Manfredonia, fa discutere l’albero di Natale in Piazza. Riccardi: “Spoglio. E i Carnevali del Re..:”
Nel Regno di Sipontia era arrivato dicembre.
Il mare era freddo, il vento tagliava i vicoli… ma nella piazza del re comparve un grande vaso di plastica con dentro un abete alto e magro, più triste di un turnista notturno.
Il popolo lo guardava perplesso.
«È l’albero del Re?»
«No, sarà in prova…»
«Forse devono ancora montare i rami.»
Ma no, era proprio lui: l’Albero di Natale del Regno.
Spoglio. Senza luci, senza palline, senza neanche una stella.
Solo gli aghi che cadevano e il vento che li portava via.
Per compensare quella malinconia vegetale, sulla facciata del palazzo reale apparve un gigantesco Cartellone del Natale.
Non c’era scritto “Natale a Sipontia”.
C’erano scritti i Carnevali del Re:
- il Carnevale della Cultura, dove sfilavano sempre gli stessi nomi, mascherati da novità;
- il Carnevale dello Sport, con più foto che campi;
- il Carnevale delle Attività Produttive, dove le vetrine brillavano ma i conti piangevano;
- il Carnevale dell’Ambiente, con il mare usato come quinta scenica e il porto come deposito di idee strambe.
Il Re, magnanimo, aveva pensato anche ai bambini: nel Cartellone compariva il Carnevale dei Bambini, con il LUC che, reso “agibile??”, apriva come Lucwood, lo spazio “magico” dedicato ai più piccoli nel Natale di Manfredonia 2025. I più piccoli si sa, vanno messi in un posto sicuro.
«Il Re non dimentica nessuno dei suoi clienti più affidabili» mormorava la piazza.
E infatti, nel Cartellone c’era posto per tutti… tranne che per l’Albero spoglio, che nessuno aveva avuto il coraggio di guardare troppo a lungo
Mentre l’abete se ne stava lì, nudo come un conto in banca dopo le feste, nelle stanze del palazzo reale le casse del Comune venivano aperte “a piene mani”.
Si pagavano:
- consulenze,
- regie artistiche,
- eventi “strategici”,
- progetti “visionari”.
L’unica cosa che sembrava non avere fondi erano proprio le decorazioni dell’Albero del Re.
«È un’opera concettuale» spiegava qualcuno.
«Simbolo della sobrietà» aggiungeva un altro.
«Così non consuma corrente» chiudeva il consigliere dell’ambiente, soddisfatto.
Il popolo, però, guardando quell’albero triste davanti al Municipio, pensava un’altra cosa:
se il Natale è lo specchio di un Regno, allora Sipontia era rimasta in biancheria.
Il Barbagianni, che pure era Re, non riusciva a sopportare quella scena.
Di notte, appollaiato sul cornicione, studiava l’albero.
«Spoglio come la fantasia di chi l’ha messo qui» sospirava.
Poi si raddrizzava le piume e diceva:
«Ma se loro risparmiano sulle luci, io non risparmierò sulla verità.»
Decise che quel Natale sarebbe stato diverso.
Così fece convocare a corte i suoi due tecnici più fidati:
Chiapparino, maestro nelle prese (di posizione) e nelle prese (di corrente);
Coperchietto, esperto nell’arte di sollevare i coperchi giusti… e di chiuderne altri.
Arrivarono all’alba, con gli occhi gonfi di sonno e le tasche piene di appunti.
«Maestà» disse Chiapparino, «vuoi che illuminiamo l’albero?»
«No» rispose il Barbagianni, «prima dobbiamo illuminare le coscienze.»
Coperchietto tirò fuori una mappa del Regno piena di puntine rosse.
«Qui ci sono le casse piene» spiegò.
«Feste, incarichi, consulenze. Ce n’è abbastanza da decorare dieci alberi e pure un paio di foreste.»
Il Barbagianni sorrise.
«Perfetto. Allora faremo il contrario di quello che fanno loro:
invece di riempire le tasche e lasciare vuoto l’albero, riempiremo la piazza e svuoteremo le ombre.»
Il Re Barbagianni dettò il suo piano:
L’Albero della Verità
Sotto quel povero abete comparirono, una notte, dei cartelli di legno
“Qui mancano le luci, altrove mancano le fogne.”
“Albero spoglio, casse piene.”
“Natale non è un Carnevale.”
Il Presepe dei Dimenticati
In un angolo della piazza, Chiapparino e Coperchietto allestirono un piccolo presepe con personaggi speciali:
- il pescatore senza barca,
- il lavoratore stagionale senza contratto,
- il giovane che parte con la valigia,
- la madre che aspetta acqua potabile e non comunicati stampa.
La Processione dei Carnevali
Nella notte della vigilia, il Barbagianni salì sulla sommità dell’albero e, con una lanterna, lesse ad alta voce il Cartellone ufficiale del Regno.
Ad ogni “Carnevale” annunciato, dalla folla partiva un coro:
«E dopo la festa… cosa resta?»
La mattina di Natale, Sipontia si svegliò diversa.
L’albero era sempre spoglio, ma la piazza era piena:
- bambini che leggevano i cartelli e facevano domande scomode ai genitori;
- anziani che annuivano in silenzio;
- commercianti che fotografavano l’albero più dei manifesti del Re;
- perfino qualche notabile, sceso di nascosto, per capire quanto fosse pericoloso quel Barbagianni con la lanterna.
Dal palazzo reale trapelò nervosismo.
Qualcuno propose di togliere i cartelli.
Qualcun altro di organizzare un “evento riparatore”, con luci e musica a tutto volume.
Ma il Re Barbagianni, dalla cima dell’albero, disse soltanto:
«Le luci si possono sempre comprare.
La dignità no.
Se un giorno questo albero sarà pieno di decorazioni e il Regno pieno di vuoti, ricordatevi di questo Natale:
quando un albero spoglio ha illuminato più verità di mille luminarie.»
E da quella notte, ogni volta che a Sipontia si parlava di grandi eventi, qualcuno indicava l’albero in piazza e mormorava:
«Prima riempiamo la città di futuro,
poi, se avanza qualcosa, mettiamo anche le palline.»
Palombella Rossa
Angelo Riccardi

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