancora una volta a farsi carico di scelte prese altrove, e un racconto pubblico che parla di limiti e di vincoli ma tace sui progetti già decisi e finanziati.
Se e quando si taglierà il nastro del Villaggio dell’Accoglienza, sarebbe onesto ricordarlo: questa non è solo la storia di un PNRR fallito, ma di una politica che, qui, ha preferito non scegliere.

In mezzo restano i cittadini della borgata, chiamati ancora una volta a farsi carico di scelte prese altrove, e un racconto pubblico che parla di limiti e di vincoli, ma tace sui progetti già decisi e finanziati.�Eppure, il PNRR avrebbe potuto, e dovuto, essere rimodulato, mettendo finalmente al centro Borgo Mezzanone, le sue necessità elementari, i suoi residenti, la sicurezza, i servizi, la manutenzione, la dignità quotidiana. Solo così sarebbe stato possibile tenere insieme due obiettivi che non sono in contraddizione: l’integrazione e la tutela dei lavoratori stranieri e i diritti di chi in quella borgata vive da anni.

L’aver perso questa occasione è grave. Lo è ancora di più se si considera che, su questo terreno, chi governa Manfredonia non è un osservatore esterno. Il sindaco ha incrociato per anni, anche come imprenditore attraverso il sistema delle cooperative, le vicende dell’accoglienza e la condizione drammatica dei migranti. Chi meglio di lui avrebbe potuto comprendere che lasciare le persone nella marginalità non è integrazione, ma gestione del problema? O forse quella marginalità è diventata, nel tempo, una zona di comodo equilibrio?

Per questo appare insufficiente, oltre che politicamente comodo, scaricare ogni responsabilità sul Governo Meloni o sulle rigidità del PNRR. Sarebbe stato più onesto dire con chiarezza che il progetto era destinato a naufragare: troppe le pressioni di una comunità dichiaratamente contraria e troppo evidente l’incapacità di dare risposte a esigenze ormai croniche di un territorio profondamente segnato dal degrado.

Non sorprende la posizione del Governo, che affronta il tema dell’immigrazione puntando sulla costruzione di centri in Albania. Ma il nodo non è solo Roma. Il vero problema è la mancanza di coraggio nelle scelte: nel ridurre l’ambizione per salvare l’essenziale, nel rimettere davvero al centro la borgata, invece di continuare a usarla come semplice contenitore di emergenze permanenti.

Se e quando si taglierà il nastro del Villaggio dell’Accoglienza, sarebbe onesto ricordarlo fino in fondo: questa non è solo la storia di un PNRR fallito. È la storia di un territorio che, davanti a una scelta difficile ma necessaria, ha preferito non scegliere.

Palombella Rossa – Angelo Riccardi

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